Viene da dire: finalmente ci siamo. Finalmente i pensieri sull’economia concepiti nel femminismo, in particolare dal pensiero della differenza (vedi tra le molte altre Ina Praetorius con il suo “Penelope a Davos”, si parva licet, i libri e altre cose che io stessa ho scritto su questo tema) diventano strumenti concreti di riflessione e di lavoro nelle mani di businesswomen come quelle riunite in Aidda (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda).
Proprio oggi alle 14.30 a Expo, padiglione Italia area WE– Cardo Nord Ovest-, per iniziativa di Aidda nasce NOE – Nuovo Orientamento Economico, “laboratorio permanente per la definizione di un nuovo modello di sviluppo che integri con nuove priorità la logica del profitto”. L’obiettivo è “elaborare e promuovere un nuovo modello economico, che rinnovi il sistema attuale attraverso l’introduzione di una prospettiva di genere che ponga attenzione oltre che al conseguimento del profitto, al benessere degli individui, alla messa in comune delle risorse, al rispetto della natura, alla responsabilità verso le generazioni future… Nella prassi di lavoro delle donne questi valori sono già presenti, il nostro obiettivo è trasformare le buone prassi in metodo”.
Oltre a Franca Audisio, presidente nazionale Aidda, e alla vicepresidente Antonella Giachetti, partecipano all’incontro Antonietta Potente, teologa, suora della Congregazione dell’Unione delle Suore Domenicane di San Tommaso, Maria Luisa Cosso, imprenditrice, e Ami Damba, ambasciatrice culturale del Mali.
Spiega Antonella Giachetti: “La crisi che stiamo attraversando, che non è ciclica ma strutturale, ci impone uno sguardo diverso sulle questioni economiche”.
In effetti anche l’economia è un manufatto umano, in quanto tale smontabile: non si tratta di leggi divine.
“Si moltiplicano le iniziative di riflessione su questi temi e sulla necessità di un cambio di paradigma. Si tratta di uscire dall’estemporaneità e di dare a queste riflessioni una capacità propulsiva”.
In che modo?
“Ci piacerebbe un laboratorio scientifico interdisciplinare, dalle scienze economiche alla teologia, che provi a strutturare questo pensiero. Oggi presenteremo il progetto che speriamo possa partire il prossimo anno”.
Linee guida?
“Una visione sistemica della realtà, che valuti le conseguenze di ogni gesto economico sulle generazioni future e su quella parte di mondo che non partecipa alla nostra ricchezza. Una contabilizzazione di costi che normalmente non vengono contabilizzati ma che poi la società è chiamata a pagare”.
L’iniziativa si rivolge solo alle donne?
“Anche a quegli uomini che riconoscano gli squilibri prodotti dalla prevalenza di valori maschili”.
“Eccesso di maschile”, lo chiamo io. Che fa male a tutti, donne e uomini, e al pianeta.
“E non basta affatto, come pensano ancora in molte, cercare un riequilibrio con le quote: perché la fatica è del tutto inutile se poi le donne che vanno si uniformano ai valori maschili”.
Anzi. Spesso sono anche più zelanti. Da neofite, devono dimostrare di sapersi muovere perfettamente nel mondo degli uomini, assumendo acriticamente regole, modi e tempi. Vale per l’economia come per la politica.
“Il laboratorio procederà delineando i nuovi criteri economici. Quindi dovremo far partire l’osservazione di microrealtà che assumano il fatto di valutare sempre a 360° le conseguenze di una scelta economica e produttiva”.
Si chiama cura.
“Sì, cura. La vita è una, la separazione tra ambiti è solo artificiale, tutti i sistemi sono in stretta relazione fra loro. E una cosa che fai per il bene di altri e non solo per il tuo profitto ti ritorna in bene moltiplicato. Come quando allattando un bambino produci più latte. Si tratta di un guadagno per tutti”.