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coppie di fatto

diritti, Donne e Uomini, Politica, Senza categoria Marzo 26, 2015

Pillola dei 5 giorni dopo: così proprio non va, ministra Lorenzin

Dal punto di vista dei cosiddetti diritti il governo Renzi non è centro-destro, è superdestro: cosa che peraltro non mi sorprende affatto,  era ben nota fin dai tempi delle primarie, a volerlo sapere, quando Renzi era ancora sindaco e di una sua premiership non si parlava.

Niente sulle coppie di fatto, niente sul fine vita (in Francia è stata appena approvata un’umanissima legge che sarebbe piaciuta al nostro Cardinal Martini), la legge 40 sulla fecondazione assistita è impantanata nelle secche di un ri-dibattito parlamentare, la legge 194 sabotata dall’obiezione di coscienza record. E nessuno, tra i dirigenti e le dirigenti del Pd -salvo rare ed estemporanee prese di posizione- che intenda disturbare il manovratore.

Chiedo in particolare alle donne del Partito Democratico: conosceranno pure una coppia di fatto (o magari è la loro stessa condizione), avranno qualche amico o amica LGBT nei guai (o lo saranno loro stesse), capiterà loro di avere amiche o amici infertili (o magari è una cosa che le riguarda personalmente), avranno pure avuto un amico o un parente malato terminale, si saranno una volta nella vita trovate (loro personalmente, o una loro amica, una sorella, una figlia) di fronte alla dolorosa scelta di abortire. Che cosa si sta aspettando per queste riforme a costo zero, e che, anzi, potrebbero pure fare risparmiare un po’ di soldi pubblici?

Quello che è capitato sulla cosiddetta pillola dei 5 giorni dopo è la dimostrazione plastica di quello che sto dicendo: la politica informata da una sottocultura retriva che non corrisponde affatto al comune sentire del Paese. L’Europa dice che quel farmaco (un contraccettivo, non un abortivo) può essere venduto senza ricetta. Il nostro Consiglio Superiore di Sanità non molla: la ricetta ci vuole. Ma l’Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco, non tiene conto del parere e decide diversamente: la pillola si potrà acquistare in farmacia senza prescrizione medica, salvo che nel caso delle minorenni che potranno farsela prescrivere in un consultorio o in un Pronto soccorso. Se non fosse che i consultori sono ormai pochi e depotenziati (questo lo riconosce la stessa ministra Lorenzin) e che in Pronto Soccorso puoi sempre imbatterti in un obiettore superzelante, di quelli che -è capitato- obiettano perfino sull’inserimento di una spirale.

Io non capisco la ministra: la contraccezione d’emergenza non è pur sempre meglio di un aborto, e magari di un aborto clandestino, visto come siamo messi a causa degli obiettori, come nel caso di quella ragazzina genovese che dopo aver assunto un abortivo comprato online ci stava lasciando la pelle? perché ostacolarla, allora? o lei pensa che, trovandosi di fronte a tanti ostacoli, una donna rimasta incinta deciderà di portare avanti la gravidanza? non ci pensa ogni giorno in tutta coscienza, lei che potrebbe fare molto, a quella ragazzina? non ne sente la responsabilità?

Secondo la ministra in realtà va tutto bene. Con astuti calcoli trigonometrici ci informa del fatto che la legge sta funzionando. Interi ospedali che fanno obiezione di struttura, turismo abortivo da una regione all’altra, fatale aumento degli aborti clandestini, il Consiglio d’Europa che ci richiama duramente, le romane che vanno a presidiare il San Camillo per evitare che si insedi un primario obiettore. Ma secondo i suoi conti il servizio è garantito.

E’ anche questo il prezzo delle larghe intese. O forse no, basterebbe la determinazione del premier Renzi a imporre le sue personalissime convinzioni in materia di diritti, manco Mariano Rajoy, e praticamente nessuno nel partito che osi contrastarlo, visto che con le liste semibloccate dell’Italicum sarà lui a decidere chi si candiderà. Il tutto mentre la sua Consigliera di parità si premura di prendere una netta posizione a favore dei quartieri a luci rosse: proprio il mondo alla rovescia.

No, così non va. I diritti sono la carne di noi tutti. E prima o poi il Pd potrebbe trovarsi a pagare un prezzo salato per, diciamo così, tanta reticenza

p.s: Mai dimenticare che le posizioni di Barack Obama in materia di aborto, più ancora che in tema di lavoro, sono state decisive per quel voto femminile che gli ha garantito il secondo mandato.

 

 

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, TEMPI MODERNI Luglio 23, 2012

Coppie gay: 2 padri o 2 madri non sono la stessa cosa

Riduzione del danno, superiore interesse del minore. Per me sono principi politici irrinunciabili. Li metto alla prova dei fatti, e vedo che funzionano.

Sto ascoltando il bel dibattito -molti parlano a partire da sé, ed è una buona cosa- in Consiglio comunale a Milano sull’istituzione del registro delle coppie di fatto (potete seguirlo qui). Quindi, soprattutto delle unioni omosessuali -le coppie etero possono accedere al matrimonio-.

Lo spettro è quello della filiazione. E’ su questo che si agitano le coscienze, ed è un bene che si agitino. Sarebbe irresponsabile che non si agitassero. Trovare l’uscita è molto difficile. A Milano e anche nel resto del Paese ci sono molti bambini di coppie gay. Ci sono GIA’, e vanno tutelati. La serenità dei loro genitori, il riconoscimento dei loro diritti, è la prima tutela.

Resta un nodo enorme che la legge non potrà sciogliere: l’asimmetria tra la filiazione di due donne e quella di due uomini (o di una sola e di un uomo solo, come dirò: l’orientamento sessuale è marginale). Al centro di questa asimmetria c’è la relazione madre-figlio. Nel caso di due lesbiche, questa relazione è mantenuta. Nel caso di due omosessuali maschi, questa relazione è quasi sempre brutalmente recisa. Un uomo che vuole un figlio, che sia omosessuale o eterosessuale, -con un compagno, o tutto per sé- ha due strade: una donna con cui è in relazione che offra i suoi gameti e il suo grembo, e poi sparisca (opzione rarissima); l’acquisto di un ovulo e l’affitto di un utero in Paesi la cui legislazione lo consenta, come la California e il Regno Unito (opzione sempre più spesso praticata). In entrambi i casi, il legame con la madre è reciso. Quella madre (o quelle due madri, la donatrice e la portatrice) DEVE sparire. Al bambino è tolta, non per disgrazia, ma per precisa scelta, la relazione fondativa del suo essere, quella con la madre. Tra il legame con la madre e quello con il padre NON c’è simmetria. Se il bambino senza padre nasce povero, quello senza madre nasce poverissimo. La più povera tra tutte le creature.

Non so riconoscere questo come un diritto, perché contravviene a entrambi i principi politici che mi sono data: fa crescere il danno (aumenta il dolore) e non fa l’interesse del bambino.

Come può, il diritto, rappresentare questa asimmetria?

Bambini così poveri esistono già, e negare diritti a chi ha deciso di chiamarli al mondo presumibilmente li renderebbe ancora più poveri. Ma concedere questi diritti incoraggerebbe queste pratiche. Il dilemma è questo, è tremendo, e appare insolubile.

p.s.  Non è detto che questi padri “soli” siano omosessuali. Non si tratta, cioé, della loro omosessualità, si tratta del loro voler tenere alla larga la madre per le ragioni più svariate, anche per pura e semplice misoginia, o per delirio di onnipotenza. E’ pur vero che questo caso oggi si propone più frequentemente fra i maschi omosessuali che fra quelli eterosessuali. Almeno, fin qui.

p.p.s. L’adozione, ovviamente, è tutta un’altra questione. Lì il danno viene quasi sempre e certamente ridotto -salvo casi limite- e l’interesse del bambino posto al centro.

AMARE GLI ALTRI, Politica, TEMPI MODERNI Gennaio 31, 2012

Un Pd diverso

Mi pareva un po’ strano. Ci ero cascata anch’io, in questo manifesto del Pd. Che in realtà è stato un affettuoso “trappolone” teso da alcuni militanti e deputati omosessuali (Anna Paola Concia, Rosaria Iardino, Aurelio Mancuso e altri) al segretario Bersani. “Vieni che ci facciamo una foto”. Foto di cui poi è stato realizzato un manifesto per il tesseramento che oggi è un po’ surreale vedere in giro per Milano, con il manicomio in corso tra giunta e consiglio comunale sulle coppie di fatto.

Per esempio scrive su Fb il piddino Mattia Abdu: “… alcuni consiglieri del PD e non solo la capogruppo continuano a subordinare il tema del registro alla venuta del Papa, per rispetto alla sensibilità dei cattolici del PD. Se questa la concezione che si ha di rispetto dei cattolici nel gruppo consiliare direi che si sta facendo esattamente il contrario e non è questo il PD che in tanti in questi anni abbiamo contribuito a costruire. Che i due provvedimenti (fondo anticrisi e registro) siano collegati è un’altra forzatura politica di chi non capisce che il PD che vince a Milano nel maggio 2011 è una cosa diversa da quel carrozzone timido e impallato che ha perso elezioni su elezioni da quando è nato …  Ma con chi diavolo volete dialogare??? Con De Corato? Moioli? Masseroli? Morelli? Salvini? Mi dispiace sono molto deluso di come vanno le cose nel gruppo, ma non perderò mai le energie per denunciare che in tanti, la maggior parte direi, abbiamo votato e stiamo in un PD diverso “.

Il silenzio dei dirigenti del partito è fragoroso. Vuoto che viene di volta in volta riempito dalle esternazioni di questo o quell’amministratore, di questo o quel militante. Un dibattitone en plen air, che induce una domanda: ma chi è il Pd? E com’è possibile che la presidente cattolica Rosy Bindi parli di diritti delle coppie omoaffettive e l’atea capogruppo Carmela Rozza dica che per ora “il nostro impegno deve andare al Forum per le famiglie”? . Che cos’è, il mondo alla rovescia?

E un’altra: che cosa diavolo c’entra la visita del Papa con il fatto di concedere qualche minima tutela alle coppie non sposate? E un’altra ancora: perché diavolo si deve continuare a discutere di un tema che è già stato dibattuto per anni e in tutte le salse, quando il registro delle coppie di fatto è un punto di programma della giunta?

E ancora: possiamo continuare a pensare ai cattolici di questo Paese come a un monoblocco di non-laici intenti a tenersi fette di salame sugli occhi, avulsi dalla realtà, illiberali, intolleranti e furenti, tutti ovviamente eterosessuali e omofobi, arcigni, giudicanti e spietati nei confronti dei peccatori non-coniugati? E come possono tollerare i cattolici di essere ritratti in questo modo grottesco, caricaturale e offensivo dal primo politicante da strapazzo, trasformista in carriera che predica male e razzola malissimo, e il cui unico scopo, altro che amor mundi, è raccattare quattro voti?

ambiente, esperienze, Politica, tv Gennaio 15, 2012

Pisapia e la periferia

via padova, milano

Molto efficace il sindaco di Milano Giuliano Pisapia intervistato ieri sera da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”.

Ottimo che sobriamente ma fermamente Pisapia abbia ribadito la sua intenzione di istituire registri delle coppie di fatto, sperando che all’indubbio valore simbolico della scelta -raddoppiato dal fatto che questa decisione per una città come Milano significa l’apertura di una breccia definitiva- si affianchino alcune decisioni di valore pratico, come la possibilità di accedere alle graduatorie per le case Aler. Ottimo che l’abbia annunciato parlando dell’imminente visita del Papa, come a dire che a Milano c’è posto per tutti: questo principio di accoglienza, che è il cuore della laicità, è anche un tratto identitario irrinunciabile della nostra città, che è sempre stata questo, nei secoli dei secoli.

Ottima, infine, la fermezza sull’area C e la limitazione del traffico. Non c’è più alcuna ragione di attendere, domani si debutta, fra 6 mesi si farà un bilancio, secondo la volontà inequivocabilmente espressa dalla maggioranza dei milanesi in un referendum.

Pisapia parlava a una platea nazionale, non solo cittadina, e la sua pacata determinazione sarà senz’altro stata apprezzata dagli “extramilanesi”.

Avrei invece da dire sull’uso del termine “periferie”, che io abolirei tout court dal lessico politico. Il sindaco ha detto che gli assessori “vanno nelle periferie”, che “internet gratuito non sarà solo per i giovani, ma anche per gli anziani e in periferia” (dove peraltro abitano i giovani, non potendosi certo permettere il centro storico), che i provvedimenti sul traffico renderanno “la città più vivibile anche in periferia”.

Io sono convinta che le cose cambiano fuori solo quando fai spazio al nuovo dentro di te, e le parole contano moltissimo. Rinominare la città i termini diversi da “centro” e “periferia”, ovvero in una prospettiva policentrica, in cui cioè ogni quartiere ha la sua vocazione, il suo genius loci, il suo cuore pulsante, il suo proprio centro, la sua bellezza, è un passaggio decisivo per cominciare a vedere e a costruire la città nuova. Se lo fa il primo cittadino impareranno a farlo e ne beneficeranno anche tutti gli altri cittadini, uscendo da una logica “centripeta”, non sentendosi più esclusi dal centro storico ma attratti dal centro dei loro quartieri, imparando ad amarli di più e rendendoli più belli. Se dai corso alla visione, quella diventa vera.

Valga l’esempio a via Padova, diventata suo malgrado il simbolo di tutte le “periferie” -a tre fermate di metrò dal Quadrilatero della moda!- e che con la sua vitalità, i suoi traffici, i suoi suoni e i suoi odori sembra un porto di mare. Ti pare che ci sia una banchina con pescherecci e cargo attraccati, lì dietro! (e invece c’è solo il naviglio Martesana).