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pubblicità Aprile 22, 2015

La sicurezza è un argomento di sinistra

Il momento dello scippo a una vigile in piazza San Pietro

L’altro giorno ho fatto un piccolo esperimento. Ho postato sulla mia pagina Fb il filmato di una vigile romana scippata in diretta in piazza San Pietro da un giovane ambulante nero, commentando: “Non è accettabile”. La mia pagina è frequentata per lo più da liberal e progressisti, diciamo così. Ero certa che quel post non sarebbe diventato popolare. L’unico commento, infatti, diceva che andrebbero puniti i clienti, non gli ambulanti. Io credo invece che andrebbero puniti entrambi: venditori abusivi e clienti. Se quel giovane ambulante ha avuto l’impudenza di scippare la vigile, vuole dire che il livello di guardia è stato ampiamente superato. Non c’è bisogno di quel filmato, del resto, per saperlo.

Di fronte al rischio di deriva populistica fascistoide, à la Salvini, tanto per intenderci, i liberal e progressisti ritengono di smontare i suoi argomenti (i rom sono tutti ladri, le periferie sono abbandonate, i barconi vanno fermati, imbarcano anche jihadisti e via dicendo) con la pura e semplice negazione politically correct (i rom non sono mai ladri, chi vive in periferia non si deve lamentare, i flussi migratori sono incontenibili e non possono essere governati, dobbiamo accogliere tutti, e Isis è un’altra faccenda).

Il fatto è che invece spesso i rom rubano, le periferie hanno subito il più della crisi dei bilanci municipali, e chi ci ricorda che anche gli italiani sono stati migranti (mia nonna era americana di Pittsburgh, ricevo ancora Christmas Card dai miei parenti di lì) dovrebbe anche ricordare che quelle migrazioni erano regolate, che l’Oceano non si traversa come il Canale di Sicilia o l’Adriatico, e che un milione di disperati ammassati nei lager libici chiedono risposte rapide e ben diverse da “tanto è impossibile fermarli”. Che la tratta di carne umana è il più grande business dell’Occidente, e che almeno una parte dei proventi di questa tratta va a finanziare i nazi-islamisti.

Che esistono, insomma, seri problemi di sicurezza, sentiti prevalentemente dai più poveri fra noi, quelli che vivono nelle periferie degradate, che sono costretti a subire la non facile convivenza con i campi rom e anche con i centri di prima accoglienza, che sotto i colpi della crisi economica e dell’abbandono vedono svanire quelle poche certezze, cumulando risentimento e rabbia che potrebbero esprimersi in un’adesione al radicalismo populista di destra. E’ proprio di questi cittadini che i partiti liberal e progressisti dovrebbero occuparsi, e negare ideologicamente i loro problemi quotidiani è una pessima strategia.

Io che vivo in periferia verifico ogni giorno la celebre teoria delle finestre rotte (broken windows theory) di Wilson e Kelling: se vedi che una finestra rotta non viene riparata ti abitui al deterioramento e al degrado, cominci a pensare che rompere finestre sia una cosa normale, e alla fine le rompi pure tu. E non mi stanco di avvisare amici e colleghi progressisti e liberal: guardate che il consenso a Salvini e simili non viene rilevato interamente dai sondaggi. Un sacco di gente non te lo dirà mai, e poi sfogherà la sua rabbia nell’urna. 

E continuo a chiedermi perché il rispetto di buone regole di convivenza, la sicurezza del vivere, le sanzioni, le punizioni e infine il recupero per chi trasgredisce -nelle nostre case, nelle nostre famiglie non ci regoliamo così?- continuino con grande leggerezza a essere classificati come argomenti di destra.

 

 

Donne e Uomini, Politica Ottobre 14, 2012

Carissimi machi, semmai noi donne non vi voteremo…

Dunque, dopo aver stabilito delle regole per la partecipazione alle primarie, la coalizione di centrosinistra ne stabilisce in corsa delle altre, allo scopo evidente di liberarsi del fastidio dei candidati meno forti, e di giocarsi la partita a tre (maschi: serve specificarlo?).

L’assemblea del Pd aveva votato che le firme per i candidati Pd potevano essere raccolte solo tra i delegati o gli iscritti Pd. Ora si è invece deciso che si devono raccogliere 20mila firme di semplici elettori che si dichiarino di centrosinistra, da consegnarsi entro il 25 ottobre. Morale della favola: dopo aver lottato con le unghie e con i denti per ottenere entro domani 95 firme di delegati, ora si ricomincia da zero, per raccogliere 20 mila firme di elettori. Qualcuno dei candidati, a quanto pare, ha già cominciato da tempo a lavorarci. Ma c’è di più. Di queste 20 mila firme, non più di 2000 possono provenire da una stessa regione. L’impresa, quindi, è supertitanica.

Si faceva prima a metterla così: si possono candidare solo i segretari di partito, con l’eccezione di quel gran rompic…ni di Renzi. 

C’è però un fatto: nello statuto fondativo del Partito Democratico ci si fa carico della questione del maschilismo della politica, dichiarando esplicitamente l’intento di porvi rimedio. Riporto qui tre passaggi:

“Il Pd riconosce pari dignità a tutte le condizioni personali, quali il genere, l’età, le convinzioni religiose, le disabilità, l’orientamento sessuale, l’origine etnica…

 … Ai fini dell’elezione, le candidature a Segretario nazionale vengono presentate in collegamento con liste di candidati a componente dell’Assemblea nazionale. Nella composizione di tali liste devono essere rispettate la pari rappresentanza e l’alternanza di genere…

… Per la selezione democratica dei candidati per le assemblee elettive, si attiene ai seguenti principi: a) l’uguaglianza di tutti gli iscritti e di tutti gli elettori; b) la democrazia paritaria tra donne e uomini; c) il pluralismo politico nelle modalità riconosciute”.

Questa stessa sollecitudine non vale evidentemente per le primarie. Gli ostacoli che si frappongono a una libera candidatura femminile non vengono considerati come un problema della nostra democrazia, semmai come problemi di quella pazza che osa candidarsi. E anziché intraprendere eventuali azioni positive, se ne intraprendono addirittura di negative, frapponendo ostacoli aggiuntivi.

Quindi anche stavolta potrebbe andare come al solito: potrebbe cioè accadere che i candidati alle primarie del centrosinistra siano  tutti e solo uomini. La logica sottesa, ma neanche tanto, è che per governare il Paese si deve essere dotati di apparato genitale maschile. Le donne governano interamente la vita quotidiana, ma quando si tratta della politica devono levarsi di torno.

Non so che cosa deciderà Laura Puppato: se dopo essersi ritrovata scaraventata al punto zero deciderà di affrontare nuovamente la salita, o scenderà dalla bicicletta, o pedalerà da qualche altra parte. So solo, da elettrice di quello schieramento, che non potrei più credere nel fatto che il centrosinistra adotti e rappresenti uno sguardo femminile, mostrandosi orbo fin dalle primarie. E non potendoci credere, e non avendo alcuna garanzia, mi guarderei bene dal votarlo, e inviterei il maggior numero possibile di mie simili, umiliate per l’ennesima volta dal machismo politico -ma anche il maggior numero di uomini di buona volontà, che del “doppio sguardo” sentono la necessità-  a fare altrettanto.

Se le primarie -e pure le secondarie- sono un fatto “tra uomini”, in stile saudita, che facciano pure tutto quanto tra loro.

 

 

Politica Marzo 4, 2010

IL FASCINO DISCRETO DELLE REGOLE

Codici-e-Leggi

Dal sito Donneealtri, riproduco questo bell’articolo di Letizia Paolozzi.

D’improvviso, in questo nostro strano Paese, esplode la questione delle regole. Anzi, della conformità alle regole. Una conformità assente. Poco amata, poco praticata. Pur se durissimi con il Sessantotto, molti italiani e italiane sono cresciuti da sessantottini disordinati e bakuniani che le regole se le sentono come un cappio al collo. Sempre dalla parte del padrone. E noi “sior padrone, non vogliamo più obbedir“.
C’è da dire che le regole, perlomeno in questo Paese, spesso sembrano pazzesche. Antiquate, sbagliate. Tuttavia, chi meno conta e meno può, deve comunque rivolgersi alle regole perché gli serve essere difeso dallo Stato. Che poi le regole siano bislacche dipende dalla politica occuparsene. E cambiarle. Se non le cambia, significa che gli stanno bene così come sono congegnate. E allora, la politica, i partiti, i cittadini, le cittadine devono osservarle.
Invece no. Chi può, sempre che possa (perché spesso è troppo povero e indifeso per potere), alza le spalle. Le aggira. Solo i Radicali ci si sono messi d’impegno. Tignosamente. Fino all’eccesso. Giù con gli scioperi della fame e della sete. Ci hanno scritto sopra un libro parlando di “peste dell’illegalità italiana”.
Sembravano esagerati. Anche perché ogni regola contiene, sempre, nel suo seno, delle insensatezze. Chi l’ha detto che alle dodici spaccate si chiudono le porte e chi s’è visto s’è visto? Chi l’ha voluto il timbro mancante come una sorta di reato formale, la carta da bollo come una prova a carico? Ma senza queste norme, pur di difficile lettura e comprensione, non c’è trasparenza. Non c’è giustizia.

Nel Lazio il Pdl ha presentato le proprie liste oltre i termini stabiliti dalla legge. Forse il guasto è dipeso dalla voglia di cambiare all’ultimo momento i nomi delle liste in corridoio, in piedi, su una gamba sola. D’altronde, così fan tutti. Comunque, è esploso un gran pasticcio. E pasticci da altre parti. Perché i partiti piccoli non arrivano a raccogliere le firme nel tempo giusto; perché non ci sono i pubblici ufficiali che si prestino alla bisogna dell’autenticazione; perché i partiti grossi suppongono, nella loro arroganza, di potersi permettere molto (o tutto). E sono i più tartassati dalle pretese fameliche degli aspiranti a un posto politico purchessia.
Adesso, nel guazzabuglio romano-laziale si invoca “clemenza“ (traduci illegalità) da parte dei giudici. La candidata a presidente del centrodestra brontola che la legalità è burocrazia. Vero. Ma anche senza aver letto Carl Schmitt si capisce che burocrazia fa rima con democrazia. Per essere curato, per avere la pensione, lasciare la casa al proprio compagno di una vita, avere diritto alle ferie, ci vuole un mix di burocrazia e democrazia. In caso contrario Vogliamo tutto si traduce in Non avrete niente.

Ora il filo si è rotto, il fatalismo sembra retrocedere. Non saprei dire per quali motivazioni (troppi scandali, immobilismo, tracotanza, crisi, preoccupazioni economiche, perdita di valori, di autorità?), ma l’invocazione solitaria dei Radicali è stata ascoltata. Quasi che il disprezzo delle regole non sia più sopportabile. Nessuno vuole più chiudere un occhio, riaprire una porta. Altro che “cavilli“, queste sono procedure non rispettate. I giudici corrono a verificare la congruità delle liste; le Corti d’Appello di mezza Italia intensificano il proprio dovere (di controllo) e il controllo di legalità viene rivendicato a voce alta.
Adesso, tutti dicono che il difetto è nel manico. I topi si infilano nel formaggio. E le regole sballate sono un formaggio delizioso al quale è difficile per i topi, resistere. Emma Bonino di questa battaglia fondata sul rispetto delle regole è stata paladina. Non è l’unica cosa da chiedere a Bonino, evidentemente. Bisognerà che ci spieghi se la questione (e il gusto) di vivere insieme si appoggia – anche – sulle regole. La presenza nel suo listino di Bia Sarasini, una femminista che lavora con noi a questo sito (e nel nostro gruppo “del mercoledì”), potrebbe essere l’occasione per costruire qualche risposta.