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Politica Luglio 18, 2009

LA RIVOLUZIONE DEL BUON SENSO

“Ci vorrebbe un po’ di buon senso”: si dice in questo modo per intendere che basterebbe il minimo. Che per fare andare bene le cose non servono grandi astrazioni o troppi studi, ma ci si può accontentare di quel fondamentale e infallibile sapere umano, alla portata di tutti.
A questo buon senso vorrei dare una certa importanza. Applicare il buon senso significa capire in che direzione si muovono le cose, assecondare questo movimento e accettare i propri limiti.
Se, per esempio –ed è una cosa su cui ogni tanto torno, perché mi sta a cuore- ci troviamo all’estuario di un bel fiume che forma una magnifica piana accanto al mare, sito ancora risparmiato dalla speculazione edilizia e dal turismo selvaggio, e ci viene in mente che potremmo farci un gran bel business escavando per milioni di metri cubi e facendo allagare la piana dal mare in modo da ricavarci 800 o 1000 nuovi richiestissimi posti barca, circondati da decine di migliaia di metri quadri di cemento tra alberghi, negozi, villette a schiera; se fantasticando su questo faraonico progetto ci imbattessimo però nel fastidioso inconveniente che in questo modo scasseremmo tutto il delicato equilibrio idrogeologico del luogo, minacciando le risorse idriche di un paio di province, e intasando di natanti quel bel tratto di fiume e di mare come un’autostrada nel week end; se ci rendessimo conto che andremmo a edificare la madre di tutti gli ecomostri… Be’ basterebbe un po’ di buon senso, non servono studi ingegneristici, masterplan e mobilitazioni di cervelli. L’idea la butteremmo nel cestino.
L’ecomostro in questione è un progetto Unieco (coop rosse di Reggio Emilia), che a suo dire “impronta i propri comportamenti a criteri di responsabilità, sia dal punto di vista sociale, sia etico, sia ambientale”, da realizzarsi nella piana di Marinella, alla foce del Magra, con tanto di appoggio entusiasta delle giunte rosse di Sarzana e di Ameglia, i due comuni coinvolti, e delle organizzazioni sindacali. Dal che si può dedurre che forse anche per rifondare il Pd non servono congressi, dibattiti, brain storming, palingenesi o svolte carismatiche. Che forse basterebbe solo un po’ di semplice, umanissimo (se permettete, femminilissimo) buon senso.

(pubblicato su Io donna- Corriere della Sera  il 18 luglio 2009)

OSPITI, TEMPI MODERNI Febbraio 28, 2009

SARZANA: CHE BOTTA!

Sarzana è un’incantevole cittadina della Lunigiana, bioregione che si estende lungo il corso del fiume Magra, tra Emilia, Liguria e Toscana (politicamente ci troviamo in Liguria, nella provincia di Spezia). Nel suo meraviglioso centro storico sta per essere edificato un mostro (firmato, ma mostro). Qui ospitiamo un intervento del comitato di cittadini costituitosi ad hoc.

A Sarzana si è costituito un comitato nominato Sarzana che Botta! Il riferimento è al noto architetto Mario Botta ed al piano urbanistico ed in fase di approvazione. Si tratta di un ‘versamento’ di 60mila mq di superfici utili (corrispettivo di 600 appartamenti ciascuno da 100 mq calpestabili compresa torre di 60 metri di altezza, del diametro della nostra Cattedrale) in pieno centro.
Un delirio costruttivo inspiegabile, in un periodo storico in cui tutti sanno che si dovrebbe recuperare piuttosto che costruire, ristrutturare (i manufatti prestigiosi) piuttosto che abbattere.
I punti critici che coagulano un grande dibattito, cui partecipano anche giornalisti, architetti, magistrati riguardano il “senso” di costruire nel 2009 una grande e inutile “periferia in centro“, e che questa non solo diventi inevitabilmente marginale, ma corroda culturalmente un borgo storico di antichissima tradizione che sta, da qualche anno, rivivendo uno dei suoi migliori periodi intellettuali (si veda il festival, ma anche l’antiquariato, i libri in strada, la musica) e turistici, con una buona popolarità nazionale ed internazionale, e, come tutti sanno, con una grande frequentazione locale (il passeggio, lo shopping e i ritrovi)).
Vorremmo incominciare ad imporre, attraverso lo strumento partecipativo (e non solo la delega alla politica) la presenza dei cittadini ed il loro coinvolgimento nei dibattiti sulla progettazione di idee e sulle scelte urbanistiche ed architettoniche, costruzioni la cui localizzazione, morfologia e struttura possa modificare l’ambiente, deformandone l’habitat, riducendo il verde pubblico e privato, distruggendo colture (e anche culture, in senso antropologico – costumi, tradizioni e consuetudini locali) limitando aree pubbliche (piazze), depotenziando le naturali bellezze di una città che dal ‘500 mantiene una sua coerenza architettonica e urbanistica.
Miseria e povertà sono state le grandi alleate delle tradizioni architettoniche e urbanistiche della nostra vallata e hanno preservato dal cemento molti dei borghi storici: oltre a Sarzana, Ortonovo, Castelnuovo, Monte Marcello, Nicola, Arcola, Santo Stefano… E’ ad esse che si deve ciò che rimane del paesaggio e delle tradizionali unità costruttive, non dalla lungimiranza politica di allora, né alla sensibilità per l’ambiente.
Uno degli elementi attualmente maggiormente produttivi e redditizi per la nostra zona è il turismo. E un turismo che cerca sempre più di ritrovare coniugati bellezza-natura, tradizioni- paesaggio, mare-ecologia, non ama il cemento, non compra case, non ne affitta per la vacanza. Si tratta di una tra le tante situazioni preoccupanti in Liguria. Il libro di Preve e Sansa sul cemento in Liguria, o anche le frequenti e laconiche note di Piero Ottone (l’ultima dal titolo: Hotel a Portofino l’ultima sconfitta) sono segnali evidenti di una perdita di controllo dei cittadini e della politica sulle scelte urbanistiche “rilevanti” per la gente.
I tempi sono molto stretti, e questa torre di mattoncini alta come un grattacielo sarà tra poco progetto in approvazione, insieme a 9 palazzotti enormi in pieno centro Sarzana.
I”segni” lasciati dalla prossima urbanizzazione non valorizzeranno il territorio, ne oscureranno invece altri più celebri lasciati da Papa Nicolò V, Calandrini, Fiasella. Non potenzieranno l’economia (Il cemento riduce il turismo), avranno un duro impatto emotivo sulla gente, creeranno cattive immagini (visibilità sociale, ne parleranno i giornali nazionali) determineranno proteste (postume) di molti cittadini ora dormienti. Chissà che forse anche Botta non sia più molto convinto del “senso” di tale realizzazione in un contesto così piccolo. Mario Botta ha passeggiato per la città? Ha visto la bellezza di alcuni androni in via Mazzini, la leggerezza di certe altane?

per adesioni http://sarzanachebotta.blogspot.com sarzanachebotta@libero.it