Io faccio fatica a parlare dei suicidi. Sono sempre trattenuta dal pudore, e dal rispetto.
Sulla morte assistita di Lucio Magri mi viene una domanda stupida: se prima di arrendersi -la lotta è stata strenua, dura, era andato altre volte in Svizzera per morire, la vita non voleva mollare– non avesse almeno provato con quelle stramaledette pillole.
Lucio Magri non lo conoscevo. Conoscevo Roberta Tatafiore, e Alex Langer. Tutti e tre hanno scelto di morire, e in modi molto diversi. Tutti e tre facevano o avevano fatto intensissimamente politica. Mi domando se una passione politica divorante, un amore per gli altri e per il mondo troppo grande, costituiscano un fattore di rischio. Quando lo slancio è troppo ardito, lo sguardo troppo acuto, forse le delusioni sono troppo cocenti, le disillusioni troppo feroci per poter essere sopportate.
Ad Alex, in particolare, penso ogni giorno. Lo sento. Vorrei che fosse qui a vedere che molto di quello lui aveva saputo vedere e indicare con il suo impegno ambientalista -un lavoro terribile, senza risparmio- ora lo stanno vedendo in tanti. E’ pane comune.
La sua stessa vita è stata pane, ha nutrito così tanti. E anche la vita di Roberta, e quella di Magri.
Non ho voglia di parlare di eutanasia e di diritto a morire, di scagliarmi in uno di quei furiosi dibattiti da cui non si porta mai via niente più di quello che già sappiamo e crediamo. Mi viene da fare ombra, su questo passaggio ultimo, per accendere la luce su tutto quello che è stato prima.
Vite così ricche, così generose da non finire mai.