Le dichiarazioni del ministro per la Famiglia Fontana sull’omogenitorialità scoperchiano un pentolone ribollente: si capisce che, com’è giusto, le cittadine e i cittadini vogliono potersi formare un’opinione, dare vita a una pubblica discussione, partecipare a qualsivoglia decisione che riguardi il tema della nascita umana.
Ascoltando stamattina un dibattito su Radio Anch’io mi sono resa conto che c’è molta confusione.
- L’idea di fondo è che sia quasi solo l’Italia -Paese bigotto e così via- a proibire l’utero in affitto e che la pratica sia lecita nel resto del mondo. Non è affatto così: la Gpa è vietata in tutto il mondo tranne che in 18 nazioni su circa 200. Le ragioni del divieto sono sempre le stesse: no allo sfruttamento delle donne e al mercato dei bambini, no alla mercificazione della relazione più stretta che tutti abbiamo conosciuto -come figlie e figli- e che la grande parte delle donne conosce anche dall’altro lato, come madri.
- Un’altra inesattezza riguarda il cosiddetto “vuoto normativo” nel nostro Paese: nessun vuoto normativo. La legge 40 (art.12 comma 6) vieta esplicitamente la pratica e anche la propaganda alla Gpa. Il divieto è rafforzato da una recente sentenza della Corte Costituzionale (novembre 2017) che stigmatizza in modo nettissimo l’utero in affitto («offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane») e si esprime con chiarezza anche per quanto riguarda la trascrizione degli atti di nascita registrati all’estero, ribadendo il diritto del minore alla verità sulle proprie origini (quindi no all’alterazione di stato civile, trascrivendo come padre o madre il-la partner della madre e del padre biologico), ma salvaguardando la continuità affettiva del bambino/a attraverso lo strumento dell’adozione in casi particolari. E’ per questo che si deve lottare, ma la battaglia non parte. In ogni caso, legge 40 e sentenza della Consulta offrono già ai sindaci chiari strumenti per orientarsi sul tema dei bambini nati da utero in affitto: no alla trascrizione e all’alterazione di stato civile. Ma i sindaci conoscono davvero questi riferimenti normativi? E’ molto importante che li conoscano perché i pro-gpa si mostrano molto più interessati a continuare a cercarsi una gestante all’estero -sarebbe più molto più difficile levarsi definitivamente dai piedi un’italiana, correndo il rischio che cambi idea- e chiedere la trascrizione del certificato di nascita che a ottenere la regolamentazione in Italia. Ancora, un obbrobrio sentito a Radio Anch’io: solo la trascrizione in atto pubblico dell'”altro genitore”, quello non biologico, come genitore a tutti gli effetti garantirebbe “la piena genitorialità”. Non è così. Anche l’adozione consente la piena genitorialità.
- Nelle sue dichiarazioni il ministro per la Famiglia sorvola sulle coppie di donne, limitandosi a un rapido accenno. Imbarazzo che tradisce la consapevolezza di una verità inaggirabile: non esiste parità tra uomini e donne sul fronte procreativo. Non è possibile alcun pari e patta tra coppie di uomini e coppie di donne. Questo inganno paritario serve strumentalmente agli uomini per impalcare un proprio presunto diritto. Ma questa parità non esiste: nel caso degli uomini che ricorrono a utero in affitto ha un senso parlare di omogenitorialità o perfino di xenogenitorialità: si ricorre al mercato e a biotecnologie non banali, si tratta di estrarre ovociti dal corpo di una donna che non li rilascia naturalmente, mettendo a rischio la sua salute, di comprarli, di fecondarli in laboratorio, di reimpiantarli nel corpo di un’altra donna. Nel caso delle donne si tratta invece semplicemente di maternità. C’è una donna che in piena consapevolezza decide di diventare madre, “procurandosi” del seme maschile, naturalmente destinato a staccarsi dal corpo, quindi senza conseguenze per la salute dell’uomo, facilissimamente “procurabile” via rapporto sessuale, o avendolo in dono da un uomo con cui è in relazione, o trovandolo sul mercato dei gameti. Vero che in Italia questo mercato non è consentito, e che le donne single non possono accedere alla fecondazione eterologa (possono, per esempio, in Francia e in Spagna). Ma configurare come reato il fatto che una donna abbia avviato una gravidanza, in che modo lo saprà lei, appare grottesco, e anche il ministro lo sa. Resta il fatto del diritto del nascituro alla verità sulle proprie origini: anche qui lo strumento resta quello dell’adozione in casi particolari, l’altra madre sarà madre adottiva e con pieni diritti e doveri. Tanto più che “l’altra madre” può non essere la partner della madre, ma anche una sorella, un’amica, una qualunque donna con cui la madre voglia condividere l’esperienza di crescere quella bambina o quel bambino, come capita frequentemente alle donne che spesso hanno un’altra ad affiancarle nel loro compito.
- Vi è una questione di giustizia da considerare. Se io come madre naturale di un bambino dichiaro all’anagrafe come padre un uomo che invece non lo è, vengo perseguita per avere dichiarato il falso. Non è chiaro per quale ragione io non debba essere perseguita-o se dichiaro ciò che è evidentemente falso, cioè che la-il mia partner è madre-padre tanto quanto me. Vi è qui, tuttavia, una complicazione: accade che nelle coppie di donne una dia l’ovocita e l’altra conduca la gravidanza, perseguendo un’illusione di omofecondità. Questa pratica va in ogni modo scoraggiata, perché comporta rischi per la salute di entrambe le donne, a cui tocca sottoporsi a pratiche invasive e trattamenti ormonali pericolosi, e anche per la salute del nascituro: i bambini che nascono da fecondazione assistita sono purtroppo a maggior rischio statisticamente significativo di svariate patologie, fra cui numerose patologie oncologiche. Ma questi casi di “scambio” ovocita-gravidanza non sono pochi, e il diritto dovrà considerarli.
- In ogni caso si deve distinguere con chiarezza tra il tema della genitorialità omosessuale e quello dell’utero in affitto. Due uomini possono crescere un bambino che hanno adottato, o che uno dei due ha avuto da una relazione con una donna. L’adozione è un gesto di grande umanità e generosità, che sana la ferita dell’abbandono o della perdita della madre. L’utero in affitto, al contrario, procura la ferita della separazione dalla madre e il rischio di una situazione psicologicamente complessa, con cui la nata e il nato dovranno i conti per tutta la loro vita. L’utero in affitto minaccia la civiltà umana mercificando il legame tra la madre e il figlio.
- Non è più rinviabile la battaglia per l’adozione aperta a tutti -sempre nel prevalente interesse del minore-, battaglia che nel mondo Lgbt non parte, rivelando la netta preferenza per il figlio bio (vale anche tra gli etero). Purtroppo la diffusione del mercato biotech, che nel suo complesso secondo alcune stime arriverà a realizzare un fatturato di oltre 20 miliardi di dollari nel 2021 nonostante il numero incredibilmente scarso di “bambini in braccio” rispetto al numero di cicli intrapresi e gli alti costi per la salute fisica e psicologica soprattutto di donne e bambini, ha fatto crollare i numeri delle adozioni. Una battaglia per la riforma delle adozioni, anch’esse inquinate dal business, non è ulteriormente rinviabile. Così come una battaglia per la prevenzione dell’infertilità -in grande parte dei casi prevenibile-. La legge 194/78 prescrive l’impegno per prevenzione, ma in tanti anni su questo fronte non è mai stato fatto nulla.
- Vale infine la pena di ricordare che la sinistra di tutta Europa è contraria all’utero in affitto, pratica ritenuta sfruttatoria e mercantile -da Melenchon, alla sinistra svedese, a Podemos-. Le inchieste governative promosse da vari governi hanno sancito l’inaccettabilità della pratica. Il report del governo francese parla di “riprogrammazione cognitiva delle gestanti”. Tra le prime dichiarazioni della neoeletta vicepresidente del Consiglio spagnolo Carmen Calvo il suo fermo no all’utero in affitto. Il movimento Lgbt spagnolo, dimostrando una sorprendente maturità, ha respinto la proposta di regolamentazione della Gpa promossa dai Ciudadanos. Nel resto d’Europa sono le destre a promuovere il biomercato. Da noi abbiamo Nichi, una sinistra incredibilmente misogina e la paura di sembrare antimoderni.