Mi scrive un’amica a proposito della sentenza di Trento che ha riconosciuto come genitori entrambi i componenti di una coppia gay: e che cosa avrebbero dovuto fare le giudici -sono tre donne-, togliere loro i bambini?

Assolutamente no, sarebbe una mostruosità. I bambini hanno 6 anni e quella è la loro famiglia.

In questione non era questo. In questione c’era la richiesta da parte della coppia –padre biologico l’uno, il suo compagno l’altro- che il nostro Paese riconoscesse entrambi gli uomini come genitori dei gemelli nati da ovodonazione e affitto di utero in Canada.

La sentenza ha dato loro ragione. Non solo il padre biologico, ma anche il suo compagno dovrà essere riconosciuto come genitore. Attenzione: non come genitore adottivo –non si tratta di adozione- ma come genitore tout court.

come si configura una genitorialità che non sia né biologica né adottiva? Su che cosa si fonderebbe, questa genitorialità “del terzo tipo”? Non si dovrebbe essere più cauti –nel caso delle giudici, caute- quando si vanno a toccare i fondamentali?

E invece a quanto pare esistono due padri, equiparati in tutto e per tutto, e nessuna madre. Il posto della madre è occupato dall’altro padre, che la sostituisce e la surroga, anche se si fa chiamare padre. La madre surrogata è lui.

Quanto alla madre vera, quella che i bambini avrebbero riconosciuto come la loro madre, e che per la nostra legge è la loro madre (semper certa, colei che partorisce) dalla sentenza scompare totalmente. E’ fantasmizzata. Non è nemmeno una madre, è solo un utero affittato. Una temporary location. “Un surrogatO”, come si dice sempre più spesso, de-matrizzando e de-femminilizzando.

Quella donna non esiste. Senza di lei non sarebbe nato nessuno, ma la sentenza è interamente occupata dai due padri e dai due bambini.

La sentenza di Trento è un passo avanti verso la cancellazione della madre e la scomparsa delle donne dalla scena procreativa. 

Vale la pena di analizzarla perché sì, si tratta di una sentenza storica, da cui certamente dipenderà il futuro della surrogacy nel nostro Paese: ricordiamo che oggi la pratica è espressamente vietata dalla legge 40 che proibisce e sanziona anche la propaganda (art. 12 comma 6: chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro).

Vediamo alcuni passaggi della sentenza.

  • a pag. 3 si sostiene che la coppia di uomini “per soddisfare la comune aspirazione alla genitorialità” faceva ricorso “alla procreazione medicalmente assistita all’estero”. Quindi si classifica l’affitto di utero come una delle tante metodiche di fecondazione assistita. Ma pagare una donna perché faccia un bambino e lo consegni in cambio di soldi non può essere ritenuta in alcun modo una pratica  terapeutica contro la sterilità. Qui non ci troviamo in presenza di un’infertilità patologica e curabile, ma di un’”incurabile” sterilità fisiologica: una coppia di due uomini è sterile. Fatto forse doloroso, ma inaggirabile.
  • a pag. 5 ci si riferisce all’”incompatibilità –temporanea– della norma straniera con la legislazione nazionale vigente” e anche più oltre, a pag. 15, si parla di principi… modificabili a opera del legislatore, per poi tornare sul tema anche a pag. 16. Esprimendo nemmeno troppo velatamente l’auspicio che prima o poi anche l’Italia si adegui, diventando finalmente un Paese “moderno” e “civile”. Modernità a cui tuttavia perfino la civilissima Svezia intende sottrarsi, avendo recentemente ribadito, dopo un’attenta indagine governativa, l’assoluto divieto di Gpa.
  • a pag. 16 si introduce finalmente il concetto di “interesse superiore del minore, che a quanto pare coincide con l’essere separato dalla madre, pagata per questo. Più avanti si menziona la convenzione di New York sul “diritto del fanciullo a preservare la propria identità… senza ingerenze illegali”. Ma per la legge del nostro Paese l’ingerenza illegale sarebbe il contratto di surrogazione.
  • a pag. 17, riferendosi a una sentenza della Cassazione, si osserva che “le conseguenze della violazione delle prescrizioni e dei divieti posti dalla legge 40… non possono ricadere su chi è nato”: il fatto è che le vere conseguenze per chi è nato provengono dal fatto di essere venuto al mondo per contratto da una donna che si è fatta pagare per partorire e levarsi subito di torno. Queste sì, sono temibili conseguenze per la vita di quella creatura.

La sentenza di Trento è davvero storica perché spalanca la porta all’utero in affitto –bio-business stramiliardario in aumento esponenziale e sempre a caccia di nuovi mercati-, “normalizzando” la pratica, che resta sullo sfondo come realtà acquisita, e rimuovendo a vantaggio dei potenziali clienti ogni remora derivante dall’incertezza dei legami giuridici con il genitore non-biologico. Vale per le coppie dello stesso sesso come per quelle eterosessuali: qui è stato riconosciuto come genitore un “padre” né biologico né adottivo, allo stesso modo potrebbe essere riconosciuta come madre (non biologica né adottiva, ma semplicemente madre “del terzo tipo”) la donna che non ha partorito quel figlio e non ha messo a disposizione i suoi ovociti.

Della sentenza colpisce soprattutto lo scarso rilievo dato alla nostra legislazione in materia di Gpa, legislazione ritenuta necessariamente provvisoria, transeunte e modificabile, e la mancanza del benché minimo tono sanzionatorio, anche solo moralmente, per chi secondo la legge italiana ha commesso un reato.

I legislatori, ovvero il Parlamento, dovrebbero fare valere le proprie prerogative: e invece, al netto dei commenti negativi da parte di settori del centrodestra, e non così tanti –e degli imbarazzanti festeggiamenti sui media mainstream- la sinistra tace compattamente e ostinatamente per mere ragioni di opportunismo pre-elettorale. 

Il popolo nella sua stragrande maggioranza resta contrario all’utero in affitto e nonostante la propaganda martellante continua a percepire la pratica come una grave violazione dei diritti umani, in coerenza a quanto espresso dal Parlamento Europeo.

Ma la sua voce non si ascolta da nessuna parte.

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