Potrebbe essere il self-portrait di una generazione -la vera generazione perduta- questa lapidaria frase-testamento (“Ho fatto una cavolata”) lasciata scritta in un biglietto da David Rossi, responsabile comunicazione di Monte dei Paschi di Siena suicidatosi ieri sera. E lo dico con il massimo rispetto, con il più assoluto rispetto.

Sarebbe potuta bastare come sintetica auto-analisi anche per il Pd, che ieri ha tenuto in streaming la sua direzione nazionale. Dove le lancette della Storia sono miracolosamente tornate indietro: sembrava un’assise di qualche anno fa. Una delle cavolate maior, dopo l’exploit delle primarie, è stato riaprire le gabbie ai brontosauri che si sono immediatamente divorati  la tenera erbetta di quella “primavera”. Ma non uno di loro, tra quelli intervenuti ieri, che abbia detto: “Sono alla quarta, quinta, sesta legislatura. Ho fatto una cavolata a ricandidarmi”.

Tra le tante cavolate che ho pazientemente ascoltato -con poche eccezioni, come gli interventi di Laura Puppato, Renato Soru, Pippo Civati– segnalo per esempio quella di Alessandra Moretti, che ha parlato di “presidiare la rete”: due concetti, quello antico e arrogante (e maschile) di “presidio” e quello di “rete” che non stanno insieme neanche a piangere. Perché “presidio” è l’esatto contrario di “rete”. Chi dice “presidiare la rete” non ha capito granché: della rete, dello spirito del tempo, della crisi dei partiti, della leadershit.

Ma la cavolata che ha unificato un bel po’ di interventi è stata la reiterazione di quel “noi” e “loro”: noi, il partito, e loro, i cittadini, gli italiani, gli elettori, la “ggente”. Noi, la politica, e loro che soffrono, sono allo stremo, non campano più. Noi che non siamo stati capaci di intercettare il loro disagio. Anche perché noi a disagio non lo siamo affatto.

Come a confermare: noi non abbiamo esperienza diretta dei loro problemi. Anzi: noi, se non ci fossero loro che ci puntano l’indice, che non credono più in noi e non ci votano, continueremmo a stare alla grande. Accidenti a loro. Perché noi non siamo loro.

Giusto un passetto prima delle “brioches”.

Non un errore di comunicazione, no. E’ uno svarione ontologico.