La vittima dell’ultimo pressoché certo femminicidio si chiamava Giulia Ballestri, 40 anni, tre figli e viveva a Ravenna. La polizia l’ha trovata nello scantinato della villetta liberty di famiglia, massacrata a bastonate in faccia, solo il reggiseno addosso. Non è chiaro se sia stata trascinata viva là sotto o se sia stata scaraventata dalla scala. Verosimilmente prima di essere uccisa è stata violentata.

Il marito Matteo Cagnoni, 51 anni, è un signore elegante, rinomato dermatologo spesso ospite in tv. Da qualche giorno stava con i figli a Firenze a casa del padre, docente di Medicina.

Quando ha visto arrivare la volante si è dato alla fuga. Gli agenti lo hanno acchiappato, lui è riuscito a divincolarsi. Due ore dopo l’hanno preso. Gli hanno trovato nella giacca una cospicua mazzetta e i passaporti, probabilmente si preparava a fuggire con i figli.

Marito e moglie erano in lite da tempo. Lei voleva separarsi. Lui non le dava tregua. La solita storia di sempre. Aveva anche aggredito un suo presunto rivale.

E’ stato fermato con l’accusa di di omicidio volontario.

Su “Repubblica” è scritto che lui “non si rassegnava all’idea di perderla per sempre: un po’ di giustificazionismo empatico, quando è un uomo a scrivere, ci scappa regolarmente. Ma se c’è un modo certo per perdere per sempre una persona, è ucciderla.

E’ ben altro che un femminicida non si rassegna a perdere per sempre, e non ha niente a che vedere con l’amore. Non vuole perdere una cosa che possiede. Non vuole rinunciare al dominio. Non intende perdere la faccia. Non può rinunciare al suo onore, a quell’inaggirabile patto tra uomini di cui le donne sono tenute a essere custodi.

Ecco il cuore della questione maschile.

Qualche giorno ho rivisto per caso qualche sequenza degli straordinari “Comizi d’amore” di Pier Paolo Pasolini. A dei ragazzi calabresi chiedeva se non era meglio divorziare, piuttosto che ammazzare la moglie. Diceva uno: “Ma se divorzio e mia moglie va con un altro, io sono cornuto per sempre. Meglio ammazzarla”.

Meglio picchiare e ammazzare, piuttosto che perdere l’onore. 

Un cornuto è lo zimbello del mondo. Un cornuto porta lo stigma di non essere stato capace di difenderlo, il suo onore, suggello ornamentale di quel patto tra uomini che consiste in questo: organizzarsi per tenere nascosta la propria secondarietà biologica e la propria fragilità, per fare ratto delle donne e dei loro figli. Chiunque –gli omosessuali, i cornuti, i disonorati- non sappia stare al patto, anzitutto procurandosi una o più donne da tenere sotto come garanti e custodi del grande imbroglio originario, chiunque tradirà il segreto testimoniando la fragilità degli uomini verrà irriso, perseguitato, messo ai margini, nudo e meschino.

Il ragazzo calabrese anni Sessanta era più schiettamente vicino alla verità di qualunque medico di fama nel 2016. Ma l’orologeria infernale resta quella.

E’ un peccato che non sia più in uso la definizione di delitti d’onore, perché ancora di quello si tratta, e l’eufemizzazione nasconde il nucleo della verità. Chiamiamoli ancora delitti d’onore: questo ci aiuterà a capire meglio. 

Il meccanismo può incepparsi solo di fronte all’imprevisto della tenerezza paterna.

Voi donne siete meglio di noi. Non pensiate che gli uomini non lo sappiano; lo sappiamo benissimo, e sono millenni che ci organizziamo per sottomettervi, spesso con il vostro volenteroso aiuto. Ma quel tempo sta finendo. E’ finito”: nell’articolo del Corriere in cui presenta suo nuovo libro “Le donne erediteranno la terra” (Mondadori) Aldo Cazzullo tiene benissimo il punto. Lo fa soprattutto per la figlia adolescente e per tutte le ragazze come lei: è lì, in quell’amore per la creatura che spesso–non sempre- è più forte del costrutto del dominio, che un uomo può dire fino in fondo la verità. Per paura che a lei capiti quello che gli uomini fanno capitare alle donne.

E’ vero che tutto questo è finito, come dice Cazzullo, ma mentre sta finendo sferra colpi di coda sanguinosi, dalle lapidazioni in piazza alle schiave sessuali ai femminicidi d’occidente.

Ed è vero che il lavoro dei presidi antiviolenza, le case, i centri, è preziosssimo e indispensabile per aiutare le donne che non sono più disponibili a offrire quel “volenteroso aiuto”, e per questo rischiano la pelle.

Ma è su quel patto delle origini, o patriarcato, e su come farlo saltare –anzitutto, dico alle donne, rifiutandosi di collaborare, e facendolo in condizioni di lucidità e sicurezza- che si deve tenere fermo lo sguardo.

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