I quotidiani di ieri e di oggi sono pieni di commenti orripilati sulla stra-vittoria di Jeremy Corbyn, nuovo leader dei laburisti britannici. Corbyn sarebbe un orribile estremista che canta Bandiera Rossa, piace a quel pauperista di Ken Loach, va solo in bici, non stira le magliette, è addirittura vegetariano e astemio e dice che dei soldi non gli importa nulla perché gli basta poco per vivere. Un mostro.
Per il premier conservatore David Cameron, con un leader del genere il Labour è diventato “una minaccia per la nostra sicurezza nazionale, per la nostra economia e per le nostre famiglie”. Moltissimi giovani inglesi invece sembrano entusiasti di questo vecchio downshifter che non parla affatto di violenza rivoluzionaria ma anzi, buddisticamente, di compassione, solidarietà, pace, giustizia sociale, ambiente. Di una politica “più educata, più rispettosa ma anche più coraggiosa”. Della legittima aspirazione a “una casa a un prezzo accessibile, un posto di lavoro sicuro, un sistema sanitario fidato e una pensione dignitosa”. In effetti, un mostro.
Segue analisi del sangue: è un populista? non lo è? di che bestia si tratta?
A me pare che Corbyn, salvo sorprese, sia uno che non dice cose poi tanto diverse da papa Francesco. Che guarda alla sofferenza umana e pensa che compito della politica sia anzitutto offrire risposte ai bisogni più elementari, tipo il pane e un tetto. Che papale-papale –appunto- dice che il presente modello sviluppista e governato dalla finanza internazionale rende molto problematico il soddisfacimento di questi bisogni. E che sia quindi necessario approssimarsi a un cambio di paradigma, che lui testimonia già qui e ora con la lieta e non frustrata semplicità del suo stile di vita.
Davvero strano che si possa pensare, e anzi pretendere, che milioni di persone in difficoltà economiche e sociali, private di diritti fondamentali, continuino ad accettare supinamente e non provino nemmeno a cambiare le cose, facendo la loro politica e scegliendo leader che sappiano interpretarla.