Un ragazzo mi dice: “Io non me ne voglio andare. Io voglio restare in Italia”. Mi si stringe il cuore, la rabbia mi invade. Un sacco di suoi amici sono già partiti, in Inghilterra, in Germania, in Brasile, in Australia. Emigranti con il trolley, ma emigranti. Tanti invece lottano con le unghie e con i denti per restare. E’ una lotta con se stessi, non solo con il mondo fuori. L’informazione: “Siete la generazione perduta” è definitivamente introiettata. Una delle più sporche e riuscite operazioni di propaganda di questo secolo. Come dire: siete degli zombie, siete già mezzi morti, siete dei cagnetti randagi, accontentatevi delle ossa che vi lanciamo.
Non è vero niente. Resistete soprattutto a questa falsa informazione. Non siete affatto la generazione perduta. Siete una generazione che avrà moltissimo da inventare. Una nuova civiltà economica. Una nuova civiltà politica. Un altro modo di studiare e di lavorare. Caricatevi di tutta l’energia che serve per questo compito gravoso e bellissimo.
“Chi definisce chi una generazione perduta?”, si domandava Hemingway. Risposta (mia) chi ha tutto l’interesse a mantenere lo status quo, e a bassissimo costo. Quasi il 40 per cento dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni è senza lavoro. Quelli che lavorano, lavorano in condizioni pessime e con paghe infime. Notizia di oggi, il boom di iscrizioni alla facoltà di ingegneria a Milano. Lesson number one: fate gli ingegneri o i “bocconiani” (l’idea della lost generation nasce in quell’ambiente) solo se pensate che sia davvero quella, la vostra strada. Un ingegnere infelice è anzitutto un infelice, e probabilmente un disoccupato.