Molte e molti probabilmente pensano che i favorevoli all’utero in affitto -soprattutto chi fa profitti con questo colossale business- premano perché la pratica sia lecita e regolamentata anche in Italia.
Le cose non stanno esattamente così, e per almeno due ragioni:
1. la strada è impervia, e se aveva qualche teorica e vaghissima chance con i governi precedenti le recenti dichiarazioni del neo-ministro dell’Interno spazzano ogni dubbio: non ci sarà alcuna regolamentazione della Gpa in Italia, almeno fintanto che durerà questa legislatura
2. i committenti in realtà non hanno alcun interesse che la madre cosiddetta surrogata -nonché l’ovo-fornitrice- abiti nel loro stesso Paese: potrebbe cambiare idea, piantare una grana anche dopo anni… Meglio una povera donna lontana migliaia di chilometri, molto più facile liquidarla con un po’ di soldi e cancellare la sua esistenza. 
Anche per questa ragione, per esempio, oltre che per spendere meno, gli australiani vanno in Cambogia o si rivolgono al mercato nero cinese nonostante il loro Paese ammetta la pratica (sono solo 18 su circa 200 le nazioni del mondo in cui la Gpa è regolamentata).
La prima linea della battaglia quindi -lo indico soprattutto alle e ai resistenti- si sposta nelle anagrafi dei comuni, e in assenza di precise indicazioni da parte del Ministero degli Interni  la responsabilità è  tutta dei sindaci. Che in qualche caso, per sembrare moderni e up to date, registrano con disinvoltura  i “due padri”, con tanto di champagne e album delle foto: come il sindaco di Gabicce Domenico Pascuzzi, la cui decisione oggi è al vaglio della Procura per sospetta violazione dell’ordine pubblico, che si difende dicendo: “Mi sono fidato del giudice americano e ho visto che in Italia l’hanno fatto anche altri”.
In altri casi, come quello del sindaco di Milano Beppe Sala, si fa una differenza tra coppie di donne, in cui la madre esiste ed è certa, e coppie di uomini: “Abbiamo fatto richiesta al governo di avere indicazioni anche per le famiglie con due padri: senza madre certa ci possono essere irregolarità”.
Va anche detto che non di rado nel caso delle coppie di donne l’ovocita è di una -madre genetica- mentre la gravidanza è condotta dall’altra (che la legge riconosce come mater certa): pratica che comporta rischi per la salute di entrambe le donne e del nascituro.
Da registrare anche il netto no della sindaca di Coriano Domenica Spinelli, che ha rifiutato l’iscrizione di due bambini nati all’estero e presentati come figli da una coppia di uomini, e ha scritto al Ministero degli interni e della Famiglia per avere chiarimenti.
Si attende pertanto che il ministero degli Interni, a cui competono lo Stato Civile e l’ordine pubblico, emani direttive chiare e certe a cui i sindaci possano e debbano riferirsi.
Molto importante potrebbe essere il pronunciamento della Cassazione, atteso da più di un anno, sulla famosa sentenza di Trento, che attribuiva la bi-genitorialità a due uomini.
Forse ancora più importante, però, la sentenza della Corte Costituzionale, pubblicata nel novembre scorso, che stigmatizzando duramente il ricorso a utero in affitto e ribadendo il diritto del bambino alla verità sulle proprie origini, indicava l’adozione in casi particolari come possibile strumento per garantire al minore la continuità affettiva.
Un pronunciamento rilevante, che in attesa di direttive chiare può orientare fin d’ora l’operato dei sindaci.
 
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