Il governatore De Luca è uno di quei vecchi signori per i quali le donne che fanno politica costituiscono ancora una fastidiosa o folkloristica eccezione alla regola del “for men only”, e che approfittano di tutte le occasioni dare sfogo alla propria irriducibile misoginia.
Ora, non c’è dubbio che a Roma le cose non stiano funzionando come dovrebbero: a un mese dalle elezioni, di giunta neanche l’ombra. E De Luca è più che legittimato a dare addosso anche con veemenza all’avversaria politica Raggi. Anzitutto, però, dovrebbe riconoscerla come avversaria politica, e non diminuirla dandole della “bambolina”. A chi ti attacca politicamente puoi replicare, se il piano invece è quello dello sprezzo misogino, adottato allo scopo di indebolirti e di indicarti come inadeguata perfino alla dialettica tra parti avverse, la possibilità del confronto è tolta all’origine.
La misoginia è sempre riconducibile alla paura, come si vede perfettamente nei piccoli maschi. Uno dei momenti iniziatici decisivi nel passaggio alla virilità adulta è la differenziazione dalle “femmine” attraverso il disprezzo, la presa di distanza da quel corpo di donna, tua madre, del quale sei stato tanto bisognoso e con il quale ti sei confuso per lungo tempo, credendo di essere tutt’uno con lei.
Il passaggio serve a dire: io sono io, non ho più bisogno di te, non ho più paura del tuo abbandono, sono più forte di te, ti tengo sotto il tallone.
Non ci si aspetterebbe da un signore di età e di esperienza come De Luca che sia costretto a reiterare il rito del disprezzo alla prima occasione: il processo di individuazione-separazione dovrebbe averlo completato da tempo.
Quanto poi all’“imbambolamento“: nessun dubbio che Raggi manifesti qualche difficoltà, che tutte e tutti ci auguriamo possa essere superata in tempi rapidi. Ma se c’è qualcosa che davvero ci imbambola è vivere in un Paese -parte di un’Europa che si affida sempre di più alle donne, dalla signora Merkel alle nuove leader politiche britanniche chiamate ad aggiustare i guai procurati da vari maschi fuggitivi- in cui la misoginia continua ad avere campo politico.
E ci imbambola anche la tenacia di un familismo che consente al signore in questione procurare a un figlio un posto di assessore, e di prenotare per l’altro una sedia da parlamentare.