Il Tribunale dei minori di Milano sbaglia: l’adozione del “secondo padre” è solo il male minore, non il superiore interesse del bambino. Il cui best interest sarebbe non essere separato dalla madre
Il bambino “dell’acido” e i figli dell’utero in affitto. Anche loro “strappati alla madre”. Ma qui, nessun problema
Sono madre, posso ben capire come si sente Martina Levato, disgraziata ragazza “dell’acido” a cui il piccolo è stato tolto subito dopo averlo partorito. Strazio che si aggiunge a quello di una vicenda assurda in cui stavano già soffrendo in tanti: il ragazzo sfregiato a vita, i due sfregiatori -in galera si sta male-, le loro famiglie. E anche, almeno momentaneamente, quel piccolo solo nella sua culletta alla Mangiagalli, privato del latte e del contatto con il corpo della madre, da cui si sente ancora indistinto.
La pm Annamaria Fiorillo ha chiesto che il bambino venga dichiarato “in stato di abbandono per totale e irreversibile incapacità e inadeguatezza del padre e della madre a svolgere funzioni genitoriali”, e forse già nelle prossime ore il Tribunale dei Minori deciderà, nell’esclusivo interesse del piccolo, se restituirlo alla madre perché lo cresca in un istituto a custodia attenuata, se affidarlo temporaneamente ai nonni, o a una famiglia estranea in attesa di adozione.
A quanto pare i giudici non potevano agire diversamente. E del resto, nel caso il neonato venga dichiarato adottabile, strapparlo a sua madre fra qualche giorno o fra qualche settimana sarebbe probabilmente ancora più doloroso, per il piccolo e anche per lei: e con buona pace dei molti forcaioli esultanti, massimizzare la sofferenza dei detenuti non è l’obiettivo della giustizia umana.
Ma sono alcuni commenti a lasciarmi sconcertata. Per esempio, Gianna Schelotto, Corriere di oggi: “I bambini durante la gravidanza assorbono tensioni, ansie, gioie“. E Daniela Monti, sulla 27 ora: “a quel bambino abbiamo già tolto il diritto al primo sguardo materno, alla prima poppata, al primo rapporto esclusivo – visivo, gestuale, di nutrimento – con la madre su cui tanti studi insistono, rintracciando proprio in quei primi istanti amorevoli le basi per un corretto equilibrio psichico e relazionale“.
Mi domando se questo non valga anche per quei bambini nati da donne-contenitori, o uteri in affitto. Loro forse non assorbono dalla madre “tensioni, ansie, gioie”? Loro non sono forse privati di quel “diritto al primo sguardo materno, alla prima poppata, al primo rapporto esclusivo” e a tutto ciò che dovrebbe seguirne?
Perché, com’è giusto, ci preoccupiamo per questo bambino nato a Ferragosto da una madre detenuta per un reato odioso, e non diciamo mai una parola sulle centinaia o migliaia di bambini che ogni giorno vengono tolti alle povere donne che li hanno partoriti in forza di un contratto economico? Perché in questi casi non permettiamo al dubbio di assillarci? Perché lì non vediamo il legame che viene spezzato?
Forse perché le madri surrogate sono donne povere e invisibili? Forse perché quando si tratta di “libero” mercato il valore dei soldi e il diritto a procurarsi ogni genere di merce spazzano via tutti gli altri valori, e così sia?
*aggiornamento 18 agosto: il Tribunale dei Minori concede a Martina di vedere il bambino, ma non di allattarlo. Nel contempo avvia la procedura di adottabilità. Mi pare che si stia navigando a vista, come sempre quando la legge cerca di normare i fondamentali della vita.