Debora Serracchiani ieri a Milano tra il segretario regionale Pd Alfieri (a sinistra) e il segretario cittadino Bussolati

In apertura della Festa Nazionale dell’Unità a Milano, la vicesegretaria Pd Debora Serracchiani ha così commentato l’entusiasmo del Meeting di Comunione e Liberazione per il premier Matteo Renzi: I voti di Comunione e Liberazione? E’ un’occasione per allargare il nostro consenso. Ci fa piacere quando una parte del Paese guarda al Pd non come a un problema ma come a una soluzione”.

A parte ogni possibile considerazione sulla mutazione genetica, antropologica e politica di Serracchiani, tema che forse meriterebbe un post a parte, colpisce moltissimo anzitutto un fatto: che di Milano la politica non–milanese continua a non capire un accidente di niente. Serracchiani perpetua la tradizione.

Venire a raccontare ai piddini milanesi, che della politica e dell’affarismo ciellino hanno ampia e consolidata esperienza, che in fondo i voti di Cielle al Pd non sarebbero un male, ha tutta l’aria di un atto suicida (unitamente al definitivo “vedremo” sulle primarie per il sindaco). Come parlare di corda in casa dell’impiccato. E infatti oggi circola molto malumore tra iscritti e militanti, che possono rassegnarsi a mandare giù Verdini, forse perfino Alfano, ma il Celeste Formigoni proprio no.

Forse, umilmente, la piccola Serracchiani avrebbe dovuto assumere qualche informazione in più sulla cittadina in cui stava comiziando, che non è proprio Butroto, o quanto meno consultarsi con la segreteria locale prima di slanciarsi sul Patto di Rimini, che sta vedendo il Pd lasciare non poche penne tra le aiuole dei Giardini Pubblici, sede della Festa.

Se poi il Pd pensa di accaparrarsi i voti di Cielle… be’, è molto più probabile che un’opa di Cielle si magni il Pd. Al Celeste non la si fa.

Su, usciamo da Rignano sull’Arno.

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