Prendo in prestito il titolo del bel romanzo di Elena Ferrante per segnalare che oggi alla Camera prenderà avvio la discussione sul cognome dei nuovi nati: i quali, secondo il testo uscito dalla commissione Giustizia della Camera, potranno portare quello del padre, quello della madre o entrambi.

Un primo colpo contro il cognome paterno nel gennaio scorso, quando una sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani, alla quale si era appellata una coppia milanese, ha stabilito che l’attribuzione automatica alla “casata” del padre –con sparizione della genealogia materna- rappresentava una chiara discriminazione, e che l’Italia doveva agire contro questa violazione.

Ed ecco il testo in discussione, secondo il quale i genitori potranno scegliere se dotare il nuovo nato del cognome del padre, della madre, o del doppio cognome. Nel caso la coppia non trovasse un accordo, il neonato sarebbe registrato all’anagrafe con entrambi i cognomi in ordine alfabetico. Gli eventuali successivi figli della coppia porterebbero obbligatoriamente lo stesso doppio cognome del primogenito/a.

La norma prevede anche che la figlia o il figlio, una volta maggiorenni, possano decidere di aggiungere il cognome della madre a quello paterno –o, caso più raro, viceversa- con una semplice dichiarazione all’ufficiale di stato civile.

Quanto invece ai figli dei figli, non essendo pensabile il quadruplo cognome, il padre e la madre potranno trasmettere uno solo dei rispettivi doppi cognomi.

Iole Natoli conduce da anni e quasi in solitaria la battaglia per il doppio cognome. Ma non è affatto convinta che la norma in discussione tagli in modo netto con i codici patriarcali.

Primo obiettivo polemico, l’eventuale ordine alfabetico in caso di disaccordo tra i genitori: “E’ solo una scorciatoia” dice. “Il figlio nasce dalla madre, c’è una prossimità neonatale che va riconosciuta e non nascosta di nuovo. Il primo cognome è ragionevole che sia quello materno, salvo accordi diversi: e non perché la madre abbia più diritti del padre, ma perché il diritto al cognome viene esercitato dal figlio e dalla figlia -che ne sono i titolari- all’atto della nascita, quando esiste una sola relazione già maturata, quella con la madre. La relazione con il padre si genera dopo”.

Secondo punto di insoddisfazione, il 1° comma dell’art. 4, secondo il quale il figlio maggiorenne può aggiungere al proprio cognome “singolo” il secondo cognome della madre o del padre. “Al figlio e alla figlia” spiega Iole Natoli “è quindi concesso soltanto di aggiungere il cognome dell’altro genitore, se ne ha ricevuto uno solo. Non può invece modificare la sequenza dei  cognomi, né sopprimerne uno, benché i genitori abbiano potuto scegliere per lui. “Inoltre, poniamo il caso di figli di genitori che abbiano entrambi un doppio cognome. Se li attribuissero tutti al figlio questi avrebbe un cognome “quadruplo”, cosa non prevista. Di conseguenza ciascun genitore dovrà scartarne uno dei propri e attribuirne al figlio uno
soltanto. I due cognomi scartati da entrambi i genitori scompariranno.
Ma quei cognomi scomparsi non sono il nulla. Sono cognomi che contribuiscono a determinare l’area familiare del figlio, che comprende anche nonni, zii, cugini e indicano rapporti di parentela. Non è detto che la scelta operata dai genitori soddisfi il figlio o la figlia, che invece potrebbe preferire portare invece uno o entrambi i cognomi che sono stati cancellati dai genitori. Il diritto al cognome è suo e non di altri. Inoltre” aggiunge Natoli “conosco  diversi casi di persone -donne e uomini- che non volevano più portare il cognome del padre, quindi non volevano aggiungere ma sostituire. Le difficoltà e i soprusi a cui si è sottoposti quando si fa una richiesta del genere sono enormi. Si devono documentare situazioni terribili, se non si vuole essere additittura derisi… Il testo in discussione non tutela minimamente questi soggetti, lasciando  invariata la situazione”.

A chi le obietta che queste sono sottigliezze eccessive, Iole Natoli risponde che entrambe le sue critiche segnalano un problema: nella norma così concepita il diritto di trasmissione del cognome da parte dei genitori continua a prevalere sul diritto di acquisto da parte del figlio e della figlia. “In poche parole, non smette di agire il concetto di potestà genitoriale, basata sull’idea dei figli come proprietà, fondamento del patriarcato. Da questo punto di vista, quindi, si permane in un’ottica patriarcale”.

Possibile che queste obiezioni diventino emendamenti al testo di legge. Stiamo a vedere.

La nuova norma potrebbe diventare operativa nel giro di un anno.

AGGIORNAMENTO 16 LUGLIO: sembrava fatta, e invece no.