Il ddl Pillon, progetto di riforma dell’affido condiviso, sta agitando trasversalmente le donne italiane. Tra qualche settimana all’esame della Commissione Giustizia del Senato -a quanto pare commissione redigente- non sarà discusso in aula, dove passerà solo per il voto finale.
Segnalo ciò che è già stato puntualizzato in molte analisi – in particolare quelle di Linda Laura Sabbadini, dei centri D.i.RE e del Movimento per l’Infanzia-: i figli non sono pacchi, non possono essere equamente divisi con la spada di Salomone (che avrebbe ucciso il bambino) tra un genitore e l’altro, metà mese in casa della madre e metà in quella del padre, e hanno diritto alla stabilità di una sola casa familiare; si deve tenere conto che alla parità genitoriale invocata dal ddl non corrisponde parità occupazionale e salariale tra uomini e donne (solo il 60 per cento delle donne separate ha un lavoro, in gran parte dei casi precario e a bassa qualificazione, e a parità di prestazioni e qualifiche le donne guadagnano meno degli uomini, il Gender Pay gap si aggira intorno al 25 per cento); vi è il fatto che il 50 per cento delle separazioni avviene in seguito a violenze da parte del marito. E così via.
Ma qui vorrei rivolgermi in particolare alle donne e agli uomini di buona volontà che leggono quel ddl come promotore di maggiore giustizia e di una bigenitorialità perfetta, in particolare ai credenti e ai militanti pro-family, in buona parte fiduciosi anche nel fatto che la nuova normativa possa aumentare la stabilità della famiglia, scoraggiando le separazioni e inducendo i partner a fare buon viso a cattivo gioco, spesso cattivissimo in particolare per le donne che vivono in situazioni di violenza e abuso.
Al contrario, potrebbe capitare questo: che per evitare rogne e complicazioni la gente si sposerà sempre meno (il matrimonio gode già di pessima salute: -24 per cento in 5 anni); che magari eviterà pure le unioni civili, che una quota di rogne la comportano comunque; che si accoppierà e “scoppierà” liberamente e facilmente, un vero fallimento per chi tiene al primo posto la famiglia tradizionale.
Che per non ritrovarsi nei guai farà ancora meno figli: il tasso di natalità già ai minimi storici, 1.34 per donna, potrebbe ulteriormente diminuire. Zero welfare familiare, occupazione femminile scarsa e precaria, misoginia a mille, l’idea assurda e ancora radicata, benché smentita da ogni statistica, che se stanno a casa le donne fanno più bambini: se a tutto a questo aggiungi il rischio di ritrovarti sola a gestire i figli, senza lavoro, senza aiuti e ora anche senza uno straccio di assegno di mantenimento (quando viene versato: esistono infiniti trick propagandati dai padri separati per liberarsi dell’incomodo), ebbene, la natalità potrebbe andare a picco.
Tolte distopie tipo”Il Racconto dell’ancella”, e a meno che non si decida per la coazione e le gravidanze forzate, sono le donne a decidere se fare figli o non farli. E quando stanno male e vengono messe con le spalle al muro, le donne i figli non li fanno.
Quindi anche per i difensori della famiglia il ddl Pillon potrebbe rivelarsi un clamoroso autogoal.
C’è dell’altro. Perseguendo la perfetta parità genitoriale, il ddl rinuncia al piano della differenza sessuale, tema molto caro alla Chiesa e oggetto delle raffinate riflessioni del papa emerito Joseph Ratzinger (si veda la celebre “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo“) e contribuisce alla minimizzazione della madre, ridotta a “genitore” interscambiabile, finendo paradossalmente per allinearsi allo stesso progetto che guida l’abominio dell’utero in affitto, che la madre la cancella del tutto.
I compiti della madre e quelli del padre non si regolano secondo una logica paritaria che annienta la differenza. Se l’intento del ddl Pillon è demarginalizzare e restituire senso alla figura paterna, di sicuro la strada non è questa.
Aggiornamento ore 11.55
Mi scrive Mario Adinolfi: Cara Marina, come presidente del Popolo della Famiglia ti confermo che siamo apertamente contrari al ddl in questione. Abbiamo spiegato il perché in articoli pubblici e alla nostra festa nazionale de La Croce che si è tenuta il 22 e 23 settembre scorso a Camaldoli.
Grazie, prendo atto. Il post si rivolge comunque a tutti i militanti pro-family, chiamiamoli così, che invece il ddl lo difendono. Non sono pochi.