“Fermatevi! Vi ho partorito io”, ha gridato stanotte una donna agli agenti che stavano violentemente sgomberando #gezipark a Istanbul. Come strappando un velo, ha messo in campo tutta la sua autorità materna. Come Antigone ha saltato le mediazioni delle leggi degli uomini per cercare di impedire le violenze.
Ci sono stati molti feriti. Bambini intossicati dai lacrimogeni. Candelotti sparati su gente inerme. Sostanze chimiche urticanti nell’acqua degli idranti. Ambulanze a cui è stato vietato l’accesso. Le immagini che ci arrivano di lì sono impressionanti.
Alle 16 di oggi, ora turca, i cittadini di Istanbul cercheranno di tornare a Gezi. Potrebbe capitare l’indescrivibile. Le/i corrispondenti parlano di crimine contro l’umanità. Ci sono solo poche ore per agire.
Abbiamo una ministra degli Esteri, Emma Bonino. E una viceministra, Marta Dassù. Il grido di quella Antigone turca dovrebbe toccare il loro cuore e ispirare la loro azione. Inducendole a saltare le mediazioni diplomatiche, a porre in secondo piano i nostri rapporti commerciali con la Turchia, a ignorare l’amicizia personale tra Erdogan e alcuni nostri uomini politici. E a dire una parola forte e definitiva al governo di quel Paese, perché rispetti i diritti umani e si ponga in ascolto dei suoi cittadini.
Il silenzio del nostro governo non rappresenta affatto l’orrore che ci scuote, vedendo quello che sta capitando alle sorelle e ai fratelli turchi. Anche noi dobbiamo essere ascoltati. Tutto è reso più amaro dal fatto che c’è una donna, al Ministero degli Esteri, e una non-violenta, e una militante per i diritti civili. Ma non ce ne stiamo accorgendo.
Che fine ha fatto Emma?
aggiornamento ore 20.25: il governo italiano non rompe il silenzio. Emma tace. Intanto a Istanbul le violenze continuano.
aggiornamento lunedì ore 19: Erdogan minaccia di usare l’esercito contro lo sciopero generale e dice “non riconosco il Parlamento europeo”. Tecnicamente è un dittatore. E il nostro governo (Bonino, Letta) sempre muto
Care amiche parlamentari,
tenevate molto ad arrivare lì dove siete ora, e noi tutte tenevamo molto che voi ci andaste: ho fatto anche la fatica di scrivere un libro per contribuire a modo mio alla spinta. Però adesso la vostra voce manca. Ci piacerebbe sentirla su molte questioni. Sperimentare la vostra presenza attiva sui temi in agenda. Vedervi in azione sulla riforma della politica. Osservare il vostro lavoro di invenzione. Constatare che siete capaci di un lavoro della differenza e bipartisan.
In particolare mi sta colpendo molto il vostro silenzio su quello che sta capitando in Turchia. Il Corriere ha diffuso l’orribile notizia -orrore fra gli orrori- che la polizia ricorre alle violenze sessuali come forma di tortura delle dimostranti detenute nelle caserme e nelle carceri turche. La cosa è possibilissima. Là dove c’è guerra o conflitto sociale si parla spesso questo “esperanto della violenza”, come qualcuna l’ha chiamato. E le carceri turche non sono mai state luoghi di villeggiatura.
Può essere che qualche singola dichiarazione ci sia stata. Ma io mi riferisco a qualcosa di più e di meglio. Per esempio, a una dichiarazione di questo tipo: “Le parlamentari italiane diffidano all’unanimità la polizia di Erdogan dalla violazione dei diritti umani dei detenuti e delle detenute, con particolare riguardo a ogni gesto di violenza sessuale sulle prigioniere. Si dichiarano pronte a intraprendere e sostenere qualsivoglia azione finalizzata alla salvaguardia dei diritti umani e dei diritti delle donne, comprese eventuali sanzioni economiche. Richiamano Istanbul, che dà il nome a una Convenzione internazionale contro la violenza sessista e il femminicidio sottoscritta anche dall’Italia, al rispetto assoluto delle sue norme”.
E questo al di là dei rapporti diplomatici, commerciali ed economici con il governo Erdogan. Quindi eventualmente anche disubbidendo ai rispettivi partiti.
Sarebbe un bel saggio di autonomia, di forza e di differenza femminile: è per questo che vi abbiamo volute lì.
Una presa di parola sulla Turchia a rischio di islamizzazione -che si eserciterebbe prioritariamente sul corpo e sulla libertà delle donne- sarebbe un perfetto banco di prova.
A giorni dovrei partire per Istanbul, chiamata a coordinare uno dei panel alla Conferenza delle donne nella nuova stagione del Mediterraneo. Dovrei, dico, perché non è ancora chiaro se vi saranno le condizioni per tenere quell’incontro, che riunirà intellettuali, politiche e imprenditrici di tutti i Paesi del bacino.
Stanotte altri scontri intorno allo stadio e a Gezi Parki. Dopo molte giornate sanguinose -i morti sono 3, secondo alcune fonti 4, per Amnesty International quasi 2500 feriti in tutta la Turchia , centinaia i detenuti, moschee trasformate in ospedali da campo: guardate qui) la giornata di oggi è cruciale. Una delegazione del movimento di protesta incontrerà il vicepremier Arinc, ponendo 4 condizioni molto nette: la liberazione dei manifestanti in carcere, la punizione dei responsabili degli abusi da parte delle forze dell’ordine, nessun divieto di manifestare a Taksim o altrove, la salvezza di Gezi, parco storico minacciato dalle ruspe della speculazione e luogo-emblema della rivolta contro il crescente autoritarismo del governo Erdogan.
Scelgo quella che vedete come immagine-simbolo di questi giorni dolorosi per la Turchia: una ragazza che resiste al getto potente di un idrante, la splendida e invincibile forza della non-violenza. L’islamizzazione debutta sempre con la restrizione della libertà femminile, si gioca da subito sui corpi delle donne: poco trucco, abiti castigati, niente effusioni in pubblico. La ragazza in rosso, con la sua passività attiva, fa del suo corpo campo di battaglia, inerme ma resiliente, quasi invulnerabile. Sembra che niente e nessuno la possa abbattere.
Sta facendo politica. Anche questo è un esempio di body-politics.
p.s. Seguite sui social network, sul “Corriere” e sulla “Stampa” le ottime corrispondenze da Istanbul di Monica Ricci Sargentini e Marta Ottaviani.
ULTIM’ORA: Il vicepremier Arinc ha disdetto l’incontro previsto per oggi con la delegazione del movimento. Intanto sono stati effettuati 24 arresti per un tweet. Qui le news.