Sto seguendo la serie “The Exorcist”, lì c’è un gruppo di suore che adotta uno strano rituale. Invece di combattere il demone che si è impossessato di un essere umano, lo blandisce amorosamente, cercando di farlo rialzare dalla caduta e di riportarlo a Dio. Non odio, ma compassione. Non so se funzioni, non mi intendo di esorcismi.
Ci ho pensato stamattina quando ho appreso che stanotte, mentre la città dormiva, il ragazzo tunisino Anis Amri, presunto ma neanche tanto presunto killer di Berlino, veniva fermato e ammazzato a Sesto San Giovanni, a qualche chilometro da casa mia e a migliaia di chilometri da casa sua in una notte fredda ma nemmeno troppo, a poche ore dalla notte fredda in cui la Luce tornerà nel mondo per illuminarci.
Forse è stata questa vicinanza fisica, poco più di un fiato. Ammazzato sotto casa di un’amica che in verità non si è accorta di niente. Grazie a quegli agenti che hanno corso un pericolo tanto grande. Ma dal mio cuore ha cominciato a sgorgare compassione per quel povero giovane diavolo assassino. Non sono riuscita a fermare questo sentimento inconsulto che mi ha colto alla sprovvista, in genere io questi li odio, impegno contro questi macellai tutto quel poco di odio che ho a disposizione. Ho bene in mente tutto, le teste mozzate, le donne rapite e violate, il sangue, il dolore, quella meravigliosa ragazza maciullata dal camion scagliato contro il mercatino di Charlottensburg.
E mi faccio tutte le domande del caso: come diavolo ha potuto attraversare indisturbato mezza Europa, come mai nessuno l’ha visto, che cosa ci faceva in piena notte nel centro addormentato di Sesto San Giovanni? Avrebbe ucciso ancora? E quanti ce ne sono come lui, borderline tra psicopatologia e fondamentalismo, lì a poche fermate di metrò da dove corre la mia vita, dalla cucina dove mi appresto a lavorare per la cena di Natale, dove avrò a tavola il mio ragazzo, coetaneo del giovane assassino, dove le mie piante stanno già buttando le gemme in questo inverno tanto tiepido.
Non so bene che cosa farmene di questa compassione per un ragazzo che è morto in un modo così orrendo e soprattutto che ha vissuto in modo tanto orrendo. Un passaggio terreno, il suo, che ha causato tanto ingiusto dolore, e che certamente non è stato felice. Un Povero Diavolo, come si dice. La sua carne morta in qualche morgue, morta come la carne delle sue vittime.
Mi sento in colpa per la pietà che provo, non so se è bene che io l’abbandoni in fretta o se devo seguire il suo filo. Io dico sempre che quando vedo passare nel fiume il cadavere del mio nemico non provo alcuna letizia ma solo amarezza, mi viene da tirarlo fuori dal fiume, da scuoterlo e svegliarlo. Mi viene da dirgli: perché? non si potevano aggiustare diversamente, le cose? com’è che sei diventato un diavolo? che cosa ho fatto io per impedirtelo? che cosa me ne faccio, ora, del tuo corpo morto?
Lo dice in modo mirabile Alda Merini, in una magnifica poesia che ho letto sul wall di un’amica e che mi dà parole più precise: “E poi ti trovi che un giorno sei tu/ ad avere l’arma ma non spari/ perché colpire chi ti ha ferito/ non te ne importa più nulla”.
Somiglia così tanto al cuore dello scandalo cristiano: ama il tuo nemico. E chi è capace di farlo?
Tanti auguri di Buon Natale.