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economics, esperienze, italia, lavoro, Politica Settembre 16, 2014

Tutti vogliono “il nero”

“Le serve fattura?”: la domanda ormai è di prammatica. Idraulici, falegnami, avvocati e bar che non ti danno scontrini. La cosa è fatta con la disinvoltura della normalità: se proprio proprio me la chiedi… Alla terza volta che vai da un parrucchiere magicamente lo scontrino sparisce. Lavoro? possiamo metterci d’accordo? “La mia commercialista” mi spiega una “mi dice che a questo punto è meglio non denunciare nulla” (si farà pagare per il consiglio? ed emetterà regolare fattura?).

“Nero” inteso non solo in senso strettamente fiscale, non solo come lavoro nero, ma come condizione esistenziale. Vivere in nero, tenersi fuori, lontani da uno Stato nemico da cui ci si può solo difendere, arraffando gli 80 euro e tutto ciò che può essere arraffato, cercando -chi può- di “stare liquidi”, piccola rivolta individualista senza rimettere in circolo nulla, senza scommettere su nulla, con la stessa lungimiranza di chi in tempo di guerra faceva la cambusa, cumulando zucchero e, potendo, caffé.

“Il Paese non è ripartito” ha ammesso qualche giorno fa il premier Renzi. I numeri Ocse della decrescita infelice confermano. Nessuna tensione, nessuna aspettativa, nessuna intenzione di ricostruire: una tartaruga che si ritira nel guscio, con un movimento regressivo.

Altro che autunno caldo. Un autunno freddo, raggelante, esangue. Il momento più difficile, mi pare, di questa lunghissima crisi. “Ogni idea di sollecitazione alla ripresa” scrive Giuseppe De Rita sul Corriere di oggi “viene accolta con indifferenza”. Un individualismo del tirare a campare, vai avanti tu che a me scappa da ridere.

Molto difficile capire che cosa potrebbe mobilitare le energie. E quale potrebbe essere l’obiettivo capace di avviare una rigenerazione collettiva.

Aggiornamento mercoledì 15 ottobre ore 19.15: più o meno intendevo dire questo:

DATI ISTAT. FARA, PRESIDENTE EURISPES: PEZZI ECONOMIA REAGISCONO A CRISI “IMMERGENDOSI”

“I dati Istat diffusi oggi fotografano una situazione di grande crisi e di profondo disagio delle famiglie italiane – lo dichiara il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – L’Italia è in stagnazione e il Pil non aumenta da ormai tre anni, ovvero dal secondo trimestre del 2011. Tuttavia, i dati, di per sé oggettivi, non rappresentano la vera realtà del Paese, fatta purtroppo anche di fenomeni che non si prestano, perché nascosti, alla contabilizzazione. Secondo l’Eurispes, infatti, pezzi sempre più consistenti dell’economia hanno reagito alla crisi e alle difficoltà “immergendosi” e alimentando quel sommerso che l’Istituto valuta in circa 540 miliardi l’anno, ovvero una cifra corrispondente al 35% del Pil. Si tratta di una “immersione da sopravvivenza” – conclude Fara – dell’apnea, di una “economia anfibia”, che potrà essere recuperata solo attraverso chiari segnali sul fronte della riduzione della pressione fiscale e di profondo cambiamento delle politiche del lavoro”.

 

diritti, Donne e Uomini, Politica Gennaio 3, 2014

Alfano: “Prima le famiglie”. Meno malafede, per favore

No, io non ci credo. Non posso credere che un quarantenne come Angelino Alfano non conti coppie e famiglie di fatto fra i parenti, amici, colleghi e conoscenti. Statisticamente non è possibile. Secondo gli ultimi dati Istat vi è stata una progressiva diffusione delle famiglie di fatto, da circa 500mila nel 2007 alle 972mila nel 2010-11 . In particolare sono le convivenze tra partner celibi e nubili ad aver fatto registrare l’incremento più sostenuto arrivando a 578 mila.

Anche a lui che è uomo di mondo, e ha chiuso entrambi gli occhi di fronte alle intemperanze familiari e sessuali del suo ex-capo, capiterà di conoscere e frequentare qualche coppia di fatto, magari con un po’ di ribrezzo, ma tant’è. Conoscerà anche i loro figli, avrà visto che sono figli come gli altri, con il ciuccio, i pannolini, e poi i motorini e tutto il resto, e saprà benissimo -che gli piaccia o non gli piaccia- che quelle sono famiglie a tutti gli effetti.

Quindi la frase (in risposta alla recente proposta di Matteo Renzi sulle unioni civili): «Non si può pensare alle unioni civili senza pensare prima alle famiglie» è totalmente priva di senso. Le unioni civili sono una faccenda che riguarda le famiglie. Non famiglie di serie B: famiglie e stop, gioie e dolori, diritti e doveri. Quel piacevolissimo inferno che conosciamo tutti. Non c’è un “prima” e un “poi”. Ci sono le famiglie, a volersene occupare.

Perché poi -ed è l’altra ragione per la quale mi ribello- di queste famiglie, anche di quelle legalizzate che Alfano privilegia, i governi di cui lui ha fatto parte non si sono occupati minimamente. Nemmeno per le “sue” famiglie il vicepremier Alfano ha mai fatto un accidente.C’è una legge sostenuta dal governo Berlusconi -non ricordo quale numero- che ha permesso ai datori di lavoro di far firmare alle giovani donne dimissioni in bianco, da utilizzare in caso di gravidanza. C’è la cronica carenza di servizi per le famiglie. C’è una spesa per le politiche familiari tra le più basse d’Europa.

Ecco i dati: la spesa media dei Paesi Ocse per la famiglia è del 2,2%, con notevoli differenze. Francia, Gran Bretagna e Svezia sono i Paesi nei quali la spesa per le famiglie è più elevata (3,7% in Francia, 3,5% in Gran Bretagna, oltre il 3% anche in Svezia). L’Italia spende per le sue famiglie l’1,4% del Pil ed è, accanto a Portogallo, Grecia e Malta. Il fanalino di coda delle politiche familiari europee.

Che Alfano con il suo Nuovo Centro Destra, del quale i sondaggi fotografano l’irrilevanza, sia a caccia di voti, anche a costo di un’ipocrisia senza confini, raschiando il barile di un primitivismo civico che probabilmente non ha riscontri nella realtà, la dice lunga essenzialmente sulla sua disperazione politica, e sull’ambizione di restare protagonista costi quel che costi, anche sulla pelle delle moltissime famiglie, di fatto e non di fatto, di questo Paese.