Che siano stati i brutti voti, o una paghetta insufficiente, o una punizione, o una relazione familiare difettosa; che l’amico si sia fatto coinvolgere per soldi, o perché era plagiato, o invece era lui a plagiare l’altro; che sia stato per la cocaina, i videogiochi, le giornate vuote: qualunque spiegazione ci verrà data del fatto di un figlio che decide di ammazzare a colpi d’ascia i propri genitori, com’è capitato qualche giorno fa nel Ferrarese, ci lascerà insoddisfatti.

Per uccidere i suoi genitori, anche lui con l’aiuto di amici complici, Pietro Maso ci mise 53 minuti. 53. Un’ora di botte, sprangate e tentativi di soffocamento. Lì si trattava di eredità: vi è mai parsa una vera spiegazione?

Angelo Izzo, l’assassino del Circeo, ragazzo borghese, brillante e intelligente, da adulto in semilibertà ha ammazzato una donna e sua figlia adolescente: mentre la bambina agonizzava, si è seduto a tavola per mangiare un boccone, nell’attesa che morisse. Serve una spiegazione? E quale vi accontenterebbe? Vendetta? Amore respinto? o anche qui, una questione di soldi, un ricatto, che cosa?

Qualunque spiegazione, in storie come queste, e specialmente nel caso dei matricidi e patricidi, colpisce per la sua irrilevanza. Non dà mai pienamente conto del dolore, dell’orrore, alla violazione di ogni fondamentale umano.

“Il diavolo”, si diceva una volta. E ci si metteva in qualche modo il cuore in pace, rinunciando alla tentazione di qualunque psicologismo, o sociologismo con cui cerchiamo di spiegare l’inspiegabile. Si prendeva atto dell’esistenza del male, ci si rassegnava alla sua banalità e al fatto che ad alcuni toccava in sorte di testimoniarlo, incarnarlo, portarlo dentro di sé.

Illuministicamente cacciata dalla porta, l’allegoria potente rientra dalla finestra di un inconscio collettivo che recentemente si esprime in una cospicua produzione paraletteraria –quella, per esempio, di acclamate serie tv, da “The Exorcist” a “Outcast” a “True Detective“- che vede come protagonisti il diavolo, i suoi seguaci e le loro imprese, senza necessità di spiegazioni ulteriori. Il male c’è, è autoevidente. Il principe del mondo si mette di traverso –dal greco dia-bàllein: separare, creare una frattura, seminare menzogne-, ostacola la luce di Dio, butta all’aria i suoi piani, seduce con il suo talento metamorfico, è causa di ogni sofferenza e perdizione.

Non si tratta certo –non per tutti, almeno- di tornare a quelle chiavi e a quel linguaggio. Ma c’è una domanda che vale certamente la pena di farsi: che cosa abbiamo perduto, rinunciandovi? Quanta verità resta fuori, quando di fronte alle manifestazioni del male ricorriamo a chiavi solo e troppo banalmente umane?

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