Nel milanese una giovane medica dell’ospedale San Raffaele, Valeria Orlandi, 28 anni, ha ucciso la moglie del suo ex-amante -anche lui medico, 61enne-, Patrizia Reguzzelli, 58 anni casalinga. La ragazza e l’uomo, Marzio Brigatti, avevano avuto una storia per quasi due anni, e avevano vissuto insieme per un po’. Poi lui aveva deciso di tornare dalla moglie, che aveva maternamente perdonato. Pare che le due donne si parlassero al telefono, che la ragazza non si desse pace, torturando la rivale ma anche aggrappandosi a lei, dicendole che quell’amore non era affatto finito, forse implorandola di levarsi di mezzo. E la moglie, che aveva una figlia più o meno di quell’età, costretta a essere materna anche con la sua antagonista, in quel complesso gioco di specchi -desiderio di distruzione, identificazione, lampi di amore e di compassione reciproca, solidarietà, maternage e affiliazione- che si crea tra due donne che si contendono lo stesso uomo.
L’altro giorno le due donne si incontrano in un parcheggio alla periferia di Pioltello. L’uomo sa dell’incontro, incoraggia la moglie al chiarimento definitivo, le chiede questo plus di amore e di aiuto. Ma la discussione si accende, l’odio monta e travolge tutto, la ragazza chiude gli occhi e sgozza la donna con un coltello che aveva portato con sé. Poi scrive un sms a lui: “E’ successa una cosa grave”. E va a lavorare, cercando invano di nascondere le macchie di sangue.
Questa storia è infinitamente triste. Parla di una ragazza disperata, resa folle dall’incapace di accettare l’abbandono. Di una donna inchiodata al ruolo di madre responsabile di tutti, della figlia, del marito, dell’amante del marito, costretta a perdonare, a comprendere, a cercare le mediazioni, e infine a morire. Di un uomo classicamente infantilizzato, che dopo averla fatta piuttosto grossa, provocando sofferenze, non riesce a sbrogliare la matassa da solo.
Pietà per tutti. Per la vittima, per quest’uomo debole, e per quella ragazza assassina. La condizione dell’amante è tragica. Non l’auguro a nessuna.