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Donne e Uomini, Femminismo, Politica, questione maschile Febbraio 4, 2014

Cosa farebbe l’Onorevole Angelina? Lettera di una donna di destra alle amiche di sinistra

Ricevo e pubblico una “lettera alle amiche del Pd” da Flavia Perina, ex-direttora del Secolo d’Italia ed ex-parlamentare di Fli

 

Carissime, fra qualche giorno discuterete, insieme agli altri, gli emendamenti alla legge elettorale che riguardano la parità di genere. Ci arriverete sull’onda di una domanda inespressa, ma ben presente all’opinione pubblica:

come è possibile sostenere ancora il legame tra rappresentanza femminile e rinnovamento politico dopo il caso Cancellieri, dopo il caso De Girolamo, dopo la Polverini, dopo la Lorenzetti, dopo la signora Mastrapasqua con i suoi Cda? E non avete il timore che le vostre rivendicazioni abbiano il suono della “solita lagna” dopo il caso Moretti, dopo il caso Boldrini, dopo che insomma le donne in politica si sono fatte trascinare di nuovo nel clichè delle povere vittime, bistrattate, insultate e bisognose di scudi maschili?

Lo scrivo qui perché ho preso parte un paio di anni fa, insieme a voi, al sussulto movimentista di “Se non ora quando”, che ben altre cose prometteva. Di certo, non i mancamenti per la battuta da caserma di un poveretto (o di mille poveretti, se è per questo). Mi piacerebbe che affrontaste il problema, voi che siete tante e politicamente attrezzate per farlo, invece che eluderlo consegnandovi alla sciatteria rappresentativa dei talk show. Per esempio, si potrebbe cominciare a dire che le signore che hanno scandalizzato l’Italia in questi mesi sono il prodotto di vent’anni di selezione ancillare delle donne in politica e che l’unico antidoto all’idea che parlamentari e ministre siano le badanti di interessi maschili è aumentarne il numero, spalancare i cancelli, offrire davvero pari opportunità e uscire dalla logica della minoranza tutelata che avvantaggia le più carine e le più supine. Nel resto d’Europa ha funzionato.

In second’ordine si dovrebbe iniziare a riflettere sul circolo vizioso vittima-carnefice che gli ultimi eventi rischiano di incardinare nell’immaginario politico nazionale quando si parla di donne. Non è argomento secondario. E trovo davvero strano che il mondo della sinistra, che ha fatto la storia dell’emancipazione, sia caduto nella trappola della vittimizzazione di sé, del «guardate-cosa-ci-dicono» allineandosi al clichè lamentoso delle ragazze di Berlusconi: quelle che «non trovano più un fidanzato perché le trattano da prostitute», quelle che «le insultano dai palchi».

I commentatori del centrodestra, giustamente, gioiscono: chi la fa l’aspetti, si dicono, e magari non hanno neppure torto. Ma non si potrebbe trovare un altro modo, che non suoni lamentoso, di rispondere all’incarognimento misogino di un pezzetto di Paese? Non vi accorgete che la denuncia in forma di lagnetta ci riporta indietro, a una visione di stereotipata debolezza delle donne nello spazio pubblico? E che non serve a niente, anzi provoca una escalation di aggressività intollerante e cialtrona?

Nella nostra vicenda nazionale non mancano i modelli, e persino le icone che potrebbero essere da guida in questo passaggio e suggerire modalità alternative. Senza scomodare la politica e la storia, basta immaginarsi l’Anna Magnani dell’Onorevole Angelina. Ispirarsi a lei più che alle signorine dei Telefoni Bianchi non sarebbe sbagliato e rimetterebbe al posto loro molti idioti.

Donne e Uomini, Politica, WOMENOMICS Dicembre 3, 2010

COME IN NORVEGIA!

E’ stata definitivamente approvata alla Camera la legge bipartisan sulle cosiddette quote rosa nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle aziende quotate in borsa.

Dice Alessia Mosca, Pd, firmataria della legge con Lella Golfo, Pdl: ”Garantendo la presenza in questi organismi del genere meno rappresentato per una quota non inferiore a un terzo, si consente l’effettiva diversita’ del management, essenziale perché la produttivita’ migliori. E’ un successo per il Paese, non solo per le donne“.

L’altro successo è sul piano del metodo: “Abbiamo dimostrato che sulle questioni che toccano cosi’ profondamente l’interesse generale è possibile collaborare e costruire soluzioni utili a risolvere i problemi del Paese”. Si può lavorare insieme, e le donne lo hanno dimostrato. Ora la palla passa al Senato, e speriamo bene.

Attualmente la presenza di donne nei board è pari a 6 su 100, ma moltissimi CdA sono integralmente maschili.

Oggettivamente, sarà una piccola rivoluzione. Ora tocca alla politica.