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esperienze, Politica Maggio 3, 2015

#NessunotocchiMilano: una città che ha fretta di risorgere

Cittadini anti-graffiti a Milano, via Scaldasole, quartiere Ticinese

Dice 20 mila, il sindaco Pisapia: senz’altro più di 10 mila i milanesi alla manifestazione #NessunotocchiMilano, idea lanciata dal Pd milanese -ma corteo rigorosamente senza bandiere, colonna sonora: “O mia bèla Madunìna” e Inno di Mameli-. Manifestazione che come ha sottolineato in conclusione il cantautore Roberto Vecchioni dal palco improvvisato sulla bellissima nuova Darsena, ha “ripulito la città” ripercorrendo amorosamente le strade devastate il Primo maggio dall’idiozia di decine di teppisti in nero.

I segni ci sono ancora: vetrine sfondate e intonaci graffitati da piazza Cadorna, in via Carducci e via Molino delle Armi. Per rimettere le cose a posto serviranno tempo, squadre specializzate, soldi pubblici. Il lavoro di oggi è stato solo simbolico ma molto preciso e molto forte. La risposta spontanea di una città strutturalmente discreta, che manifesta i suoi sentimenti solo quando sono autentici. E se è vero -ed è vero- quello che «Quel che oggi pensa Milano, domani lo penserà l’Italia» (Gaetano Salvemini), il segnale lanciato è quello di una volontà “risorgimentale”, di una voglia di riscossa che potrebbe traversare elettricamente tutto il Paese. Uno spirito simile a quello che ha accompagnato 4 anni fa il cambio di giunta -e da cui ha preso avvio anche il cambio al governo nazionale- e che sembra voler lanciare una nuova sfida politica per Milano e per l’Italia. Basta alle devastazioni, basta al nichilismo black bloc o di chiunque altro, vuole dire basta a tante altre cose: basta alla corruzione che ci umilia, basta con l’insicurezza quotidiana -una dolce Tolleranza-Zero- basta alla sfiducia ingenerata dalla lunghissima crisi, basta alla politica inefficace, basta alle cretinate “da bere”. Una riconferma di quell’anima storicamente laboriosa, positiva, radicalmente riformista, accogliente e solidale che non smette di costituire il tratto identitario di Milano, e che trova in Expo, al netto delle legittime critiche, un importante catalizzatore.

In testa al corteo, intorno a Pisapia, tutta la giunta e vari consiglieri comunali, il segretario metropolitano del Pd Pietro Bussolati, la sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni e vari candidati in pectore alla poltrona di sindaco, da Emanuele Fiano a Ivan Scalfarotto. Più che “anni Settanta”, come commentava qualcuno, il clima “anni Sessanta” di una città che intende fortemente ricostruirsi a partire dai suoi fondamentali storici, liberandosi dell’inessenziale e degli esibizionismi superflui -senza rinunciare all’allegria- e dando il la al resto del Paese.

Ottimo auspicio per tutti.

Giovane anti-writer

Claudio Bisio con il sindaco Pisapia

Il corteo in corso di Porta Ticinese

 

 

 

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Ottobre 18, 2011

Narcisi, str…i ed esteti della violenza

Ho conosciuto da ragazzina la stagione del preterrorismo, delle piazze violente, dei servizi d’ordine. I black bloc, a cui io toglierei questo nome nobilitante e gasante per chiamarli più propriamente narcisi, imbecilli, irresponsabili o peggio, sono proprio un’altra cosa. Non fanno parte del movimento, come ne facevano parte quei servizi d’ordine, ma sono un corpo estraneo e parassita. Vivono totalmente nell’impero mediatico: quello che desiderano sono solo i riflettori e le telecamere tutti per sé, e fatalmente li conquistano. Non hanno strategia, vogliono solo dare sfogo alla loro ansia di protagonismo violento. Verosimilmente sono infiltrati, e comunque le loro azioni si prestano magnificamente a chi chiede leggi repressive e stati di polizia. E nella situazione sociale ed economica  in cui ci troviamo, lo stato di polizia sarebbe dare fuoco alle polveri.

In breve, sono esteti della violenza, fascistoidi, marinettiani da quattro soldi, e non hanno alcuna legittimazione politica. Le nuove generazioni le abbiamo viste politicamente al lavoro in occasione dell’ultima tornata elettorale amministrativa. Scrivendo di loro, dopo averli conosciuti, ne parlavo così:

I giovani hanno anche lavorato sodo per la vittoria del centrosinistra. Come per Zedda a Cagliari e per De Magistris a Napoli, anche per lo staff di Pisapia si è trattato di un contributo decisivo. Hanno lavorato gratis, portando in dote tutto il loro know how di nativi digitali –senza la rete questa svolta sarebbe stata impensabile-, la loro velocità, i flash mob, la naturalezza nel fare squadra: l’individuo per loro non esiste, la rete non è solo il medium, è il messaggio. L’altro pezzo della dote è stato la non-violenza, il non-odio. Questa dei figli dei baby boomer è una generazione innocente e quieta, che ha avuto la fortuna di non conoscere il male. L’etica e l’estetica resistenziale, che hanno nutrito l’immaginario militante della nostra generazione, si è esaurito. Noi occhiuti, sempre all’erta, alla ricerca di nemici, e questi che non lottano neanche contro i loro genitori. Non capivamo che cosa fossero, e qui si è visto: post-antagonismo, non-violenza, non-individualismo e rete, è questo a comporre la cifra. Oltre a un forte europeismo. Risposte virali e interstiziali, il nuovo che prende forma in micro-pratiche quotidiane, infinitesime, reticolari, subliminali. Un linguaggio più femminile che maschile”. 

Ditemi voi che cosa c’entra quel manipolo di str…i con questa magnifica generazione.

Donne e Uomini, Politica Ottobre 16, 2011

Ecco perché toccava alle donne

Il 13 febbraio si è svolta in tutte le città italiane una manifestazione immensa, con ogni probabilità la più grande che si sia mai vista nel nostro paese, e totalmente pacifica, indetta dalle donne di Se non ora quando. Lì non si sono visti black bloc né altri imbecilli: e smettiamola di nobilitarli con questo nome suggestivo, le parole contano tantissimo. Lì non era proprio aria. Le forze dell’ordine hanno osservato i cortei che sfilavano e le piazze che si riempivano in tutta tranquillità. Lì non era possibile pensare di infiltrare provocatori e violenti. I black bloc e gli infiltrati sono sempre maschi. Dove ci sono tante donne, c’è maggiore sicurezza sociale.

Ecco perché anche questa piazza avrebbero dovuta chiamarla le donne: in tante e tanti guardavano a loro, per l’iniziativa. Non avremmo visto le cose che abbiamo visto ieri, o si sarebbe comunque trattato di episodi marginalissimi. Non avremmo assistito a questo rigurgito di passato, che non esprime affatto lo spirito del tempo ma solo il cretinismo e l’irresponsabilità di chi crede che la violenza sia legittima e che costituisca una soluzione. C’erano anche altre ragioni per questa piazza, prima fra le quali tornare a mostrare la soggettività politica femminile, ribadire che non è stata episodica, che senza una radicale femminilizzazione della rappresentanza e delle istituzioni, con tante donne e nei modi delle donne, ogni cambiamento in questo paese sarà fittizio.

Se non ora quando ha scelto un altro percorso: non una nuova piazza, ma il cammino per la costruzione del futuro politico imminente. Io credo che si sarebbero potute fare entrambe le cose. Il disastro di ieri a Roma mi conferma nel mio convincimento. Oggi sono pentita per non aver insistito.