Come tanti sono rimasta sconvolta ascoltando Bruno Vespa raccontare dell’industriale dell’Aquila “felice” davanti alle macerie della sua fabbrica, perché “adesso la rifaccio più bella”. “Questa”, ovvero la ricostruzione post-terremoto, ha detto Vespa “sarebbe una bella botta di ripresa per l’economia perché pensi l’edilizia che cosa non potrebbe fare“.
Ancora più preoccupante la replica del ministro Graziano Delrio: “Adesso L’Aquila è il più grande cantiere d’Europa e anche l’Emilia è un grandissimo cantiere in crescita, farà Pil“. E Bruno Vespa: “Darà lavoro ad un sacco di gente“.
La verità, e gli ambientalisti lo dicono da almeno trent’anni –e nel frattempo terremoti, esondazioni, alluvioni, frane: almeno un disastro l’anno- a dare “lavoro a un sacco di gente” sarebbe un vero piano Marshall di risanamento ambientale, un ritorno alla cura del nostro territorio bellissimo e fragile, il patrimonio più prezioso che abbiamo.
Questi trent’anni -anzi molti di più- di abbandono, sfruttamento, speculazione, cementificazione, corruzione, incuria, hanno prodotto migliaia di morti, molto dolore, molta distruzione, molta povertà materiale e morale, e l’arricchimento di pochi al danno del bene di tutti.
Non può essere la logica del business (“una bella botta di ripresa per l’economia”) a sanare i danni prodotti dal business. Ciò che sanerà questi danni è la riduzione del business.
Scrivo dalla Liguria, regione bellissima e martoriata dalla “rapallizzazione” dagli anni Sessanta a oggi, dalla glassatura cementizia speculativa che ha ridotto la capacità di assorbimento delle acque causando le mostruose inondazioni che sappiamo, dall’edificazione di nuovi porti e porticcioli, il succulento business dei posti barca che ha prodotto erosioni e modificazioni della costa, dall’abbandono dei parchi naturali dati in gestione a un notabilato politico arrogante e incompetente, dal disboscamento, dall’abbandono dei muri a secco, vero esoscheletro di questa terra aspra. E sui tavoli dei sindaci resistono ancora progetti di ecomostri che non ci si rassegna ad archiviare. Solo per la resistenza accanita di pochi illuminati che si sono tenacemente opposti alle speculazioni qualche lembo di questo territorio ha mantenuto la sua incontaminata bellezza.
La logica degli affari con annesse corruttele non può che moltiplicare il danno, altro che “botta di ripresa”. Le popolazioni locali vengono spesso ingannate con questi stessi argomenti: non opponetevi a questo o a quel progetto: vuole dire posti di lavoro, vuole dire ripresa. E invece solo lo stop a questa logica, in nome della sicurezza bene comune, può produrre una ripresa effettiva e a vantaggio di tutti.
Le parole di Vespa mi hanno stupito anche perché in netta controtendenza rispetto a una sensibilità che ormai mi pare radicata e diffusa: la gran parte dei cittadini e delle cittadine è finalmente pronta a questa decisa svolta ambientale, al piano Marshall che dicevo. Centinaia di ragazzi tornano alla terra, le facoltà di agraria registrano un boom di iscrizioni.
Il terribile male del terremoto in centro Italia, se in tanto dolore ha portato un bene, non è certo quello di una “ripresa dell’edilizia”. Al contrario. Il bene è quello della consapevolezza, dell’attenzione generale a quello che capiterà in quei territori straziati, con particolare riferimento alla mostruosità della corruzione e degli sciacallaggi affaristici. Il bene è aver capito che così non si può più andare avanti, e che è arrivato il momento di voltare pagina tutti insieme per costruire ciascuno per quello che sa e che può. Il bene è un ritrovato senso di comunità da opporre all’orribile egoismo dei pochi.
Scrivo dalla Liguria, dicevo, ma vivo a Milano dove sto per tornare. Lì le cose, con il contributo di tutti, per la volontà di tutti, si sono rimesse a funzionare. Non mancano problemi ancora aperti, ma si sono moltiplicate le opportunità e si è molto alzato il livello dell’attenzione. Dopo un lungo e doloroso ciclo negativo, Milano ha ritrovato la sua identità e il suo progetto. La svolta l’abbiamo voluta tutti, e per il bene di tutti. Abbiamo spinto insieme, e i risultati ci sono stati. Nel maggio 2015 un enorme corteo spontaneo è sceso in piazza contro gli imbrattatori e i sabotatori che avevano sporcato la città in occasione dell’apertura di Expo. Quel corteo ha rappresentato perfettamente lo spirito della città, che non ha alcuna intenzione di tollerare interruzioni del processo virtuoso.
Ecco: come sapete, le cose politiche rilevanti di solito capitano prima a Milano, città-laboratorio, e in seguito si propagano al resto del Paese. Credo che siamo a questo punto. Credo fermamente che il processo virtuoso in corso nella mia città sia pronto a riprodursi ovunque. Sono sicura che siamo al punto di svolta, occasione grande che va capita, colta con fiducia e non ostacolata.
Questo è il cantiere che si deve finalmente aprire. Quello della fiducia, quello della comunità coesa intorno a un obiettivo. Questo è il bene grande che ci viene dal terribile male, dallo straziante dolore che abbiamo visto e ancora vediamo in quelle terre devastate dal sisma. Sisma che, colgo l’occasione per dirlo, non è buono né cattivo, non è opera del demonio, come ho sentito dire- oltre a tante cretinate pure questa-: è solo il pianeta che si assesta, le cose vanno in questo modo, e la specie umana non è onnipotente.
Ritrovare il senso del limite può aiutarci a fare le cose giuste. Siamo ancora in tempo. Ho molta fiducia.