Pensavo ieri: un candidato a qualunque cosa, alle primarie, alle elezioni, può dire di tutto, può parlare di art. 18, di Imu, di patrimoniale, può sciorinare un programma in 10, 100, 1000 punti, ma fagli dire una sola parola su uno di quei temi detti “eticamente sensibili”e tutto il resto scompare.
Penso all’assemblea nazionale del Pd a luglio, finita tra gli stracci che volavano sul tema delle unioni gay. Alla giunta Pisapia a Milano, travagliata dal dibattito sulle coppie di fatto e scossa alle fondamenta dalle recenti dichiarazioni del sindaco, favorevole alle adozioni gay -benché questa non sia materia su cui un comune può autonomamente legiferare-.
Penso alla disinformatja su Laura Puppato, candidata alle primarie del centrosinistra, accusata di essere amica del Movimento per la Vita quando lei invece difende strenuamente la legge 194 e parla di ripristino dei consultori.
Penso a un altro candidato alle primarie, Matteo Renzi, che sul guscio dell’iPhone porta scritto “Obama”, faro dei suoi one-man-show in giro per l’Italia, ma poi vuole fare i cimiteri dei feti in stile Romney. E non dei bambini nati morti, ma “di prodotti abortivi e di prodotti del concepimento“, con tanto di mini-lapidi e altri corredi. Scivolone che, se ben utilizzato dai suoi competitor, potrebbe costargli perfino più caro dell’endorsement di mezzo centrodestra, ultimo Dell’Utri, che lo ha addirittura definito un “gigante” (ma pare che da qualche giorno la norma sui cimiterini sia scomparsa dall’odg del comune di Firenze).
Potrei continuare a lungo. Mi domando come mai capita questo, e se è giusto che per la sorte di un candidato, e anche di una formazione politica, le questioni etiche e biopolitiche siano dirimenti.