Browsing Tag

#geziparki

esperienze, personaggi, Politica Giugno 18, 2013

Marta sui Turchi: cronache da Istanbul

Marta Ottaviani ha lavorato sodo in queste ultime settimane a Istanbul. Giorno e notte, e con la boccia del Gaviscon anti-lacrimogeni in borsa, per poter raccontare in diretta le manifestazioni di Taksim e Gezi Parki con un frenetico lavoro di tweet e con le sue corrispondenze per La Stampa e altre testate.
Marta vive a Istanbul da 8 anni: “Mi volevo occupare di esteri” dice. “Ma non c’era nessuna redazione che mi offrisse un contratto. La Turchia era scoperta, nessuno parlava il turco e quindi ho deciso di puntare su quel Paese, di cui non si è mai parlato abbastanza e in modo corretto. Ce n’è un gran bisogno”.
Be’, credo che in questi giorni ne abbia parlato parecchio. La interpello nella sua doppia veste di corrispondente-residente a Istanbul.
Qual è la situazione in città in queste ore?
“In questo momento il centro di Istanbul è completamente militarizzato. Piazza Taksim e Gezi Parki sono sgombri. Calma apparente. Ma i giornali online danno notizie di arresti in corso connessi con le manifestazioni dei giorni scorsi. Al momento le identità degli arrestati non sono state rese note”.
Il primo ministro Erdogan ha affermato di non riconoscere il Parlamento europeo.
“E’ una cosa che ha detto più volte. Ha anche affermato che il Parlamento Europeo non può trattare la Turchia come se fosse uno stato membro, quando invece è solo Paese candidato all’ingresso”.
Ma lo è ancora? A Erdogan interessa entrare a fare parte della Ue? E ai cittadini turchi?
“A me pare che a lui importi ben poco, specie da quando ha visto che anche grazie alla mancanza di opposizione il suo potere stava diventando pressoché illimitato. Molti lo accusano di aver usato la Ue come cavallo di Troia per indebolire i militari e passare a uno stile di governo sempre più autoritario. Quanto ai Turchi: l’Europa interessa, ma non ci hanno mai creduto più di tanto. E soprattutto in questi giorni si sono sentiti traditi da Bruxelles”.
Non tutti sanno qual è il ruolo dei militari in Turchia…
“Sono stati i difensori dello stato laico fondato da Mustafa Kemal Ataturk. La Costituzione li autorizza a intervenire. Detto questo, i militari  hanno commesso molti errori, fra cui quello di non aver consentito lo sviluppo di partiti e movimenti di sinistra in grado di entrare in Parlamento. Il risultato è un’assemblea poco rappresentativa, a cui mancano anime necessarie per una piena democrazia”.
Che cosa prevedi per le prossime ore?
“Temo che per il momento la questione Gezi Parki sia chiusa. Ma come ho sentito dire tante volte dagli occupanti, loro sentono di avere vinto e su questo concordo. Sono stati repressi brutalmente ma oggi, grazie alle loro lotte, nessuno al mondo potrà più sostenere che Erdogan sia un modello di democrazia, come molti invece credevano. Le proteste di questi giorni hanno creato un precedente pericoloso per il premier. Adesso Erdogan sa che sono in molti pronti a scendere in piazza per gridare no alla sua politica”.
In questi anni hai visto le libertà restringersi?
“Ci vorrebbe un libro per rispondere… Su alcuni fronti ci sono stati cambiamenti positivi: per esempio i curdi e le persone religiose godono di maggiori libertà, mentre con il governo dei militari dovevano essere molto vigili. Su altri fronti le restrizioni sono state numerose. In primo luogo sulla libertà d’informazione. Molti giornalisti sono letteralmente spariti dai video e dai giornali dove lavoravano. Ci sono anche restrizioni nella vita quotidiana di tutti, mi riferisco ai recenti divieti di vendita di alcolici. Restano poi irrisolte alcune grandi questioni del Paese, in primo luogo quella del genocidio degli armeni e dei rapporti con Erevan, capitale di quella regione: si è parlato molto ma non si è fatto nulla. Voglio anche ricordare che nel Paese sono in corso centinaia di  processi che vedono imputati anche molti giornalisti, accusati di essere terroristi e di voler rovesciare il governo. Un modo per eliminare critici e oppositori”.
E sul fronte delle libertà femminili?
“Questione complessa. Sulla carta il premier è a favore di una maggiore emancipazione. La sua battaglia per la liberalizzazione del velo islamico sarebbe allo scopo di permettere alle donne l’ingresso in università. D’altro canto le violenze domestiche restano un’emergenza drammatica. E nei mesi scorsi si è cercato di modificare la legge sull’aborto: la lotta delle donne ha sventato il tentativo di Erdogan, che si è dovuto limitare all’invito a fare almeno tre figli”.
Quali sono le questioni veramente in gioco nel conflitto di questi giorni?
“La questione è principalmente una: quella della democrazia. Erdogan è stato eletto democraticamente  tre volte, ma dal 2011, ovvero da quando  da quando sa che i militari possono ben poco, il suo regime è sempre più autoritario”.
Vorrei da te qualche immagine che può raccontarci la Turchia di questi giorni.
“Una volta durante una diretta radio ho parlato “Kurdistan”, e un uomo che mi stava ascoltando mi ha corretto: il Kurdistan non esiste. Quanto ai giovani di Gezi Parki, me l’hanno detto con estrema chiarezza: vogliamo una democrazia vera, né Erdogan né i militari. E poi un ricordo. Quella volta, anni fa, che ero molto preoccupata per la salute di mio padre. Vedendomi rattristata, il titolare di un negozio vicino al dormitorio dove vivevo (per un anno e mezzo ho vissuto in dormitori per studenti) me ne ha chiesto il motivo. Gli ho spiegato il perché, e lui mi ha detto pregherò per tuo padre in moschea. Ancora oggi, quando mi vede, la prima domanda che mi fa è sulla salute di mio padre. E sono passati 6 anni. La Turchia è anche questo”.
Che cosa ti aspettavi dal governo italiano?
“Molto di più, sinceramente, e non da oggi. Idem dall’Europa. C’erano già molti segnali del crescente autoritarismo di Erdogan“.
Le piazze di Istanbul somigliano più a quelle degli indignados o alle primavere arabe?
“A quelle degli indignados, direi. Ma credo che quello che si è visto a #occupygezi sia qualcosa di unico nel suo genere. C’è una parte di società civile turca che è tornata finalmente a vivere dopo anni di silenzio. Il semplice fatto di paoterlo raccontare è stata un’esperienza straordinaria”.
Donne e Uomini, Politica Giugno 16, 2013

#Gezipark: che fine ha fatto Emma?

un bambino intossicato dai lacrimogeni stanotte a Gezi Parki

 

“Fermatevi! Vi ho partorito io”, ha gridato stanotte una donna agli agenti che stavano violentemente sgomberando #gezipark a Istanbul. Come strappando un velo, ha messo in campo tutta la sua autorità materna. Come Antigone ha saltato le mediazioni delle leggi degli uomini per cercare di impedire le violenze.

Ci sono stati molti feriti. Bambini intossicati dai lacrimogeni. Candelotti sparati su gente inerme. Sostanze chimiche urticanti nell’acqua degli idranti. Ambulanze a cui è stato vietato l’accesso. Le immagini che ci arrivano di lì sono impressionanti.

Alle 16 di oggi, ora turca, i cittadini di Istanbul cercheranno di tornare a Gezi. Potrebbe capitare l’indescrivibile. Le/i corrispondenti parlano di crimine contro l’umanità. Ci sono solo poche ore per agire.

Abbiamo una ministra degli Esteri, Emma Bonino. E una viceministra, Marta Dassù. Il grido di quella Antigone turca dovrebbe toccare il loro cuore e ispirare la loro azione. Inducendole a saltare le mediazioni diplomatiche, a porre in secondo piano i nostri rapporti commerciali con la Turchia, a ignorare l’amicizia personale tra Erdogan e alcuni nostri uomini politici. E a dire una parola forte e definitiva al governo di quel Paese, perché rispetti i diritti umani e si ponga in ascolto dei suoi cittadini.

Il silenzio del nostro governo non rappresenta affatto l’orrore che ci scuote, vedendo quello che sta capitando alle sorelle e ai fratelli turchi. Anche noi dobbiamo essere ascoltati. Tutto è reso più amaro dal fatto che c’è una donna, al Ministero degli Esteri, e una non-violenta, e una militante per i diritti civili. Ma non ce ne stiamo accorgendo.

Che fine ha fatto Emma?

 

aggiornamento ore 20.25: il governo italiano non rompe il silenzio. Emma tace. Intanto a Istanbul le violenze continuano.

aggiornamento lunedì  ore 19: Erdogan minaccia di usare l’esercito contro lo sciopero generale e dice “non riconosco il Parlamento europeo”. Tecnicamente è un dittatore. E il nostro governo (Bonino, Letta) sempre muto

 

Donne e Uomini, Politica Giugno 11, 2013

Care amiche parlamentari…

 

Care amiche parlamentari,

tenevate molto ad arrivare lì dove siete ora, e noi tutte tenevamo molto che voi ci andaste: ho fatto anche la fatica di scrivere un libro per contribuire a modo mio alla spinta. Però adesso la vostra voce manca. Ci piacerebbe sentirla su molte questioni. Sperimentare la vostra presenza attiva sui temi in agenda. Vedervi in azione sulla riforma della politica. Osservare il vostro lavoro di invenzione. Constatare che siete capaci di un lavoro della differenza e bipartisan.

In particolare mi sta colpendo molto il vostro silenzio su quello che sta capitando in Turchia. Il Corriere ha diffuso l’orribile notizia -orrore fra gli orrori- che la polizia ricorre alle violenze sessuali come forma di tortura delle dimostranti detenute nelle caserme e nelle carceri turche. La cosa è possibilissima. Là dove c’è guerra o conflitto sociale si parla spesso questo “esperanto della violenza”, come qualcuna l’ha chiamato. E le carceri turche non sono mai state luoghi di villeggiatura.

Può essere che qualche singola dichiarazione ci sia stata. Ma io mi riferisco a qualcosa di più e di meglio. Per esempio, a una dichiarazione di questo tipo: “Le parlamentari italiane diffidano all’unanimità la polizia di Erdogan dalla violazione dei diritti umani dei detenuti e delle detenute, con particolare riguardo a ogni gesto di violenza sessuale sulle prigioniere. Si dichiarano pronte a intraprendere e sostenere qualsivoglia azione finalizzata alla salvaguardia dei diritti umani e dei diritti delle donne, comprese eventuali sanzioni economiche. Richiamano Istanbul, che dà il nome a una Convenzione internazionale contro la violenza sessista e il femminicidio sottoscritta anche dall’Italia, al rispetto assoluto delle sue norme”.

E questo al di là dei rapporti diplomatici, commerciali ed economici con il governo Erdogan. Quindi eventualmente anche disubbidendo ai rispettivi partiti.

Sarebbe un bel saggio di autonomia, di forza e di differenza femminile: è per questo che vi abbiamo volute lì.

Una presa di parola sulla Turchia a rischio di islamizzazione -che si eserciterebbe prioritariamente sul corpo e sulla libertà delle donne- sarebbe un perfetto banco di prova.

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Giugno 5, 2013

Istanbul: la forza della non-violenza

(foto Sinem Babul)

 

A giorni dovrei partire per Istanbul, chiamata a coordinare uno dei panel alla Conferenza delle donne nella nuova stagione del Mediterraneo. Dovrei, dico, perché non è ancora chiaro se vi saranno le condizioni per tenere quell’incontro, che riunirà intellettuali, politiche e imprenditrici di tutti i Paesi del bacino.

Stanotte altri scontri intorno allo stadio e a Gezi Parki. Dopo molte giornate sanguinose -i morti sono 3, secondo alcune fonti 4, per Amnesty International quasi 2500 feriti in tutta la Turchia , centinaia i detenuti, moschee trasformate in ospedali da campo: guardate qui) la giornata di oggi è cruciale. Una delegazione del movimento di protesta incontrerà il vicepremier Arinc, ponendo 4 condizioni molto nette: la liberazione dei manifestanti in carcere, la punizione dei responsabili degli abusi da parte delle forze dell’ordine, nessun divieto di manifestare a Taksim o altrove, la salvezza di Gezi, parco storico minacciato dalle ruspe della speculazione e luogo-emblema della rivolta contro il crescente autoritarismo del governo Erdogan.

Scelgo quella che vedete come immagine-simbolo di questi giorni dolorosi per la Turchia: una ragazza che resiste al getto potente di un idrante, la splendida e invincibile forza della non-violenza. L’islamizzazione debutta sempre con la restrizione della libertà femminile, si gioca da subito sui corpi delle donne: poco trucco, abiti castigati, niente effusioni in pubblico. La ragazza in rosso, con la sua passività attiva, fa del suo corpo campo di battaglia, inerme ma resiliente, quasi invulnerabile. Sembra che niente e nessuno la possa abbattere.

Sta facendo politica. Anche questo è un esempio di body-politics.

p.s. Seguite sui social network, sul “Corriere” e sulla “Stampa” le ottime corrispondenze da Istanbul di Monica Ricci Sargentini e Marta Ottaviani.

ULTIM’ORA: Il vicepremier Arinc ha disdetto l’incontro previsto per oggi con la delegazione del movimento. Intanto sono stati effettuati 24 arresti per un tweet. Qui le news.