Ci sono gesti molto più politici di un decreto, c’è un simbolico che sposta di più che mesi e mesi di dibattito parlamentare. Di questi gesti, da parte della ministra del Lavoro Elsa Fornero, ieri ne abbiamo visti due.

La mattina, ricevendo la delegazione dei “giovani”, vedendo che erano tutti maschi ha espresso il suo sconcerto, dicendo che “così non si va da nessuna parte”, e indicando la strada: se vogliamo andare da qualche parte, le donne devono essere protagoniste della politica a tutti i livelli. E’ la prima volta che capita.

La sera, illustrando in conferenza stampa i provvedimenti sulle pensioni, è scoppiata in lacrime mentre stava pronunciando la parola “sacrificio”, senza riuscire a dirla. Lacrime di empatia e di compassione per tutti quelli che soffriranno, a causa di questo provvedimento, dopo un ventennio di sentimenti ad personam. Lacrime, forse, di rabbia, per lo scacco, per non essere riuscita a trovare e imporre un’altra soluzione. Un pianto che dice l’enorme peso della responsabilità, sentita fino in fondo, qualcosa a cui non eravamo più abituati, e forse perfino la colpa, interamente assunta, benché le colpe non siano sue ma interamente di altri. Che racconta più di mille parole la drammaticità di questo momento della nostra storia: questa manovra non ci mette affatto e definitivamente in sicurezza. Che dice l’impossibilità di separare il ruolo pubblico dai sentimenti privati, la finzione di questo dualismo. Che lascia una traccia, un indizio prezioso per un modo femminile di intendere la politica, e per tutte quelle che vi si avventureranno.

Ora analizzeremo la manovra nei dettagli. La prima cosa che mi sono sentita di dire è questa. Che Elsa Fornero è la ministra più bella del mondo.