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primum vivere

Donne e Uomini, economics, italia, lavoro, Politica Gennaio 10, 2014

#JobsAct: i lavoratori sono lavoratrici

Sorprendente che l’Europa, nella persona del commissario al lavoro Ue Laszlo Andor, promuova a tambur battente una bozza di riforma del lavoro – allo stato “un elenco di titoli”, come scrive Tito Boeri- formulata non dal governo di un Paese membro, ma dalla segreteria di un partito di quel Paese. Forse non è mai successo prima. Come se l’Europa preferisse dialogare direttamente con il prossimo titolare -non a quello del 2015, ma verosimilmente già del 2014- che entra in campo a gamba tesa, senza perdere tempo a cincischiare con un governo che, da Cancellieri a Saccomanni a Di Girolamo, fa acqua da tutte le parti.

Insomma, tra la calendarizzazione del dibattito sulla legge elettorale -il 27 gennaio- e l’approvazione Ue, quella di ieri per Matteo Renzi è stata una gran giornata. Sul Jobs Act per ora il dibattito è cauto. La segreteria Pd (in particolare Marianna Madia e Filippo Taddei) è al lavoro sui dettagli, che non sono roba da poco: tipo da dove trarre le risorse per il sussidio universale, che costerebbe dai 20 ai 30 miliardi, nonché per la diminuzione dell’Irap, o come diventare appealing per gli investitori stranieri, che girano al largo per gli alti costi dell’energia, l’eccesso di burocrazia e la giustizia che non funziona.

Ma qualcosa, da non-economista, mi sentirei di dirla, se può servire: sarebbe un’ottima cosa se al centro dell’attenzione riformatrice, anzichè un lavoratore maschio pensato come universale neutro, ci mettessimo una donna, vera grande novità del mondo del lavoro nell’ultimo mezzo secolo. Se poi ci mettessimo come soggetto la coppia madre-bambino/a -la maternità oggi è il primo tra i “diritti negati”- faremmo bingo, e a vantaggio anche delle non-madri e dei maschi.

Sarebbe un criterio metodologico ottimo per tutti. Non che il binomio donne-lavoro sia nuovo: a essere precisi, fino dalla notte dei tempi il lavoro è femminile tout court. La maggior parte di ore-lavoro nel mondo sono sempre state erogate da donne. Insomma, di lavoro le donne se ne intendono più di tutti, ne hanno grande competenza, e oggi questa competenza è molto utile. La novità dell’ultimo mezzo secolo semmai è l’accesso massiccio delle donne al lavoro retribuito: una presenza che ha cambiato e sta cambiando il senso e l’organizzazione del lavoro. Provare a pensare i lavoratori come lavoratrici quindi può dare buone indicazioni per tutti.

Se Matteo Renzi tenesse in mente “Francesca”, a cui si era rivolto durante il dibattito-primarie su Sky per promettergli più asili nido, non sarebbe una cattiva cosa. E Francesca avrebbe da dirgli essenzialmente questo:

Primum Vivere. Partire dalle vite reali per parlare di lavoro. La vita non può più essere intesa come quel poco tempo che resta una volta che sei uscita/o dall’ultima riunione indetta dal capufficio alle 19, che sei corsa/o al super per prendere 6 uova, dalla nonna a raccattare i bambini e via dicendo. Qualità e condizioni di lavoro incidono quanto le garanzie. C’è una flessibilità “buona” a cui non si vuole rinunciare. La riduzione della separazione tra lavoro e vita è la principale domanda che le donne stanno ponendo al mondo del lavoro, per sé e anche per gli uomini. Ben prima del posto fisso, in cima alle aspirazioni c’è una vita degna e non alienata, che comporta la possibilità e probabilmente anche il desiderio di muoversi tra un lavoro e l’altro, tra un posto e l’altro, godendo di adeguata protezione sociale.

Da questa idea femminilizzata del lavoro -e anche dal desiderio di prossimità dei nuovi padri– discende una diversa concezione del welfare e dei servizi, che non possono più essere intesi in modo rigido e fordista -otto ore di nido o nulla- ma chiedono il massimo di flessibilità e di modularità, fino alla personalizzazione. La riduzione del numero dei contratti, insomma, non può coincidere con la riduzione della vita a un modello unico. Flessibilità, smartwork, postazioni in remoto, contributi per uffici condivisi e coworking: tutto questo diminuirebbe anche la quota di servizi necessari, oltre a produrre altri effetti virtuosi, e contribuirebbe alla salute pubblica e alla natalità.

Contribuisco in questo modo alla discussione in corso, anch’io limitandomi per ora a enumerare qualche titolo.

Prevengo l’obiezione scontata-conosco i miei polli-: ma come? tutti questi capricci e queste sofisticherie proprio adesso che c’è la crisi? non ci si dovrebbe accontentare di poter lavorare e sbarcare il lunario, altro che smartwork? Io dico che non c’è mai stato momento migliore per discutere a fondo di lavoro, e non solo di contratti. Prima il pane e poi le rose, prima il quantum e poi il qualis: questi sono solo trompe l’oeil.

Si tratta, come dice l’americana Rebecca Solnit, di cambiare anche l’immaginario del cambiamento.

Donne e Uomini, leadershit, Politica, questione maschile Ottobre 8, 2012

1000 femministe a Paestum: seconda giornata

 

(… contando quelle non registrate, un migliaio c’erano tutte)

Prima del reportage sulla seconda giornata, vorrei notare questo:

tenendo l’organizzazione all’essenziale, niente di “frontale”, tavolo di presidenza vuoto, il microfono che girava liberamente in platea, solo alcune che hanno coordinato tecnicamente i gruppi… tutto è filato liscio, un orologio perfetto che non si è mai inceppato, si è anche riuscite a raccogliere la notevolissima somma che serviva a spostarsi nell’auditorium più grande, data l’affluenza ben superiore al previsto. Un metodo che è già politica e insegna molto sulla capacità delle donne di autogovernarsi -e quindi di governare- riducendo a zero le sovrastrutture. La cosa andrebbe considerata con la massima attenzione.

Ed ecco quello che è stato detto domenica, sempre con le medesime avvertenze: è giocoforza una soggettiva, non riporto tutti gli interventi -e mi scuso con le “omesse”- ma solo quelli di cui ho potuto prendere nota, non sempre ci sono i nomi completi, degli ultimi minuti non posso dire nulla perché dovevo ripartire. Ma dato il generale silenzio dei media (al momento mi risulta solo un servizio del Tg3, oltre ad alcune interviste filmate autoprodotte che trovate in particolare nella pagina Facebook della Libreria delle Donne di Milano, oltre a quelle relizzate dalla Rete delle Reti) penso che il resoconto che segue sia al momento il più completo.

Anna Di Salvo, Catania: “Voglio nominare la felicità che è essere donne. Si deve essere signore anche nei luoghi della sofferenza”.

Maria Grazia Campari, Milano: “Sul 50/50 ognuna avrà le sue opinioni, ciò che conta è sostenere quelle che desiderano entrare nelle istituzioni con una rete politica di relazioni tra donne, che decida quali siano le priorità per un lavoro di civilizzazione. Non si deve censurare un desiderio che esiste”.

Bia Sarasini, Roma: “Nel mio gruppo abbiamo lavorato molto sui concetti di precariato e precarietà. Qualcuna ha sostenuto che siamo tutte “femministe” storiche e che le differenze intergenerazionali sono insignificanti. Si può affermare lo stesso per la precarietà-precariato, che non sono solo una condizione delle giovani. Abbiamo parlato anche del reddito di cittadinanza”.

Anna, Firenze-Roma: “Si è parlato troppo poco di lavoro. Proviamo a costruire la rete a sostegno di quelle che vogliono entrare in politica, come proposto da Campari”.

Una donna di Mantova: “Oggi viene riconosciuta dottore della Chiesa Ildegarda di Bingen, badessa e grande politica. Lei ci ha insegnato che esistono anche pratiche politiche invisibili”.

Letizia Paolozzi, Roma: “Prima di cominciare circolavano fantasmi di contrapposizione tra giovani e meno giovani, tra la teoria e il fare, tra lo stare tra donne e lo stare nel mondo. Queste contrapposizioni sono cadute, stiamo dando prova di un metodo politico e della nostra capacità di governare. Siamo un esempio di relazioni tra donne, di una politica che non ha bisogno di mediazioni e che si basa sulle relazioni”.

Lidia, Ancona: “Vorrei che uscissimo di qui con un impegno per il futuro. Quanto alle donne che entrano nelle istituzioni: non credo che la cosa possa essere affidata unicamente al desiderio individuale. Il tema è collettivo. Preferirei parlare di responsabilità, piuttosto che di desiderio, che potrebbe essere scambiato per carrierismo. Non mi piace la separazione tra noi e le donne delle istituzioni”.

Caterina, Torino: “Ho paura che le parole di noi “grandi” soffochino quelle delle più giovani”.

Giulia. Torino: “Sento molte urgenze, non si dovrebbe perdere tempo. C’è la questione della 194, la legge 40, le dimissioni in bianco. Il pensiero delle donne deve arrivare da tutte le parti, non restare confinato nei nostri luoghi. Non c’è solo il 50/50, sono possibili altri dispositivi, come la doppia preferenza di genere”.

Loredana, Verona: “Abbiamo visto qui che le nostre pratiche sono irreversibili, che il tempo non le ha consumate, che sono il contrario di ogni usa-e-getta”.

Maria Benvenuti, Milano: “Fatta salva la continua invenzione di nuove pratiche politiche, voglio appoggiare il desiderio di quelle che entrano nelle istituzioni, sento questa urgenza. Spero di guadagnare questo da Paestum, un nuovo legame tra femminismo e istituzioni”.

Lia Cigarini, Milano: “Non si tratta di dare vita a un’organizzazione, ma di di dire e praticare pubblicamente quello che sappiamo nei luoghi in cui ci troviamo, con la consapevolezza che quello che si dice e si agisce è un valore universale e non è solo delle donne, non va autoconfinato nel “tra-donne””:

Marina, Roma: “Siamo in guerra. Da troppo tempo siamo sotto attacco e non reagiamo: la 194, i consultori, Miss Italia, la legge 40, la scuola. Spero che individuiamo obiettivi concreti e forme di lotta”.

Alessandra Bocchetti, Roma (è l’unico intervento che mi è stato inviato per iscritto, posso quindi trasmetterlo integralmente): “Comincio con un paradosso. Mi sembra che sia chiaro a tutte che, oggi, un governo senza donne sia impresentabile. Nessun Presidente del Consiglio si presenterebbe più con una squadra di soli uomini. Magari si inventerebbero ministeri di poco conto, come è successo, ma le donne ci devono stare.  La situazione attuale non è neanche questa, perché ora tre donne occupano ministeri di grande importanza. Dunque, che cosa ha reso impresentabile un governo senza donne? E’ facile rispondere: è stata la forza delle donne. Questo può sembrare strano a chi si immagina tanto lontano dalla politica istituzionale, ma siamo state proprio noi a mettere le donne al governo, la nostra forza. E qui però tra noi e loro registro un vuoto, un vuoto che qui chiameremmo un “vuoto di relazione” Questo vuoto però è un’occasione perché permette di porci una questione essenziale: come governare chi ci governa? Perché in democrazia non dovrebbe governare solo chi occupa posti di potere. Per questo penso che dovremmo preoccuparci non solo di trovare donne brave e consapevoli da mandare nei palazzi, certo dobbiamo fare anche questo e con convinzione, ma dovremmo soprattutto lavorare alla creazione di un’opinione pubblica femminile vincolante, forte, determinata, che preoccupi chi ci governa, che faccia sentire l’obbligo di render conto delle scelte. Per questo oggi è assolutamente necessario lavorare all’amicizia tra le donne piuttosto che all’inimicizia. Per quanto riguarda il 50 e 50, vi dico subito che questa formula sbrigativa e spartitoria non dà conto del grande progetto che vuole significare. Non si tratta di spartirci la torta, un tanto a me un tanto a te, non è una questione di giustizia né di equità, non è questione di rappresentanza, gli uomini con incarichi di responsabilità non rappresentano “gli uomini”, perché dare alle donne il grande peso di rappresentare “le donne”? Piuttosto dovremmo parlare non di “rappresentanza” ma  di “presenza” Dobbiamo essere presenti e responsabili alle scelte di governo del paese dove abitiamo. Il 50 e 50 non sono quote, tanto meno rosa. La democrazia paritaria, meglio chiamarla così, non dovrebbe essere ispirata dal sentimento della giustizia, né dal desiderio del potere, ma da un’idea totalmente nuova alla politica, l’idea di ”un insieme”, di “fare insieme” uomini e donne, significa portare la differenza, l’idea della differenza a governare. La democrazia paritaria non dovrebbe essere alla ricerca di posti da occupare, ma essere alla ricerca di un equilibrio da realizzare. La nostra società, oggi, ha un grande bisogno di equilibrio. Equilibrio che si realizza non solo con la presenza di donne nei luoghi delle scelte, ma anche con la presenza di un’opinione pubblica forte delle donne. Un’ultima cosa, ho sentito ieri nel nostro gruppo parlare tanto di libertà e di morte del patriarcato. Vi voglio dire cosa ne penso. La libertà delle donne è venuta al mondo quando una donna si è potuta rivolgere questa domanda: ma chi ha fatto le parti? Chi ha stabilito che una parte dell’umanità sia serva dell’altra parte? Neanche un Dio potrebbe essere tanto malvagio da condannare così una parte delle sue creature. E il patriarcato è stato ferito a morte quando una donna ha potuto rivolgere ad un uomo questa frase : tu sarai padre se lo voglio io e quando lo voglio io. Non si perdona facilmente tanto affronto. Lo dico soprattutto alle giovani perché si dovranno ancora difendere. Questa è la libertà che noi della vecchia generazione consegniamo alle giovani donne, con l’avvertenza di tenere ben presente che la società e la cultura a cui apparteniamo è ancora impreparata alla nostra libertà. Un’ultima cosa. Non si tratta di salvare il mondo, ma di viverci meglio. Primum vivere”.

 

Questo è quanto. Prossimamente vi dirò che cosa, a mio parere, si può trarre dalla straordinaria esperienza di Paestum.

 

 

Donne e Uomini, Politica Settembre 5, 2012

Desaparecide

Il manifesto dell’incontro di Paestum, disegnato da Pat Carra

Di nuovo sparite dalla scena politica.

Di tanto in tanto spunta Bindi, o dal’altra parte Santanché. Per il resto, deserto. Il dibattito sulla legge elettorale è un simpatico fra-uomini. Le primarie del csx sono un affare maschile, nessuna che abbia anche solo minacciato di buttarsi nell’agone, ma la vera notizia è che questo non pare costituire un problema per alcuna.

Fra qualche mese vedremo le liste: un po’ di donne dovranno pur mettercele, se non altro per ragioni cosmetiche. Qualche trattativa personale sarà già in corso. Soprattutto nel centrodestra, che ha il problema di riqualificare il parco-donne (operazione: far dimenticare Minetti). Carine, magari sì, ma stavolta con robusto curriculum. A sinistra, secondo il buzz sulle intenzioni, oltre alle riconferme, qualche interna che fa carriera, più qualche innesto glam, nel senso di donne riconoscibili dalle elettrici. Del famoso 50/50 al momento non si parla, Renzi promette una vicepremier, Grillo della questione non si cura, forse maggiori prospettive da un’eventuale lista dei sindaci arancione, che il 50/50 l’hanno già praticato più o meno tutti.

Quanto a Se Non Ora Quando, dopo la vicenda del Cda Rai (bruttarella), “dentro Tobagi, fuori Zanardo”, come ha scritto Lidia Ravera, siamo ancora in pausa estiva. Ma i lavori sul tema della rappresentanza, avviati in pompa magna a Milano, Palazzo Reale, si sono decisamente arenati. Un certo sfarinamento nei territori, la forza propulsiva del 13 febbraio che appare affievolita. Quasi certamente nessun protagonismo politico diretto (proprie liste, proprie candidate alle primarie): ancora non è chiaro in che modo Snoq intenda prendere parte alla costruzione della prossima legislatura.

Intanto si scaldano i motori per il convegno di Paestum “Primum Vivere anche nella crisi: La rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica” (5-6-7 ottobre). Il tema dell‘efficacia decisamente al centro.

Donne e Uomini, economics, esperienze, lavoro, Politica, Senza categoria Giugno 26, 2012

Primum Vivere. Femministe a Paestum

 

frida kahlo le due frida

Una boccata d’aria, per tante di noi. Tornare nel luogo dell’origine. Coming back home.

Il manifesto di convocazione dell’incontro di Paestum

“Primum Vivere anche nella crisi: La rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica” (5-6-7 ottobre)

parla la mia lingua, e quella di molte di noi.

La lingua che abbiamo parlato per molti anni quando, secondo alcun*, eravamo chiuse nel silenzio. Ma quel silenzio diceva solo l’ostinata sordità di chi non sapeva o non voleva sentire.

 Il testo integrale del manifesto lo allego qui sotto, comprese istruzioni per partecipare.

 

Con Giordana Masotto, Libreria delle Donne di Milano, una delle organizzatrici dell’incontro, ragiono sul significato di questo appuntamento.

 

“Esiste una rete di relazioni tra donne di molte città italiane” dice Masotto “rimasta viva in tutti questi anni, la rete del femminismo che dagli anni Settanta a oggi ha continuato a generare pensieri, gruppi, realtà, pratiche. Questa rete si è attivata nel comune desiderio, come si dice nel titolo dell’incontro, di portare la sfida del femminismo al cuore della politica, di mettere pensieri e pratiche di donne alla prova di questa crisi politica ed economica, e misurarne l’efficacia”.

Qual è il rapporto con il cosiddetto neofemminismo, quello del 13 febbraio e di Se Non Ora Quando, e con i suoi obiettivi?

“Ci interessa molto confrontarci con quelle che sono dentro la politica seconda e le istituzioni, e anche con quelle che desiderano entrarci. Vogliamo ragionare a fondo sulle pratiche. Discutere di che cosa può essere cambiato di quella politica e che cosa invece no. Intendiamo andare a verificare, e anche offrire una sponda a chi è già dentro. Leggiamo questo protagonismo come una molla, come qualcosa di interessante. Anzitutto come un desiderio che non può essere tabuizzato, né inteso come “non etico””.

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Ed ecco il manifesto di convocazione dell’incontro, con tutti i temi proposti alla discussione.

 

C’è una strada per guardare alla crisi della politica, dell’economia, del lavoro, della democrazia –tutte fondate sull’ordine maschile – con la forza e la consapevolezza del femminismo? Noi ne siamo convinte.

Davanti alla sfida della libertà femminile, la politica ufficiale e quella dei movimenti rispondono cercando di fare posto alle donne, un po’ di posto alle loro condizioni che sono sempre meno libere e meno significative. No. Tante cose sono cambiate ma le istanze radicali del femminismo sono vive e vegete. E sono da rimettere in gioco, soprattutto oggi, di fronte agli effetti di una crisi che sembra non avere una via d’uscita e a una politica sempre più subalterna all’economia.

All’incontro di Paestum aperto al confronto con gruppi, associazioni, anche istituzionali, e singole donne, vorremmo verificare, discutendo e vivendo insieme per tre giorni, se la politica femminile che fa leva sull’esperienza, la parola e le idee, può in un momento di crisi, smarrimento e confusione, restituire alla politica corrente un orientamento sensato.

 

1. Voglia di esserci e contare

La femminilizzazione dello spazio pubblico – comunque la si interpreti: opportunità, conquista delle donne o rischio di diventare solo “valore aggiunto”, “risorsa salvifica” di un sistema in crisi – ha reso per alcune (molte?) non più rinviabile il desiderio di “contare”, visto come presenza nei luoghi dove si decide, equa rappresentanza nelle istituzioni politiche, amministrative, partiti, sindacati, e nelle imprese.

Noi consideriamo il protagonismo in prima persona di ciascuna donna una molla dinamica importante. Quello che ci interessa è discutere con chi si impegna nei partiti, nelle istituzioni e nel governo delle aziende: che esperienza ne hanno, che cosa vogliono, che cosa riescono a fare e a cambiare. E valutiamo che oggi questo confronto possa avere esiti interessanti per tutte.

Il femminismo d’altra parte, criticato per non avere investito della sua spinta trasformativa le istituzioni della vita pubblica, può avvalersi oggi di una lunga elaborazione di autonomia per ripensare il senso di concetti come “genere”, “democrazia partecipata”, “soggetto politico”, “organizzazione”. Viene dalla pratica dell’autocoscienza, del “partire da sé”, la critica più radicale all’idea di un soggetto politico omogeneo (classe, genere, ecc.), di rappresentanza e di delega. Pensiamo che un collettivo si costruisca solo attraverso la relazione tra singole/i. E oggi vogliamo interrogare la connessione tra questa pratica politica e la modificazione visibile del lavoro, dell’economia, e più in generale del patto sociale.

In questo contesto, anche la scelta di Paestum come luogo dell’incontro non è casuale, ma vuole essere un richiamo alla necessità di articolare soggettività e racconti nei contesti in cui si vive e agisce. Vogliamo così far crescere una rete di rapporti tra donne e gruppi di donne già ricca e intensa. In particolare, sappiamo che alcune caratteristiche del Sud – sia i beni sia i mali – hanno un’invadenza sulla vita e sul pensiero di chi lì abita che non può essere ignorata, né da chi vive in altri luoghi, né soprattutto dalle meridionali stesse.

 

2. Economia lavoro cura

Molto è il pensiero delle donne sui temi del lavoro e dell’economia a partire dalla loro esperienza. Che ha questo di peculiare: hanno portato allo scoperto e messo in discussione la divisione sessuale del lavoro (quello per il mercato – pagato – e quello informale ed essenziale di cura e relazione – gratuito); in più, sanno che la cura non è riducibile solo al lavoro domestico e di accudimento, ma esprime una responsabilità nelle relazioni umane che riguarda tutti.

A partire da questo punto di vista, e sollecitate anche da una crisi che svela sempre di più l’insensatezza oltre che l’ingiustizia dei discorsi e delle politiche correnti, possiamo delineare una prospettiva inedita: quella di liberare tutto il lavoro di tutte e tutti, ridefinendone priorità, tempi, modi, oggetti, valore/reddito e rimettendo al centro le persone, nella loro vitale, necessaria variabile interdipendenza lungo tutto l’arco dell’esistenza, e avendo a cuore, con il pianeta, le persone che verranno.

Vorremmo articolare questo discorso valutando insieme le recenti esperienze di pratiche politiche e analizzando le contraddizioni che incontriamo (in primo luogo le conseguenze del rapido degrado del mercato del lavoro) in modo da rendere più efficace il nostro agire.

 

3. Auto–rappresentazione/rappresentanza

Nella strettoia della crisi i cittadini non hanno più libertà politica; la politica è ridotta a niente; decidono tutto l’economia e la finanza. In una situazione dove tutto sembra prescritto a livello economico finanziario, la pratica e il pensiero delle donne hanno una carta in più per trovare nuove strade.

La nostra democrazia è minacciata da pulsioni, spinte estremistiche; le sue istituzioni elettive depotenziate o addirittura esautorate. La rappresentanza è messa in crisi e oggi ne vediamo i limiti.

Perché una persona possa orientarsi, deve avere un’immagine di sé, di quello che desidera e di quello che le capita. Il femminismo che conosciamo ha sempre lavorato perché ciascuna, nello scambio con le altre, si potesse fare un’idea di sé: una autorappresentazione che è la condizione minima per la libertà. Invece la democrazia corrente ha finora sovrapposto la rappresentanza a gruppi sociali visti come un tutto omogeneo.

La strada che abbiamo aperta nella ricerca di libertà femminile, con le sue pratiche, può diventare generale: nelle scuole, nelle periferie, nel lavoro, nei luoghi dove si decide, ecc.

Che la gente si ritrovi e parli di sé nello scambio con altre/i fino a trovare la propria singolarità, è la condizione necessaria per ripensare oggi la democrazia.

Vorremmo declinare questi pensieri nei nostri contesti, confrontandoci sia sulle pratiche soggetto/collettivo, sia sui modi per dare valore al desiderio di protagonismo delle donne. E quindi ci chiediamo: come evitare che in alcune la consapevolezza basti a sé stessa e si arrenda di fronte all’esigenza di imporre segni di cambiamento e alla fatica del conflitto? E in altre la spinta a contare le allontani dalle pratiche di relazione?

 

4. Corpo sessualità violenza potere

“è già politica” (sottinteso: l’esperienza personale): il femminismo ha incominciato lì il suo percorso. Ha scoperto la politicità del corpo e della sessualità, della maternità, del potere patriarcale in casa, del lavoro domestico. Ha affermato che la violenza maschile contro le donne in tutte le sue forme, invisibili e manifeste, è un fatto politico. Radicale è stato prendere il controllo sul proprio corpo e insieme ribellarsi a un femminile identificato con il corpo: ruolo materno, obbligo procreativo e sessualità al servizio dell’uomo.

Oggi la sfida è più complessa: si esibisce lo scambio sesso/denaro/carriera/potere/successo occultando il nesso sessualità/politica; si esalta il sesso mentre muore il desiderio; si idolatra il corpo ma lo si sottrae alle persone consegnandolo nelle mani degli specialisti e dei business; si erotizza tutto, dal lavoro ai consumi, ma si cancella la necessità e il piacere dei corpi in relazione.

Sintomi estremi di questa fase sono il rancore maschile verso l’autonomia e la forza femminile e il riacutizzarsi della violenza, dell’uso della brutalità.

Ma qualcosa si muove. Non solo i gruppi (Maschile/Plurale) e i singoli uomini che ormai da anni si impegnano nella ricerca di una nuova identità maschile, spesso in relazione con le femministe. Ma anche le moltissime blogger femministe (e blogger “disertori del patriarcato”) che ragionano su desiderio e sessualità e si impegnano contro la cultura sessista e autoritaria.

Soprattutto le relazioni tra donne e uomini sono cambiate. Ma non abbastanza. Sulla scena pubblica questo cambiamento non appare perché il rapporto uomo-donna non viene assunto come questione politica di primo piano. Eppure, solo in questo modo, possono sorgere pratiche politiche radicalmente diverse, produzioni simboliche e proposte per una nuova organizzazione del vivere.

 

Di tutto questo vogliamo parlare a Paestum.

 

 

Le promotrici:

Pinuccia Barbieri, Maria Bellelli, Maria Luisa Boccia, Ornella Bolzani, Paola Bottoni, Maria Grazia Campari, Luisa Cavaliere, Patrizia Celotto, Lia Cigarini, Laura Cima, Silvia Curcio, Mariarosa Cutrufelli, Elettra Deiana, Donatella Franchi, Sabina Izzo, Raffaella Lamberti, Giordana Masotto, Lea Melandri, Jacinthe Michaud, Clelia Mori, Letizia Paolozzi, Gabriella Paolucci, Antonella Picchio, Biancamaria Pomeranzi, Carla Quaglino, Floriana Raggi, Bia Sarasini, Rosalba Sorrentino, Mariolina Tentoni

 

 Programma dell’incontro

 

L’incontro di Paestum non sarà un Convegno. Quindi niente relazioni introduttive, generali o sui singoli punti. Non ci sarà una struttura preordinata di interventi. Tutte sono libere di parlare. Abbiamo solo previsto un’alternanza di momenti in cui siamo tutte insieme a momenti di confronto più ristretti per approfondire i temi proposti (cui potranno eventualmente aggiungersi altri).

 

Venerdì 5 ottobre

Pomeriggio/sera: arrivo, sistemazione, cena

 

Sabato 6 ottobre             

Mattino: tutte insieme

Pomeriggio: divise in gruppi sui temi

Voglia di esserci e contare

•Auto–rappresentazione/rappresentanza

Economia lavoro cura

Corpo sessualità violenza potere

Sera: cena e spettacolo

 

Domenica 7 ottobre       Mattino: tutte insieme

 

 

Informazioni pratiche

Ospitalità e ristorazione

Paestum offre una scelta estremamente varia di strutture ricettive: da agriturismi e b&b a hotel a 5 stelle.

L’Associazione Artemide ha promosso, in occasione del nostro incontro, delle convenzioni con alcune strutture, alberghiere e non, per assicurare prezzi convenienti. In particolare, presso le strutture convenzionate si potrà avere pernottamento e prima colazione a 20 euro (in camera multipla), a 30 euro (in camera doppia) e a 50 euro (in camera singola).

Per queste prenotazioni è possibile rivolgersi a Maria Bellelli: mariabellelli@tiscali.it cell. 3288324032.

Per quanto riguarda i pasti, ulteriori convenzioni sono state attivate e sono ancora in corso di attivazione con ristoranti che assicureranno un menu fisso a 15 euro a persona. A ridosso della data dell’evento forniremo l’elenco dettagliato degli esercizi presso i quali si potrà godere di questo trattamento.

 

Trasporti

Paestum è raggiungibile in auto, treno, aereo.

Auto: autostrada Salerno Reggio-Calabria, uscita Battipaglia, strada statale 18 fino alla zona archeologica di Paestum.

Treno: stazioni di Paestum, Agropoli o Salerno; info www.trenitalia.com.

Aereo: aeroporto Costa d’Amalfi a Salerno per voli da Milano Malpensa, Verona, Olbia e Catania.

Per ogni ulteriore informazione relativa a trasporti e spostamenti è possibile rivolgersi a Ecady Travel, Via Magna Grecia, 85 – Capaccio. Tel. 0828 19622540, fax 0828 725485, e-mail info@ecadytravel.com.

 

Donne e Uomini, economics, lavoro, leadershit, Libri, Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Marzo 6, 2012

Forza ragazze! (Colpo di bacino)

Questa meravigliosa bambina l’ho amata a prima vista. L’ho incontrata googlando, e ho detto all’editore: “Voglio lei. Nessun’altra che lei”. Quella mossa apotropaica del bacino, che dice forza femminile. La caparbietà del broncio. Una vera dura, una tosta. Una che sa quello che vuole.

Non è stato facile averla. E’ una piccola americana, fotografata dal suo papà. L’ho supplicato con una lettera struggente, e lui ha ceduto. Me la guardo e me la riguardo. Quella piccola mi dà coraggio. E’ empowering. E dice precisamente quello che avevo da dire. Che questo è un gran momento per le donne di questo Paese. E che non va sprecato nemmeno un attimo. Senza di noi non andranno da nessuna parte. Senza di noi non combineranno niente di buono. Si tratta di saperlo, e di dare quello stesso colpo di reni.

In questo libro parlo di donne e di uomini, di rappresentanza, di potere, di economia e di crescita, di fatica e di bellezza. L’auspicio è di poter accompagnare, per quello che so e che posso, una svolta storica per il nostro Paese: quella che vedrà finalmente anche noi donne, accanto a uomini di buona volontà, dire la nostra sulla nuova agenda politica, stabilire le priorità, riportare la vita, i bisogni, le relazioni al primo posto. Primum vivere.

Quest’anno è cruciale, non dobbiamo distrarci!

Con l’augurio che possiate leggere quello che ho scritto e pensato-e discuterne con me, donne e uomini: si parla anche di loro- vi anticipo qui parte dell’introduzione.

Buona lettura.

 

“… Questa che stiamo attraversando non è una semplice «crisi», non c’è backlash che tenga. Questa è proprio l’apocalisse, nel suo senso preciso di «rivelazione». E ciò che viene rivelato ci dà ragione. Le cose non possono più andare in questo modo. L’economia non può più essere questa. La politica non può più essere questa. Il lavoro, la vita non possono più essere questi. Vale per le donne e anche per gli uomini.
La narrazione del patriarcato non sta funzionando più. Doesn’t work. Non si trova una sola donna, ma non ci sono più nemmeno troppi uomini disposti a credere che il mondo gira soltanto se uno dei due sessi si mette al centro, nella parte dell’Assoluto, tenendo l’altro fuori e sotto il tallone. Questa, semmai, è la malattia da cui il mondo chiede di guarire. Dovrebbe ormai essere chiaro che «the opposite to patriarchy is not matriarchy, but fraternity», come canta Sinéad O’Connor. Fraternità nella differenza, ecco il tempo che ci aspetta.
Questo libro lo scrivo per convincervi a confidare insieme a me, a non sentire il freddo, a non lasciarvi impressionare dai backlash e dai colpi di coda. Siamo nel bel mezzo di un rivolgimento grandioso, a paragone del quale quelle che la storia ha chiamato rivoluzioni sono solo timide increspature del mare. Servono pazienza e nervi saldi. Non sarà un giro di valzer. Ma potrebbe essere molto divertente. Un privilegio, poter vivere questo momento. Capire bene quello che sta capitando tra le donne e gli uomini, che è la grande parte di quello che sta capitando, significa dargli una grossa mano a capitare: il più del lavoro è qui. Poi ci sono alcune cose che vanno semplicemente fatte, senza dargli tutta questa importanza.
Mi è sempre piaciuto molto il modo spiccio in cui lo dice la mistica beghina Hadewijch di Anversa,rimbrottando una discepola esagitata: «Non trascurare opera alcuna, ma non fare nulla in particolare». Quello che deve capitare capiterà: il lavoro più grande è stare in questa fiducia, che per Hadewijch era fede in Dio o Amore. È prendere confidenza con i grandi orizzonti che ci si aprono davanti, abituare losguardo, adattare il passo. Poi, certo, ci sono due o tre cosette da sistemare.
Bene: è venuto il momento di sistemarle. Non possiamo aspettare ancora.
Una delle cose da sistemare riguarda la rappresentanza politica. Ci sono troppi uomini, lì. Un eccesso che sta creando molti problemi. Ci sono troppi uomini deboli, narcisie attaccati al potere nei luoghi in cui si decide – o non si decide – su tante cose della vita di tutti.
Bisogna mandarne via un bel po’: una delle opere da «non trascurare» è questa. E a quanto pare il modo più semplice per mandare via un bel po’ di uomini è che un numero corrispettivo di donne vada al loro posto.
Fuori dalla Camera, che dobbiamo fare ordine.
Poi ci sarà ben altro, da fare. Ma nessuna paura. Ne abbiamo passate di peggio”.