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enrico letta

Politica Luglio 10, 2015

Renzi al telefono con il generale Adinolfi: “Letta incapace, serve un ragionamento diverso. Berlusconi ci sta”.

Non dimenticherò facilmente il 13 febbraio 2014, giorno della decapitazione del premier Enrico Letta da parte della direzione Pd. In particolare, chissà perché, mi è rimasto impresso il lirico intervento di Anna Paola Concia, che citò addirittura la grande poetessa Emily Dickinson.

Solo qualche giorno prima Enrico Letta era stato in direzione a raccontare i suoi programmi di governo, offrendo in effetti un saggio di notevole debolezza. Ma nessuno avrebbe immaginato che sarebbe stata questione di ore. In verità il neoeletto segretario del Pd Matteo Renzi aveva molta, moltissima fretta di diventare primo ministro: lui ha sempre molta, moltissima fretta per tutto. Eletto segretario a dicembre, a gennaio già manovrava freneticamente per giubilare Letta, “un incapace” da rimuovere grazie a un accordo con Silvio Berlusconi, “sensibile a fare un ragionamento diverso”. Il ragionamento diverso era la premiership Renzi. Delle molte cose antidemocratiche che abbiamo visto e continuiamo a vedere nel nostro Paese, questa mi sembra in assoluto la più antidemocratica. Uno che decide di fare il premier e manovra attivamente per diventarlo senza mai essere passato dal voto. 

Il piano è ben raccontato da una telefonata dell’11 gennaio del 2014 tra Renzi e il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, intercettata dalla magistratura nel corso dell’inchiesta relativa alla CPL Concordia. L’intercettazione è diffusa oggi da Il Fatto Quotidiano. Renzi spiaga al generale Adinolfi di voler mandare Enrico Letta alla presidenza della Repubblica per toglierlo dal governo. Giorgio Napolitano è però contrario a questo progetto, perché dovrebbe dimettersi da capo dello Stato nel 2016, e non a inizio 2015 come riteneva di fare. Qui i passaggi salienti della telefonata.

Renzi: E sai, a questo punto, c’è prima l’Italia, non c’è niente da fare. Mettersi a discutere per buttare all’aria tutto, secondo me alla lunga sarebbe meglio per il Paese perché lui è proprio incapace, il nostro amico. Però…
Adinolfi: È niente, Matteo, non c’è niente, dai, siamo onesti.
Renzi: Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace.E quindi… però l’alternativa è governarlo da fuori…
Adinolfi: Secondo me il taglio del Presidente della Repubblica
Renzi : Lui sarebbe perfetto, gliel’ho anche detto ieri.
Adinolfi: E allora?
Renzi: L’unico problema è che … bisogna aspettare agosto del 2016. Quell’altro non c’arriva, capito? Me l’ha già detto
Renzi: E poi il numero uno anche se mollasse… poi il numero uno ce l’ha a morte con Berlusconi per cui… e Berlusconi invece sarebbe più sensibile a fare un ragionamento diverso. Vediamo via, mi sembra complicata la vicenda.
Adinolfi : Matteo, intanto t’ho mandato una bellissima cravatta.
Renzi : Grazie.
Adinolfi: Sì sì, certo certo.
Renzi: Quell’altro 2015 vuole andar via e … Michele mi sa che bisogna fare quelli che… che la prendono nel culo personalmente… poi vediamo magari mettiamo qualcuno di questi ragazzi dentro nella squadra… a sminestrare un po’ di roba.

A fine telefonata Renzi anticipa come Berlusconi sia disponibile a fare un “ragionamento diverso”. Il patto del Nazareno verrà siglato pochi giorni dopo questa telefonata, accelerando la caduta di Enrico Letta.

Ma la vera notizia è un’altra. E cioè -mi sbaglio?- che anche di fronte a queste rivelazioni, probabilmente grande parte del Paese continuerà a fare spallucce e a ritenere sacrosanto o quanto meno accettabile che “per il bene dell’Italia” uno di fatto si autonomini Presidente del Consiglio dei Ministri, levando di mezzo “un incapace”, e perfezionando il tris dei governi non eletti (nemmeno Monti e Letta lo erano) con una manovra di spregiudicatezza superiore. Il quarto, se ce ne sarà uno, volendo potrebbe essere anche più spregiudicato. E forse solo allora potremo comprendere fino in fondo, se ancora non l’abbiamo capito, qual è il prezzo che si paga rinunciando all’esercizio delle prerogative democratiche.

 

Politica Febbraio 11, 2014

Staffetta-sì, staffetta-no: perchè il Matteo è il Matteo

Se per alcuni la staffetta è cosa fatta (si tratta solo di trovare un posto adeguato per l’Enrico), per altri l‘Enrico tiene duro e non molla.

Son momenti così.

Ma se staffetta fosse, se il Matteo prendesse la guida dei governo e mettesse subito a segno quei due o tre colpi a effetto che darebbero il segno certo (?) della svolta, dovrebbe pur sempre tenere conto del fatto che quanto a democrazia restiamo al limite, e che tra le primarie e le elezioni c’è una significativa differenza. E che gli italiani, secondo i sondaggi, in maggioranza vorrebbero andare al voto.

Ora lui potrà sempre dire, o almeno pensare, che al voto ci vogliono andare perché c’è l’Enrico e non lui, e che quando ci sarà lui forse al voto non vorranno andarci mai più. Ma a me parrebbe sensato, sempre che staffetta sia, che si tratti di una staffetta breve, giusto per i mesi che mancano alla fine preventivata del governo Letta, in modo da rientrare in democrazia con tutti e due i piedi.

Vero è che il Parlamento tutto, Senato compreso, in particolare veteranissimi e miracolatissimi, all’idea di durare fino al 2018 ha fatto la ola: in caso diverso troppi dovrebbero tornarsene a casa e ciao. Ma è vero anche che in quel Parlamento il Matteo potrebbe rosolare a fuoco lento, benché lui sia convinto che sul barbecue ci andranno gli altri.

Insomma, le variabili sono molte, nelle prox ore si vedrà.

E intanto noi contiamo i giorni che mancano a fine mese, e una ragazza di 18 anni muore di setticemia perché non aveva i soldi per curare un ascesso al dente.

p.s. al momento (ore 16.30) il sondaggio (non scientifico) di Corriere.it vede una maggioranza netta (quasi 80 per cento) di sfavorevoli alla staffetta.

italia, Politica Gennaio 12, 2014

Chi ha Renzi non aspetti Renzi

Chiedo scusa se tiro in ballo la casalinga di Voghera, che stamattina sarà lì a cucinare –come me, del resto, a breve- e che non ha nessuna voglia di parlare di politica. Ma sono certa che mentre soffrigge, impana e rimesta, se le dici Letta lei pensa Imu, Tares, Tarsu, Tasi, Iuc, e si domanda com’è il fatto che se ne sta parlando da un annetto (senza contare i preliminari) e non se ne viene a una. E si chiede come mai il Presidente del Consiglio non prenda per la collottola i responsabili di questa pochade e non li accompagni alla porta, eventualmente insieme a quelle che telefonano agli amici pregiudicati, a quegli altri che danno l’aumento agli insegnanti e poi glielo vogliono togliere, e a quelle che ci hanno lo zio con il bar.

E se per poi caso le dici “Renzi”, a lei o al taxista che l’altro giorno mi diceva: “Visto? è come gli altri: anche lui solo chiacchiere, avrai un bel daffare a spiegarle che Renzi è solo segretario di partito, che al momento non ha responsabilità governative, che può giusto fare da badante su questioni come le slot machine e i decreti salva-amici. Perché lei, come il taxista, è convinta che Renzi sia già “il capo di tutto”, inutile che ce la raccontiamo. L’ha visto trionfatore in tv e ora vuole che faccia, e alla svelta. E se nei prossimi mesi non capiterà niente di buono, sarà anche o forse soprattutto colpa sua. Non possiamo pretendere che la gente, con la vita che fa, abbia voglia di leggere tra le righe.

L’orologio biologico di Matteo Renzi ticchetta velocissimo, anche l’Europa taglia corto rivolgendosi a lui come se fosse già il premier, per questo è difficile credere che non scalpiti e possa permettersi di aspettare il 2015, come continua ad assicurare.

Più che altro, Renzi a parte, non possiamo permettercelo noi.

Legge elettorale e poi al voto.

Politica Dicembre 27, 2013

Renzi’s count-down

Molto deprimente lo spettacolo dell’assalto alla diligenza fine 2013, dagli spiaggiaroli al tentativo sulle slot machine agli affitti d’oro. ll decreto SalvaRoma o salviamoci tutti. Il Presidente del Consiglio che pone addirittura la fiducia sull’obbrobrio, come la fiducia fosse una procedura di routine. Il Presidente della Repubblica che gli strappa nervosamente le redini di mano per salvare il salvabile di un governo debole con i forti (lobby e interessi particolari) e arcigno con i deboli (i cittadini in difficoltà)

Il risultato è un ulteriore allontanamento dei cittadini dalla cosiddetta politica (quella roba non si sa più come chiamarla), una botta di sfiducia che davvero non ci voleva e che ci costa perfino di più di quello che ci sarebbe costato accontentare i signori del gioco d’azzardo. Vedremo che cosa combinano oggi con il decreto Milleproroghe, quanti e quali di quei provvedimenti destinati a sfamare la belva del “particulare” riusciranno a reinfilare. Mattinata di durissimo lavoro per i lobbisti.

Davvero non si riesce a capire come si potrà tirare il 2015 con questo parlamento e questa squadra. Matteo Renzi, neosegretario del Pd, partito al governo de facto– che decide l’istituzione di un team di controllori che passino preliminarmente al vaglio gli emendamenti per evitare ulteriori scivoloni. E se del governo non si fida neppure il Pd, chi si dovrebbe fidare? Un Presidente del Consiglio che prende schiaffoni un po’ da tutti: dal suo stesso partito, dal suo main sponsor Giorgio Napolitano, oltre che dall’opposizione.

E la riforma della legge elettorale che torna a dileguarsi all’orizzonte: Porcellum da guardia, che impedisce di tornare al voto e di riavvicinarsi a una normalità costituzionale.

Forse Matteo Renzi dovrebbe cominciare a scandire il count down.

aggiornamento ore 14: nel frattempo Napolitano con una lettera invita i presidenti di Camera e Senato alla massima stretta sugli emendamenti. Resta pur vero che la fiducia sul SalvaRoma è stata posta dal Presidente Letta, a cui a quanto pare quel decreto imbottito era piaciuto.

 

Politica Ottobre 9, 2013

Auto blu a Lampedusa

Il premier Letta, il vicepremier Alfano e il presidente della Commissione europea Barroso sono stati accolti a Lampedusa da selve di fischi e cori di “vergogna” (qui il video)

A Lampedusa, frontiera della salvezza, di una vita possibile, di una pagnotta, di un tetto, di un futuro per i propri figli, di un po’ di pace, di quel minimo di dignità, donne, uomini e bambini arrivano nudi via mare oscenamente stipati nei barconi, quando ci arrivano: il fondo di quel mare è un cimitero. Letta, Alfano e Barroso sono arrivati in aereo e auto blu.

Il corpo parla. Il corpo dice tutto.

Non ci si presenta a quella gente, a quei grandi politici che sono tutti i Lampedusani, a partire dalla loro grande sindaca Giusi Nicolini, esempio di civiltà, risolutori di problemi irrisolvibili con le loro personali risorse, no, non ci si presenta con gli orpelli del potere, le odiatissime auto blu, simbolo della lontananza ormai incolmabile tra la rappresentanza e la vita. Si deve avere davvero perso il senso della realtà, per non rendersene conto.

Non ci si presenta davanti a 302 bare, bilancio provvisorio, scusandosi “per le inadempienze” ma senza poter garantire immediatamente, causa larghe intese, l’abolizione quell’assurda legge che è la Bossi-Fini, che quei grandi politici che sono i Lampedusani chiedono a gran voce di mandare al macero. Non ci si  presenta senza portare il proprio impegno per l’apertura di quel corridoio umanitario che chiunque si occupi di diritto d’asilo invoca come soluzione.

Lo spettacolo dei “politici” a Lampedusa è stato inguardabile.

 

 

 

Politica Aprile 26, 2013

5 Stelle, ultima chiamata

Incontro Enrico Letta- Movimento 5 Stelle

Per carità, non voleva dire quello, ma quell’altro: affermando che il 25 aprile è morto, Beppe Grillo non intendeva dire che la festa della Liberazione è ormai una celebrazione retorica e priva di significato, ma che oggi, di fronte a questo sistema dei partiti che la usurpa, “i partigiani piangerebbero”. Sta di fatto che tutti hanno capito quell’altro, bell’autogoal, e la colpa non si può dare ai riceventi, ma è tutta dell’emittente.

Poi quellincontro in streaming con il presidente incaricato Enrico Letta, “Pd-M5S, il Ritorno”. Una cosa stanca, film bruttino che ti rivedi in tv giusto perché non hai altro da fare, Crimi-Lombardi & C fiaccati dalla seduttività pacata e un po’ ipnotica del “giovane” Letta. Lui che li incoraggia a discutere, ad abbattere i muri, a scongelarsi, e li mette di fronte ai risultati dei loro “niet”. Lombardi che a un certo punto, disorientata, se ne esce totalmente fuori contesto con la questione dei doppi incarichi: suggestiva, per carità, ma che nulla aveva a che vedere con il tema in oggetto, governo e programmi.

Insomma: brutta giornata per il M5S. Una delle peggiori, forse, da quando il Movimento è entrato nelle istituzioni rappresentative, a conferma di quell’arietta che ha cominciato a spirare in Friuli Venezia Giulia, con il deludente risultato del candidato di Grillo alla presidenza della Regione. La sensazione è che Grillo sia un ottimo leader di lotta, ma non altrettanto di governo. Confermata da tutti quelli/e (e sono tanti/e, anche tra i giovani, il loro principale bacino elettorale) vanno dicendo che “la prossima volta non li voto più”.

Questi sono tempi strani: oggi porti un milione di persone in piazza, domani ti ci ritrovi solo con i parenti stretti. Pensate a quello che è capitato con Se Non Ora Quando: l’enorme potenziale del 13 febbraio sperperato per assoluta incapacità politica, e ridotto a ufficio romano di collocamento di 4 candidate 4. Potrebbe capitare anche ai 5 Stelle: cosa che spiacerebbe ad alcuni -per esempio a me, che attribuisco allo scossone benefico della loro presenza quel poco di innovazione che stiamo portando a casa- e invece piacerebbe ad altri.

Al di là di ogni valutazione, è ora che il M5S cambi registro, e anche in fretta. Da tempo suggerisco meno rabbia e un po’ di mitezza gandhiana. Ora mi permetto di suggerire anche una logica di maggiore efficacia qui-e-ora. Che consenta di dire: questo risultato lo abbiamo portato a casa noi, e anche questo e quest’altro.

In caso contrario, i successi del Movimento resteranno affidati unicamente agli insuccessi, agli errori -e alle malefatte- dei partiti.

E tutti continueremo a ballare al ritmo battuto da quel signore che ieri, dal Texas, telefonava a Roma per dettare le sue condizioni, questo sì e questo no, e che resta, al momento, il principale protagonista della politica italiana.

Politica Febbraio 26, 2013

I gravi errori del Pd

Premessa: non è che mi importi poi molto dei partiti. Mi importa delle nostre vite, ecco di che cosa mi importa. Mi importa dei nostri figli. Ma a quanto pare il nostro destino e quello dei nostri figli dipende almeno in parte da faccende come quella che ci ossessionerà nei prossimi giorni, quella della governabilità o ingovernabilità del Paese.

Se vi fate un giro sul questo blog vedrete che ho sempre dato la massima importanza al fenomeno 5 Stelle, invitando il Pd a farci molto seriamente i conti, e a ipotizzare un export a livello nazionale del modello Sicilia, giunta Crocetta e appoggio esterno dei grillini (vedi qui, e poi qui, qui)

Alcuni giorni fa ho postato su Facebook che quello di Grillo sarebbe stato il primo partito. Si sarebbe potuto comprendere anche in extremis, non limitandosi a guardare compulsivamente i sondaggi ma andando carne-e-ossa in una delle piazze dello Tsunami, perché il corpo capisce: dopo aver visto la straordinaria piazza dell’algida Torino, ho preso il metrò e sono andata in Piazza Duomo, e poi mi sono vista Piazza San Giovanni in streaming. E non ho avuto più dubbi: primo partito. Sono stata massacrata e pomodorata, per averlo detto. Anzitutto da militanti, iscritti e simpatizzanti del Pd, che quello che io e altri avevamo visto e sentito non intendevano in alcun modo vederlo e sentirlo.

Il Partito Democratico ha perso, e questi, in ordine sparso, sono stati i suoi più gravi errori:

1. zero rinnovamento, o quasi. Il patrimonio messo insieme con le primarie per la premiership dello scorso autunno, che avevano notevolmente ridimensionato il potenziale del Movimento 5 stelle, è stato sperperato: le primarie di Capodanno sono state riservate ai parlamentari uscenti e ai funzionari di partito. La cosiddetta “società civile” non è passata di lì: chi non era del partito sarebbe stato impallinato dal voto disciplinato e intruppato degli iscritti. Il listino del segretario ha fatto il resto: una marea di derogati, amici e parenti, figlie, mogli di incandidabili… Risultato: le stesse facce di sempre, gente che sta lì da 4-5-6 legislature, una serie di new entry dalla batteria di allevamento, un bel po’ di familismo amorale, più qualche raro innesto “civico” che non poteva certo fare la differenza

2. non aver cambiato la legge elettorale, in modo da continuare a garantirsi la comodità dei listini bloccati, dopo non aver fatto la legge sul conflitto d’interessi, madre di tutti gli errori. C’è stato un anno di tempo per cambiarla, non si è voluto farlo

3. non aver compreso la politicità del Movimento 5 Stelle, liquidato alternativamente e sprezzantemente come antipolitica, fascismo, dilettantismo, populismo, poujadismo, antisemitismo, antifemminismo, emanazione della massoneria, di Rotschild, di J.P. Morgan (giuro, sono girati perfino saggetti e documenti per darne ampia e articolata dimostrazione)

4. sempre per quanto riguarda i 5 Stelle, averlo stigmatizzato come movimento di protesta e non di proposta: le proposte dei 5 Stelle saranno anche opinabili, ma sono chiarissime, disponibili da tempo a tutti gli interessati, e rese lampanti e comprensibili a tutti nel corso dello Tsunami tour. In gran parte, è un fatto inequivocabile, queste proposte sono largamente ispirate ai temi agitati dalle piazze di Occupy Wall Street, di Zuccotti Park, di Plaza del Sol a Madrid e così via, e largamente riconducibili, dallo stop al consumo di territorio alla politica dei beni comuni, a un ambientalismo radicale (contro un Pd che in molte regioni, mi viene in mente per esempio la Liguria, è a pieno titolo il partito del cemento)

5. non aver compreso il tema forte e unificante della visione grillina: quello di comunità solidale. Una visione, un orizzonte a cui il centrosinistra non ha saputo contrapporne di propri, ugualmente chiari e unificanti

6. aver lasciato a Berlusconi il monopolio della questione fiscale, fattore di enorme sofferenza per il Paese, e non avre compreso che il berlusconismo era ancora vivo e vegeto

7. persistere in un atteggiamento di paura e insofferenza nei confronti del Nord, per l’ennesima volta territorio non capito, esorcizzato, tenuto ai margini dei propri programmi e delle proprie iniziative politiche

8. non aver parlato con chiarezza alla piccola e media impresa, scheletro del Paese, a cui Grillo ha riservato il massimo di attenzione

9. non essersi impegnati in modo netto, come invece ha fatto Ambrosoli, candidato presidente in Regione Lombardia, per una drastica riduzione dei costi della politica -taglio degli emolumenti, dimezzamento dei parlamentari, abolizione di province e altri enti inutili-: qualcosa è stato detto, sul tema si è cincischiato, ma tenendolo sempre in ombra. E molto a suo tempo non è stato fatto. Niente a confronto dei parlamentari regionali siculi di Grillo, che già destinano il 75 per cento dello stipendio a un fondo per il microcredito alla piccola e piccolissima impresa

10. aver snobbato la tv, che resta il medium principale nelle campagne elettorali, e continuare a non capire affatto la rete. E non comprendere che produce molti più effetti il video stra-condiviso di Rosy Bindi che caccia da un convegno un giornalista di “Report”, che mille video propagandistici d’autore, peraltro davvero bruttini. La comunicazione del Pd resta molto difettosa: la sensazione è che alla professionalità e al merito si continui a preferire la fedeltà alla causa

11. persistere in una sindrome di superiorità -il solo voto utile e intelligente è quello per noi, chi vota diversamente è un cretino- che eccita e fa levitare comprensibili sentimenti di rivalsa. Essere incapaci di ascoltare le critiche amiche, iscrivendo d’ufficio tra i nemici ogni portatore di dubbi

12. non aver rinnovato la classe dirigente del partito: il vicesegretario Enrico Letta, tanto per dire, è uno che continua a scambiare nemico secondario e nemico principale, forse perché ci ha lo zio, tra i nemici principali, il che gli confonde un po’ le idee. Dopo aver detto nei mesi scorsi: “meglio i voti al Pdl che quelli a Grillo”, dimostrando una certa propensione consociativista e inciuciara, ieri (ore 16) ha affermato che l’unica soluzione era tornare al voto, quindi (ore 22) che al momento quella di tornare al voto non gli pareva la soluzione giusta. Il lamento di Nanni Moretti (“con questi dirigenti non vinceremo mai”) gli si attaglia alla perfezione

13. non capire che al Pd la gente chiede semplicemente di essere un partito di sinistra, che ha a cuore anzitutto l’interesse dei lavoratori, e legare invece fatalmente la prospettiva di governare a un accordo con Monti, che ai lavoratori ha fatto parecchio male, tenendo buono Vendola (che invece, a quanto pare, ha capito). Come se non il Pd non avesse mai davvero creduto alla possibilità di farcela da solo

Potrei continuare, ad libitum (c’è la questioncina Mps, tanto per dirne una).

Serve a qualcosa piangere sul latte versato? Io dico di sì.

C’è da tracciare la rotta, nelle prossime ore. E mi permetto di indicare all’attenzione le poche parole di Grillo via web-radio: ne ha avute per tutti, certo, ma in particolare per Berlusconi, anche lui incredulo per la sua rimonta. Resto convinta che un dialogo tra Pd e Movimento 5 Stelle, modello Sicilia -l’ho scritto tante volte- possa essere una strada efficace. La sensazione -mi sbaglierò- è che anche per Grillo quel centrodestra resti il nemico principale.

 

P.S. Laura Puppato, capolista Pd al Senato in Veneto e già candidata alla premiership, potrebbe avere un ruolo decisivo in un eventuale dialogo con il Movimento 5 Stelle. Grillo la stima, da quando era sindaca civica di Montebelluna: l’aveva nominata “prima sindaca a 5 Stelle”. E poi questi eletti grillini dovrebbero essere in maggioranza elette. Il che dovrebbe facilitare il dialogo.

Un altro esponente del Pd, il neo-onorevole Pippo Civati, Mr Preferenze, ha molte chance di dialogo con i 5 Stelle, a cui ha sempre riservato rispetto e attento ascolto, e con i quali, soprattutto sui temi ambientali, ha sempre avuto molte convergenze. Coraggio!