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sessualità

Donne e Uomini, esperienze Giugno 10, 2010

ERESIE

Alinari. Busto dell'imperatore Adriano. Firenze, Galleria degli Uffizi

Mi sento in vena di eresie:

prima eresia: uno o una può andare a letto con chi gli pare, del sesso che gli pare e farci quello che gli pare. Non esiste la sessualità, esistono i corpi e i piaceri, diceva Michel Foucault. Ma i figli sono figli di un uomo e di una donna, hanno come radici un uomo e una donna, e a questo mi atterrei scrupolosamente.

seconda eresia: Memorie di Adriano è una palla pazzesca. Letto da ragazzina e trovato una palla pazzesca. Ripreso in mano di recente e confermatosi una palla pazzesca. Che poi Adriano ragioni con la testa di un uomo del Novecento mi pare una follia.

Dite le vostre che ho detto le mie.

Donne e Uomini Gennaio 6, 2010

TERZA META' DEL CIELO

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Il lesbobacio al GFe la prima volta di un transessuale nel governo Usa mi fanno venire in mente che qui non abbiamo ancora parlato di quello che  il professor Umberto Veronesi scrive  nella sua rubrica sull’ultimo numero di Ok salute: la “rubo” per riprodurla almeno in parte. Veronesi immagina, e anzi in qualche modo sembra salutare con favore un’umanità sessualmente meno differenziata. Vorrei sapere che cosa ne pensate, perché questo è un fronte di lotta quotidiano e decisivo.

“Il fenomeno dei travestiti è sempre più insistentemente sotto i nostri occhi e si rivela ormai come una realtà con radici ramificate nella nostra società. La transessualità non ci deve inquietare, perché biologicamente potrebbe trattarsi non di una deviazione, ma semmai di un ritorno alle origini. Basti ricordare il mito dell’Ermafrodito. Se ci pensiamo bene, dal punto di vista biologico potremmo essere tutti degli ermafroditi: i maschi hanno le mammelle (che possono in alcuni casi anche ammalarsi) e la loro prostata potrebbe essere considerata l’equivalente dell’utero. In fondo, nasciamo con ormoni femminili e maschili e, per un certo periodo dello sviluppo embrionale, abbiamo delle gonadi che possono svilupparsi in senso femminile o maschile.
Poi nell’evoluzione umana si è delineato chiaramente il modello dei due sessi: un sesso “forte”, che doveva procurare il cibo e difendere il territorio, e un sesso “debole”, che doveva accudire la prole. Per millenni questo “schema organizzativo” ha essenzialmente determinato i rapporti sessuali, stimolando la produzione di ormoni maschili nell’uomo e femminili nella donna.
Oggi la riduzione delle differenze dei ruoli fra i due generi ha innegabilmente ridotto anche la polarità fra i sessi, incidendo di conseguenza sulle regole dell’attrazione sessuale. Si sa che in natura poli diversi si attraggono, mentre quelli uguali si respingono.
Questo non vuol dire, però, che andiamo verso un’umanità asessuata e sterile (anche se l’aumento della sterilità è un dato obiettivo su cui intervenire), ma che stiamo evolvendo verso una nuova sessualità, più ampia, che può comprendere anche il travestitismo, appunto come materializzazione del desiderio ancestrale di accoppiarsi con l’Ermafrodito”.

La domanda a mio parere è: saremmo più felici così?

Donne e Uomini, Politica Ottobre 12, 2009

TALI E QUALI ALLE IRANIANE

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Uno dei neo-luoghi comuni attualmente più in voga è quello del “silenzio delle donne”. Già in uso nella denominazione -un po’ afghana- della celebre associazione femminile “Usciamo dal silenzio” a cui va il merito di aver anticipato il trend, la questione del silenzio delle donne trova oggi la sua massima teorica in Nadia Urbinati, docente di Teoria politica e ideologie moderne alla Columbia University ed editorialista di Repubblica, che intervistata da L’Unità ci ha invitato a ribellarci “come in Iran e in Birmania”.
Sarà anche che Urbinati lavora negli Stati Uniti: l’americano medio non è nemmeno certo che qui da noi siano già in uso i frigoriferi, e ci pensa come una sorta di Iraq, ma con più monumenti. Sarà che l’immagine delle italiane sottomesse ai mariti e tutte prese a tirare la sfoglia non manca di un certo esotismo da esportazione. Sta di fatto che la professora la mette giù dura, e non rileva che semmai le donne non hanno mai chiacchierato tanto. Anzi, che proprio non c’è verso di chiudere loro il becco, come a tanti converrebbe.
La moglie di un presidente del Consiglio che mette –politicamente- in piazza le cose di casa, e avverte il paese che suo marito “non sta bene”; escort, amanti, morose che sul rivoluzionario modello di Monica Levinsky accumulano prove dei mercimoni e pretendono quanto pattuito, facendo tremare i polsi a mezzo parlamento. E tutte le altre signore e signorine, la quasi totalità, che non solo parlano, a saperle ascoltare, ma nel tempo che resta loro si danno un gran da fare in casa e fuori casa, essendo tra l’altro loro delegato il compito non solo di mettere la cena in tavola, ma anche di guadagnarla, e di salvare il mondo dalle guerre, dalle catastrofi ambientali, perfino dalla recessione (vedi la cover story di uno degli ultimi numeri Newsweek, The Female Factor) e di aggiustare tutto quello che gli uomini hanno rotto sul pianeta in qualche millennio di gestione monosex. Tra cui, per quello che riguarda il piccolo del nostro paese, anche il centro sinistra.
Ecco, noi dovremmo parlare tutte, e scendere in piazza contro il Papi-gate (il problema non è la sessualità maschile e quella dei politici tutti, ma quella di Silvio) e “il maltrattamento delle donne a Palazzo Grazioli”. Noi dovremmo parlare, strillare e strepitare. Il silenzio omertoso degli uomini, invece, non lo disturbi nessuno.

(pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 10 ottobre 2009)

Archivio Maggio 29, 2007

UN VECCHIO AMICO

Una notte qualcosa mi ha svegliata –un dolore al nervo sciatico, credo- e mi sono accorta che stavo pensando al mio amico Maurizio. Quando a giugno finiva la scuola avevo un motivo speciale per essere contenta, ed era lui. Un bambino robusto come un vitello, con una grande testa tonda. All’inizio dell’estate lo rapavano. Avevo il privilegio speciale di passare la mano sul suo cranio vellutato, e gli dicevo che era come un castoro. Vestiva magliette a righe e pantaloncini blu. Quando finiva di giocare a pallone guance e orecchie erano paonazze, ed emanava un buon odore acidulo, come di lievito fresco.
La nostra amicizia è durata una vita, dagli otto anni ai dodici, ed è finita di colpo. Non so cosa facessimo di preciso tutto il giorno, ma eravamo sempre insieme. Lui parlava poco e pensosamente. Una volta mi disse che suo padre era morto, e me lo disse con rabbia contenuta e senza lacrime, come chi attende virilmente un’occasione per vendicarsi.
Maurizio era un bambino povero, e dopo che morì suo padre lo fu anche di più. Viveva in due stanze di ringhiera, odorose di bucato e minestrone. Sua nonna era alta, con un gran vocione, ogni tanto lo sculacciava e lui piangeva senza un lamento. Lo lavava in un mastello di ferro, ma a questo non potei mai assistere. Sua mamma gli somigliava, ma non c’era mai. Lavorava, e nessuno a quel tempo pensava che per una donna fosse una fortuna.
La nostra fu un’edenica felicità, senza vergogna. Solo verso la fine, un giorno, sotto il tavolo della sua cucina, un tale Roberto o Alberto con pungenti occhi azzurri venne a disturbarla, insinuando un veleno che non conoscevamo. Per la prima volta Maurizio non fu dalla mia parte, e mi fece sentire il suo sprezzo misto a desiderio. Ero una femmina. Si capiva che gli dispiaceva, ma a quanto pare non c’era scelta.
Maurizio non fece mai caso alla mia sessualità. Un giorno, con brusca dolcezza, mi fornì alcuni rudimenti. Con fraterna pazienza cercò di spiegarmi che non tutti i maschi si sarebbero comportati come lui. Mi disse anche qualcosa sul profumo delle donne, non ricordo cosa, ma doveva essere un poema. Poi di colpo mi spuntò un gran seno, e lui sparì.
Mi è capitato qualche volta di incontrarlo per strada, molti anni dopo. Era diventato un omone maestoso e faceva, credo, il panettiere. Fingeva di non vedermi, e io non lo disturbavo. Non lo farei nemmeno ora, se non fosse venuto a svegliarmi. Per annunciarmi, insieme alla sciatica, che un ciclo sta per finire, così come tanto tempo fa mi annunciò il suo inizio. E che forse si può finalmente ricominciare a giocare.
(pubblicato su “Io donna”- “Corriere della Sera”)