Chiara e Laura sono in coppia. Si sono sposate in Spagna e hanno deciso di avere un figlio. Ricorrendo a una pratica non infrequente tra le coppie di donne -anche se piuttosto spericolata- una delle due donne mette a disposizione il suo ovocita, fecondato con seme di un donatore, e l’altra il suo corpo per l’innesto dell’embrione e la gestazione.

Dico spericolata perché il prelievo di ovociti è una pratica certamente rischiosa: le stimolazioni ovariche comportano rischi a breve e a lungo termine, rischi riconosciuti da centinaia di studi. Anche la salute del bambino corre pericoli: è ormai accertato che i nati da Pma sono a maggior rischio di tumori infantili e di altre patologie, connatali e no. E’ preferibile non ricorrere a Pma se non in casi di effettiva necessità, che in questo caso non c’era. Si trattava unicamente di dare corpo alla fantasia di un’impossibile omofecondità. 

La legge spagnola consente queste manovre (mentre, è bene ricordarlo, anche in Spagna l’utero in affitto è vietato). Quando Juan viene al mondo viene registrato all’anagrafe di Barcellona con i cognomi di entrambe le donne -indicate come progenitrice 1 e 2- ma non acquisisce la cittadinanza di quel Paese, dove non vige lo ius soli. Le due donne si rivolgono al comune di Perugia, loro città d’origine, per trascrivere l’atto di nascita e far acquisire a Juan la cittadinanza italiana. Ma il sindaco rifiuta la trascrizione dell’atto in quanto contraria all’ordine pubblico. Parte la battaglia legale.

Juan sta per compiere un anno (è nato il 27 dicembre 2016) ed è privo di ogni diritto di cittadinanza, in Italia e in Spagna: niente sanità, niente nido. Un bambino fantasma, a cui sono negati anche i diritti che vengono riconosciuti agli apolidi.

Una sentenza della Corte di Appello di Trento attualmente al vaglio della Cassazione ha riconosciuto la paternità a una coppia di uomini -uno il padre genetico, l’altro semplicemente il suo compagno -padre del terzo tipo, l’ho chiamato io, senza legami né biologici né adottivi- e una sindaca lombarda ha registrato all’anagrafe una coppia maschile nella stessa situazione. I legali delle madri di Juan faranno certamente riferimento a questi precedenti per ottenere la registrazione e la cittadinanza del bambino.

Ma si tratta di situazioni affatto diverse. 

La madre (semper certa) di Juan qui c’è, ed è colei che l’ha partorito. Questo fatto non può essere negato. E’ il no del sindaco di Perugia ad essere contrario all’ordine pubblico. Qualunque donna partorisca un bambino, anche se nato da eterologa (ovvero da donazione di ovocita, consentita anche in Italia) viene riconosciuta come madre dal nostro ordinamento. D’altro canto qui c’è anche la madre genetica che, diversamente dalle ordinarie ovo-fornitrici -che vendono gli ovociti e poi spariscono- rivendica i propri diritti di madre. E anche questi diritti vanno presi in considerazione.

Servirà una soluzione “creativa”.

Ma sarebbe un grave errore paragonare questa vicenda, dove c’è un “plus” di madre (non solo quella, semper certa, che ha partorito, e che il bambino riconosce come sua madre, ma anche quella che ha fornito il patrimonio genetico) alle coppie omogenitoriali maschili (dove c’è un solo padre genetico, quando c’è, e la madre è cancellata, così come la donna che ha fornito l’ovocita).

Questo pari-e-patta non esiste, ed è solo un prodotto ideologico, da una parte -dei pro- e dall’altra -dei contro-. In particolare questo pari-e-patta serve agli uomini a spese delle donne, che sono semplicemente madri, etero o lesbiche, e non “omogenitrici”. La parità è un trompe-l’oeil, e lo è soprattutto in fatto di riproduzione.

Le donne non sacrifichino più la loro possibilità di essere madri al servizio delle pretese maschili, che le esigono alleate e solidali in una battaglia che non le riguarda. 

Sul fatto di fare i figli nel modo in cui li ha fatti la coppia di donne di Perugia-Barcellona si possono esprimere obiezioni di ogni tipo, a cominciare dalle serie riserve che ho espresso sopra riferite alla salute delle donne e delle creature. Ma nessuno potrà mai impedire a una donna di essere madre, così come obbligarla a esserlo, perché il fatto di diventare madre non è nella disponibilità di alcuna legge, lo è solo della singola donna che decide.

 

Si riconosca subito colei che l’ha partorito come madre certa di Juan. Per l’altra si troverà una soluzione.

Buon Natale, Juan bambino.

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