Esiste un modo inequivoco per rappresentare quella “discontinuità” e quel cambiamento che si invoca al tavolo delle trattative giallo-rosse, un’uscita che darebbe un senso allo spettacolo poco edificante a cui assistiamo da giorni. Soluzione che probabilmente, se sono veri i rumour, non sarebbe affatto sgradita al presidente della Repubblica: “una” donna alla Presidenza del Consiglio -tocca ancora dirlo in questo modo-.

Una  parte significativa del movimento politico delle donne scende nell’agone senza essere stato invitato e stavolta indica “quella” donna in Mariana Mazzucato, economista italo-americana docente Economia dell’innovazione e del valore pubblico all’Università di Londra e fondatrice-direttrice dell’Institute for Innovation and Public Purpose (IIPP).

Nata a Roma, cresciuta e formatasi negli Stati Uniti dove ha cominciato a insegnare, madre di 4 figli, Mazzucato è autrice di numerosi saggi, l’ultimo pubblicato da Laterza nel 2018, Il valore di tutto. Chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale. In sintonia con molta critica femminista all’economia globale (un nome per tutti, la teologa ed economista elvetica Ina Praetorius, autrice di Penelope a Davos e di L’economia è cura)  Mazzucato parla di “rottura” del modello capitalistico causato dalla finanziarizzazione dell’economia (la finanza che finanzia la finanza), di necessità di cambiare la logica degli investimenti pubblici e privati, di sostenibilità ambientale e di giustizia sociale.

Con tutta la sua carica innovativa, il profilo internazionale e il portato di competenza, il nome di Mazzucato -circolato insieme a quello di altre possibili candidate, come Marta Cartabia, vicepresidente della Corte Costituzionale (che però si è sfilata dalla partita) e Paola Severino, vicepresidente della Luiss già ministra della Giustizia nel governo Monti- potrebbe davvero sparigliare, restituendo campo allo sguardo e all’autorevolezza femminile di cui la politica italiana continua ostinatamente e insensatamente a privare il Paese.

Se il Pd, vincendo le resistenze correntizie, proponesse il suo nome per la premiership, molto difficilmente il M5S troverebbe motivazioni per respingerlo.

Almeno ci si provi.

 

 

 

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