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Donne e Uomini Maggio 24, 2013

Un figlio? Troppo lusso, siamo in Italia

Ricevo e pubblico la lettera di una collega, C.M.

Decine di migliaia di giovani donne sono in questa situazione, e anche peggio. Se questa genrazione è perduta, la prossima non verrà nemmeno al mondo.

 

Trentesima settimana di gravidanza: giunge il tempo anche per me, trentatreenne libera professionista nel campo della comunicazione e iscritta alla gestione separata INPS dal 2006, di fare domanda di maternità. Dopo una settimana dedicata a raccogliere documenti, tentare di caricarli sul sito inps.it e quattro ore di interminabile fila in due giorni per entrare nell’ufficio del mio municipio a Roma, scopro che il mio congedo di maternità non ha i requisiti per essere riscattato.

Verso i contributi alla gestione separata da quando avevo 27 anni e lavoro dall’età di 18. Come mai, ora che per legge non posso lavorare, non ho diritto alla maternità? I versamenti da libera professione per l’anno 2012 – mi spiegano- si effettuano dal mese di settembre del 2013, quindi l’istituto di previdenza non può pagarmi la maternità (la data del parto è agosto). Certo potevano dirmelo prima, che non dovevo concepire mia figlia a novembre 2012.

Il meglio deve ancora arrivare. Chiedo spiegazioni all’operatrice Inps che si occupa della mia pratica e la signora, con estremo candore, mi risponde: “Anche solo un contratto a tempo determinato rende le cose più facili, in questi casi”. “SOLO?! Grazie!”. Non soddisfatta continua: “La libera professione è una scelta. I liberi professionisti sanno che si devono accollare dei rischi”.

Quindi è giusto non ricevere la maternità, dopo anni di contributi versati, solo perchè in Italia dobbiamo sottostare a contratti precari o aprire posizioni a partita IVA per poter lavorare. Ed io sono tra i più fortunati, perché svolgo una professione che amo e che ogni giorno mi dà grandi soddisfazioni.

Mi sono sentita presa in giro. Sono uscita da quell’ufficio ridendo, ma con un groppo in gola.

Inutile spiegare all’impiegata inps, che dall’ultimo “Rapporto UIL sulla cassa integrazione” del 2012, sono oltre 520.000 i lavoratori in cassa integrazione, per un totale di 8.000 euro a testa persi e i disoccupati italiani, a febbraio 2013, sfioravano quota 3 milioni. Che stupida sono, perché mi dovrei lamentare? Io che sono libero professionista e lavoro dai tempi della maturità.

Non ho mai deriso il mio Paese e a chiunque mi abbia detto che ero pazza a volermi costruire una famiglia in Italia ho sempre risposto che dobbiamo cambiare le cose dall’interno, se vogliamo che davvero la situazione si evolva.

Oggi, però, avrei tanta voglia di deporre le armi”.

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, media, Politica Febbraio 28, 2012

Io ti odio, Inps

Dunque, ieri sera arriva mia mamma tutta agitata perché l’Inps le ha mandato una lettera in cui le dice che se lei non ha il PIN deve “attivarsi per il rilascio, considerato che dal mese di aprile 2012, per esigenze di risparmio, il dettaglio dei pagamenti delle rate di pensione non viene più inviato attraverso gli Uffici pagatori (Poste e Banche). Può richiedere il Pin collegandosi alla homepage del sito dell’Inps attraverso l’apposita funzionalità denominata “Il PIN online” eccetera.

Mia mamma non ci ha capito niente, ha solo capito che c’entra Internet, e quando c’entra Internet si agita, perché deve chiedere a me, e invece lei tiene molto a cavarsela da sola.

Verosimilmente il 90 per cento delle persone anziane di questo Paese non va online: perché non è capace, perché non ha un computer, perché non può pagarsi l’abbonamento a Internet. In Italia il digital divide è ancora molto forte, solo 53 italiani su 100 sono online, e il 90 per cento dei giovani è connesso (verosimilmente una quota analoga di anziani è sconnessa).

Non ci vuole una gran scienza, insomma, a capire che lettere come queste scaraventano nel panico i nostri vecchi, che devono chiedere ai figli, se ne hanno (in questo Paese tutti i problemi vengono scaricati sulle famiglie, ovvero sulle donne, anche se poi è difficile che i giovani possano permettersi di farsene una). In caso diverso, non sanno come accidenti fare: ce ne sono tanti, soli.

Quindi: o ci si fa carico di alfabetizzare gli anziani, si dà loro un computer e una connessione gratuita, o non li si mette in queste difficoltà.

Furibonda, chiamo l’ufficio stampa Inps e dico all’addetta quello che ho scritto qui. Lei annaspa. Mi dà ragione: “Anch’io ho i genitori anziani, sa?”. Poi tenta una difesa: “Possono sempre rivolgersi ai Patronati”. Poi riannaspa: “Non sono io a prendere queste decisioni”.

Ok, amica, ma tu sei lì. Dì quello che pensi. Fatti carico della cosa. Assumiti la tua responsabilità.

Ci sarà stato pure qualcuno, lì,  a cui sarà venuto in mente che questa decisione era ingiusta: perché non si è opposto?

Mandiamo giù qualunque cosa, in questo Paese. Anche questi gesti di inimicizia nei confronti di persone fragili, ulteriormente infragilite dall’essere escluse dalla rivoluzione informatica.

Io li odio, quando fanno così.