Il travaglio di Pippo Civati è stato lungo, doloroso e sbeffeggiato. Non si molla da un giorno all’altro qualcosa che è stata la tua vita. Ora il travaglio si è concluso, e a sentirsi poco bene sono tanti altri, in un partito, il Pd, che in forza della governabilità –nessun dubbio sul fatto che il Paese debba essere governato-, ha ridefinito un passo dopo l’altro i suoi fondamentali in direzione di un blairismo all’italiana. Si tratterà di capire se e quanto si sono ridefiniti anche i suoi elettori: la grande manifestazione dei prof contro la “buona scuola” (slogan: “Renzi + Giannini peggio di Gelmini”), qualche dubbio lo autorizza. Perfino nel premier che, forse per la prima volta, si allarma di fronte al rischio di emorragia di consensi e si vede costretto a un parziale marcia indietro.
Primo banco di prova per Civati, fra 3 settimane, le regionali liguri: un successo del progetto Rete a Sinistra per Pastorino presidente potrebbe delineare il perimetro e il potenziale di una Podemos italiana. I temi ci sono già tutti: ambiente –la situazione in Liguria è drammatica, dopo anni e anni di partito trasversale del cemento, e non è ancora finita-, e poi lavoro e diritti. Temi liguri e nazionali, inestricabili l’uno dagli altri.
Il rischio zero-virgola per un nuovo progetto politico è direttamente proporzionale agli Ingroia e ad altri personaggi già prontissimi a scendere dal carro perdente per farne perdere un altro. Eterno riciclo degli uguali.
In Italia il posto di Podemos è già abbondantemente occupato dai 5 Stelle, al netto delle relazioni pericolose con Farage. Poi c’è il civismo “risorgimentale” milanese, senz’altro il più interessante tra i nuovi prodotti politici (come sempre, del tutto incompreso a Roma), con l’aspirazione del sindaco uscente (o rientrante) Pisapia a farne un prodotto politico nazionale. Se la Liguria sarà il primo banco di prova, Milano dovrebbe essere il secondo.
La scena mi pare questa.
L’ho già detto, ridico come la penso: come l’Angelus Novus di Walter Benjamin, si tratterebbe di abbandonare le rovine, anche le proprie, un’idea pavloviana di sinistra con le sue parole d’ordine inutilizzabili, i suoi rituali consumati, le sue logiche inservibili, la volgarità dei suoi laicismi, le sue barbe e le sue maschere. Di mettere al centro la “natura” sacrificata, il femminile del mondo, la mitezza, la pace e la cura di tutto ciò che è piccolo e dipende da noi, e di garantire a ciascuno ciò di cui ha bisogno per una buona vita, che è molto più dell’uguaglianza.