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AMARE GLI ALTRI, Corpo-anima, Donne e Uomini, esperienze Dicembre 15, 2011

Non punire quella mamma

Ieri all’ospedale San Paolo di Milano una giovane rumena ha lasciato l’ospedale, è lì il suo bambino, poche ore dopo aver partorito. Ora è ricercata per abbandono di minore, anche se non ci sono certezze sulle sue generalità.

Mi sembra una vera follia. Se una donna partorisce e lascia il suo bambino al sicuro, in ospedale, con la certezza che sarà dato un adozione e troverà una famiglia, è assurdo che venga perseguita. La legge dispone che una partoriente possa non riconoscere il neonato: la ragazza probabilmente non lo sapeva, e si è arrangiata così.

Leggo nell’articolo del Corriere che ogni anno nei nostri ospedali circa 400 bambini vengono lasciati dalle madri subito dopo il parto: 7 volte su 10 si tratta di straniere, nei restanti casi di italiane giovanissime. E si osserva che queste donne probabilmente ignorano che nel nostro paese l’aborto è legale. Non mi pare una lettura corretta del fenomeno.

Va detto, intanto, che accedere all’interruzione di gravidanza in ospedale oggi è diventato difficilissimo, che l’applicazione della legge 194 è a rischio da anni. Ma va detto soprattutto che, legge o non legge, se una donna vuole abortire trova sempre il modo per farlo. Se queste donne non abortiscono, portano a termine la gravidanza e poi lasciano il bambino in ospedale, è perché hanno scelto quest’altra strada, è perché vogliono mettere al mondo quel bambino anche se non se ne prenderanno cura. E se hanno scelto quest’altra strada è per un insindacabile complesso di istinto e motivazioni razionali che è molto difficile  districare.

Le cose da fare sono molto chiare: garantire un’effettiva e capillare applicazione della legge 194; aiutare e sostenere le donne che vogliono tenersi il loro bambino ma non ne hanno i mezzi; dare la massima pubblicità al fatto che la legge consente loro di non riconoscerlo e di “darlo” in adozione, e non perseguire quelle che, non sapendolo, hanno “abbandonato” il piccolo in ospedale.

O c’è il rischio di soluzioni ben più tragiche: bambini partoriti di nascosto e in solitudine, e lasciati morire in qualche cassonetto.

 

Corpo-anima, TEMPI MODERNI Aprile 24, 2010

RISCHIO PREZZEMOLO

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“Senti: ho un problema”: e indichi il basso ventre. Lo spacciatore capisce al volo: “Torna domani sera”. “Quanto?”. “Cinquanta”. Al momento della consegna ti spiega come fare: “Se vedi troppo sangue vai in ospedale. Di’ che sei caduta”.  Il misoprostolo, una prostaglandina, è il principio attivo di un diffuso antiulcera. Inserito in vagina procura aborto. Se non riesci a fartelo dare senza ricetta in farmacia, a Milano lo trovi alla stazione, dove si compra il fumo e altro, sotto il metrò, in certi negozietti cinesi. E’ la “Ru486” da strada. L’aborto chimico in ospedale funziona in modo simile: primo step, mifepristone, secondo step prostaglandina. Qui del primo step fai a meno. Passi direttamente alla fase espulsiva. Ci sono siti, come Womenonwaves e Nice-a-beauty, che tra un’informazione sulla lipo e una pubblicità alle faccette dentali ti spiegano come devi fare ad abortire, in tutte le lingue del mondo.  Se in strada non ti va, puoi comprare online. Il kit lo trovi in molte “farmacie” virtuali, con foto di staff medici rassicuranti e sorridenti. Prezzi variabili, dai 70 ai 200 euro (agli ospedali viene sui 40). Pagamento con carta di credito, confezione discreta che ti arriva entro due settimane. In vendita anche preparati taroccati: non abortisci ma ti scassi il fegato. “E’ la magistratura che deve intervenire” dice Eugenia Roccella, sottosegretario alla Sanità: “Stiamo valutando la possibilità di un esposto”.  Sta di fatto che all’Istat risulta un inspiegabile surplus di 14 mila aborti spontanei. Target dello spaccio, straniere irregolari, ma probabilmente anche molte ragazzine: di tutti gli aborti in ospedale, solo il 2-3 per cento riguarda minorenni, contro il 15 per cento europeo. I conti non tornano. Quante fanno da sé? Esistono anche mammane chimiche: a Padova è stata scoperta una “clinica” clandestina fornita di un migliaio di pillole.  Perché oggi una ragazza dovrebbe rischiare e pagare, visto che la Ru486 si trova in ospedale? Semplice: “In ospedale sei costretta al ricovero” spiega Alessandra Kustermann, che dirige il Pronto soccorso ostetrico ginecologico della Mangiagalli. “Se una minorenne vuole abortire senza dirlo in famiglia si fa autorizzare dal giudice tutelare. Ma l’aborto chirurgico è in day hospital, la sera sei a casa, mentre con la Ru486 resti minimo 3 giorni: così dispone la legge italiana (Emilia a parte). Un’adulta può firmare per uscire, una ragazzina no. Ci vorrebbe di nuovo il giudice”. C’è anche che tante ragazze confondono Ru486 e pillola del giorno dopo: confusione catastrofica. Diverso il meccanismo d’azione, diversi soprattutto gli effetti.  La Ru486 si presta molto a un uso in proprio (e improprio). La tentazione fai-da-te è molto forte. Ma se c’è una cosa certa, è che non può essere autogestita. L’assistenza medica è indispensabile. Perfino in Cina, dove è in atto una feroce campagna di controllo delle nascite e la salute delle donne non è mai stata fra le priorità, il farmaco è stato ritirato dalle farmacie dopo dieci anni di vendita libera. Oggi si usa solo in ospedale: qualcosa di tremendo deve essere capitato.  Il dibattito ideologico –tra uomini- non ha favorito la corretta informazione. Ma qui è questione di salute, non di scambi politici. I fogli del consenso alla Mangiagalli di Milano spiegano che dopo avere assunto in successione i due farmaci ti prendono crampi che in 3 casi su 10 richiedono un antidolorifico –di tipo oppiaceo: quelli normali avrebbero un effetto anti-prostaglandinico-. Mal di testa (20-30 per cento), nausea (40-60 per cento), vomito e diarrea. In 7 casi su 1000 le perdite diventano emorragie da trattare con raschiamento, in 2 casi su 1000 addirittura con trasfusioni. C’è il rischio –raro- di setticemia da Clostridium sordellii e Clostridium perfrigens (da un caso su 1000 a uno su 10.000). Si muore dieci volte di più che per aborto chirurgico: 1 caso su 100.000 contro 1 su un milione.  A me, se posso dire, è andata in questo modo: l’attesa; il senso gelido di qualcosa che si spegneva; poi il sangue, le contrazioni feroci; l’espulsione e il “prodotto” da raccogliere per mostrarlo al medico. Una settimana di pena. Chiedo scusa, ma quando va bene un aborto chimico va così. Non Ru486, nel mio caso, ma methotrexate: l’unico sistema per interrompere una gravidanza ectopica che di sicuro ci avrebbe uccisi in due. Ma almeno psicologicamente il decorso è lo stesso. Con l’aggravio del senso di colpa, quando non è terapeutico e hai “scelto”.  Comunque la si veda, è una cosa per spiriti forti. Il ginecologo Pier Giorgio Crosignani ha parlato di “invasività psicologica”. La German Society of Gynecology and Obstetrics, di “considerevole violenza psicologica”. Inclusa la possibilità di riconoscere l’embrione espulso, come capita a buona parte delle donne.  Una nuova libertà? Per i medici -7 obiettori su 10- senza dubbio. “Temo che promuovano l’aborto chimico” dice Eugenia Roccella “per scaricarsi il problema dalle spalle”.  Alessandra Kustermann si è sempre battuta per l’introduzione della Ru486, ma è convinta che resterà una scelta di poche: come in Germania (2-3 per cento), negli Usa, in Olanda, ampiamente sotto il 10 per cento. Si supera invece il 30 in Francia, in Svezia, in Gran Bretagna (dove si fa fino alla nona settimana). “Ci sono paesi” dice “dove l’aborto chirurgico non ti viene nemmeno proposto, se sei entro la nona settimana. Ma da noi il limite per l’aborto chimico è la settima. Hai pochissimo tempo per decidere e organizzarti”. E aggiunge: “Resto per la libera scelta. Ma i mass media non aiutano, con questa favola dell’aborto facile. A mia figlia consiglierei l’aborto chirurgico: pochi minuti in anestesia o in sedazione ed è finita”. Anche in Francia, dove siamo quasi al 50 per cento di aborti chimici, ti avvisano: se abiti a più di un’ora di macchina da un ospedale, se vivi sola, se sei un tipo ansioso, lascia perdere la Ru386.  Se poi credi di poter fare da te, corri dei rischi supplementari. Quello di non valutare le controindicazioni, per cominciare: insufficienza surrenalica, assunzione di anticoagulanti, terapia cortisonica prolungata, allergie, ipertensione e altro. Di fare male i conti e utilizzare i farmaci ben oltre la settima o nona settimana: puoi anche espellere un feto vivo, e perfino il disinvolto sito Nice-a-beauty avverte che l’esperienza non è piacevole. Di sottovalutare sintomi come una febbre o un’emorragia cospicua. Di assumerla in caso di gravidanza extrauterina, accertabile solo con esami ecografici: pericolo assoluto.  Perché la Ru486 non diventi il nuovo prezzemolo, è necessaria una riflessione supplementare. Almeno per le ragazze, bisogna che ci pensiamo ancora un po’.

da Io donna-Corriere della Sera del 24 aprile 2010

Corpo-anima Aprile 8, 2010

ABORTO ONLINE

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Anche laddove -la normativa è regionale- sarà disposto il ricovero e non il regime di day hospital per la somministrazione della pillola abortiva RU-486, nessuno potrà impedire alla donna di firmare per le dimissioni immediatamente dopo la somministrazione. Probabilmente la pratica sarà favorita, anzi, data la difficoltà di trovare un posto letto e di fornire assistenza a pazienti che peraltro si sentono perfettamente bene. La norma del ricovero, pertanto, si presenta dal principio come ipocrita. Ma è anche una norma pericolosa, perché molte donne, e specialmente le minorenni, pur di aggirare la burocrazia imposta, il colloquio con lo psicologo, il giudizio dei medici obiettori, eccetera, opteranno per il fai da te: la pillola si compra tranquillamente online -nella formulaziono originale o taroccata- con tanto di istruzioni per l’uso. Peggio ancora, la pillola potrà essere acquistata, gestita e somministrata da mammane chimiche, con tutti i rischi del caso.

Nella loro scelta -ricovero sì o no- le regioni dovranno pertanto considerare tutte queste possibili conseguenze, e attenersi a un principio regolatore assoluto: la salute delle donne. La lotta contro l’aborto è giusta e sacrosanta, ma aumentare il rischio e la sofferenza per le donne non ci avvicina di un millimetro all’obiettivo di ridurre gli aborti.

P.S. IMPORTANTE! Ragazze, se siete incinte e volete abortire, scegliete comunque l’ospedale, non fidatevi dei farmaci in vendita online! Se non ve la sentite di parlare con le vostre madri, chiedete consiglio a un’amica più grande, che vi aiuterà a trovare il medico!

Politica Marzo 23, 2010

IL RITORNO DEL RIMOSSO

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L’aborto continua a essere una questione politicamente decisiva. Al centro delle necessarie mediazioni messe in atto da Obama-Pelosi per portare a casa la riforma sanitaria americana, un po’ a sorpresa l’aborto diventa politicamente discriminante -almeno nelle intenzioni della Cei- anche alle prossime elezioni regionali nel nostro paese: “Non votate gli abortisti”, ha detto Bagnasco ai cattolici, con particolare riferimento a Emma Bonino.

Che cosa ne pensate? Vedete una strumentalità, nel porre la questione a poche ore dal voto? E i cattolici risponderanno all’appello?

Donne e Uomini, Politica Novembre 27, 2009

ARRIDATECE LE MAMMANE

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Il Senato ha bloccato la messa in vendita della Ru486, la pillola abortiva. In sostanza, sarà necessario un altro passaggio -più o meno lungo- nelle apposite commissioni governative per una nuova valutazione della sicurezza del farmaco e delle procedure di utilizzazione. Intanto l’Aifa, Agenzia per il farmaco, sta studiando con i suoi legali la possibilità di procedere contro lo stop politico. La cosiddetta “pelle delle donne” è terreno di contesa ideologica ed economica, oltre che di esercizio di pessima retorica. Con il cambio generazionale e l’arrivo di nuove leve mediche –tutti obiettori, per coscienza o per carriera- abortire in ospedale è diventato complicatissimo. L’unica cosa certa è questa: che se una donna, anche con dolore, ha deciso di abortire, non la ferma nessuno.

E allora grazie, facciamo da noi. Arridatece le mammane. Con tutte le garanzie igienico-sanitarie, stavolta. Depenalizziamo. E’ l’unica strada.

OSPITI Dicembre 2, 2008

LO SPAZIO IN MEZZO di Luisa Muraro

Su Chiesa e omosessualità, ricevo e pubblico un intervento della filosofa Luisa Muraro.

Oltre a danneggiare la Chiesa, pensi tu Marina che questa presa di posizione del Vaticano abbia l’effetto di ostacolare la campagna della depenalizzazione? Gli ostacoli sono già tanti e decisivi, temo, il che deve suggerire un’ipotesi: forse ci sono altri effetti che questa presa di posizione del Vaticano persegue, uno potrebbe essere di marcare una vicinanza con l’Islam, e di restare così nell’area della religiosità sentita e praticata, restarci in maniera concorrenziale, distante dal dilagare di permissività e di diritti a gogò che va in circolo con la crescente indifferenza religiosa.

luisa muraro, "il dio delle donne"

luisa muraro, "il dio delle donne"

La questione che io sollevo diventa allora un’altra, ed è che si sta confondendo i diritti con la depenalizzazione, esattamente come si è fatto con l’aborto (che è argomento ben diverso, intendiamoci). In
entrambi i casi, si crede che depenalizzare sia uguale a sancire un nuovo diritto relativo al comportamento depenalizzato. Tu dici, come altri: che i comportamenti omosessuali siano giudicati un peccato, io non lo credo ma ammetto che la Chiesa possa insegnarlo. Secondo me, la fai troppo facile, devi considerare che questo è troppo poco dal punto di vista di coloro che pensano che sia un peccato, per loro bisogna anche che la cultura lo faccia sentire come tale, altrimenti…

A me pare di vedere che c’è un margine per uno scambio, direi quasi una trattativa fra le due posizioni, ed è questo. C’è sotto un errore, si crede che, fra riconoscere un diritto e vederci al contrario un reato, non ci sia niente di mezzo, e a causa di questo niente di mezzo, qualcuno ha creduto giusto mantenere la condanna penale. Ma è sbagliato e bisogna adoperarsi a mostrarlo, come noi femministe a suo tempo abbiamo insistito che è sbagliato parlare di un diritto d’aborto, è sbagliato anche legalizzarlo (come poi si è fatto) e che la strada giusta è la semplice depenalizzazione, in quanto questa riduce l’ambito degli interventi del diritto penale ampliando l’ambito di altri possibili interventi. Ma quali sarebbero, nel caso dell’omosessualità?

Uno ne vedo, che forse sono molti: combattere il disprezzo per favorire la consapevolezza e la conoscenza, che sono sicuramente strade per uscire da comportamenti coatti e dal vittimismo sempre in cerca di risarcimenti e compensazioni.

Ciao, Luisa Muraro.