Sabato sera, su un treno che corre in mezzo alla pianura. Sale a Codogno una signora nera con i più incredibili capelli che io abbia mai visto. Una massa di centinaia di treccine color bronzo raccolte in un torchon barocco e compatto che le ricade a metà schiena. Le colonne dell’altare maggiore a San Pietro. Gliele strapperei una a una, quelle trecce superbe. La lascerei spennata come un pulcino. Quel tesoro lo vorrei tutto per me: sana, purissima e infantile invidia per quella meraviglia della natura.
Poco più tardi, sul metrò giusto, qualche raro italiano oltre a me –siamo sempre i più eleganti…- e poi una gran quantità di filippini, marocchini, cingalesi, peruviani, senegalesi, ucraini, moldavi, croati. Mi pare di essere all’estero. Mi ricordo da ragazzina le prime volte che andavo a Parigi, l’odore eccitante delle spezie e del kebab, tutte quelle facce nere e quei vestiti colorati. Non parliamo di New York, razze mai viste, tipo gli aborigeni australiani. Li abbiamo anche qui, adesso. La mia preferenza, devo dire, il mio gusto degli altri è per la festosità latinoamericana. Mentre –razzismo compatibile- detesto quel puzzo d’aglio, specie in metropolitana: ma quanto diavolo ne mangiano? anche la mattina, poi?
Capisco all’improvviso, catastroficamente, lo capisco nella carne, voglio dire, che d’ora in avanti si dovrà tenere conto anche di loro. Qualunque cosa abbiamo in mente di fare –aprire un negozio, fare un nuovo giornale, scrivere un libro-, andrà fatto anche per loro, pensando a loro. Capisco che se le cose andranno al loro meglio, ed è quello che tutti speriamo, il “noi” e il “loro” si stempereranno rapidamente: avete in mente certi ragazzini neri come la pece che già parlano un lombardo magnifico, certi occhi azzurri con la plica mongolica? Capisco che la nostra razza bianchiccia, esangue e procreativamente stipsica dovrà mischiare il proprio genio e i propri geni ai loro, per durare ancora qualche annetto.
Mi rendo conto che i leghisti si arrabbieranno. E del resto, più meticcia di me, dalla Germania al profondo sud… Indovina chi invito a cena?
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)

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