Per la seconda volta in pochi mesi, Facebook mi ha oscurata su segnalazione di qualcuno. Stavolta il blocco durerà 72 ore.
La segnalazione e il blocco riguardano un vecchissimo post in cui dicevo, più o meno, che oggi ci sono lesbiche preferiscono essere chiamate frocie -una “notiziola”, insomma, e non un’opinione o un giudizio di valore. Il senso della notiziola è che per alcune lesbiche la differenza femminile è irrilevante e ci si riconosce nel neutro paritario. Questa diversa denominazione della propria identità sessuale è peraltro apertamente rivendicata da una parte del mondo queer.
Facebook non ha occhio per le sottigliezze, e ritenendo la parola “frocia” un insulto, alla segnalazione risponde con il blocco. Dopo il primo blocco, alcuni mesi fa, l’assistenza del social si è scusata per l’errore, mi auguro che lo faccia anche questa volta.
Il fatto che la segnalazione riguardi un vecchissimo post, significa che c’è gente che perde il suo tempo scandagliando nel mio profilo alla ricerca di qualunque pretesto per censurare e zittire. Un “dossieraggio”, insomma, se usare questa parola non fosse piuttosto ridicolo.
Il blocco in queste ore è particolarmente grave perché mi impedirà di offrire un report del convegno di Se Non Ora Quando-Libere sull’utero in affitto, previsto per oggi pomeriggio alla Camera, e dell’incontro sul mio libro Temporary Mother-Utero in affitto e mercato dei figli, in programma per venerdì pomeriggio a Siracusa. Comunque intendo scriverne qui.
Chi si oppone all’utero di affitto, benché in conformità alla legge italiana (legge 40 art. 12 comma 6) e alle disposizioni dell’Europa che classifica la Gpa tra le gravi violazioni dei diritti umani, non ha grande successo in tv e sui media mainstream: i social sono molto importanti.
E i ripetuti tentativi di censura hanno esclusivamente a che vedere con la mia battaglia contro l’utero in affitto. In questi ultimi giorni, in particolare dopo l’affollato incontro alla Casa dei Diritti di Milano organizzato una settimana fa dalla rete RUA, sono già stata oggetto di gogne mediatiche (una pagina fake di scherno, poi rimossa) oltre che di un articolo pieno di menzogne a firma Alessia Bausone sulla rivista Prideonline. Naturalmente mi tutelerò nelle sedi opportune.
Vi chiedo di diffondere sui social questo post, perché io non posso farlo. Ai censori mi limito a ribadire che censurare, imbavagliare, bullizzare, denigrare e dileggiare è una pratica fascistica e codarda, va da sé. Zittire è sempre e solo un sopruso, degradante per chi lo mette in atto. Altra cosa è un confronto aperto sugli argomenti, a cui sono sempre stata e continuo a essere disponibile. Anche una contro 20, come ho scritto l’altro giorno, invitando chiunque lo voglia a un pubblico dibattito.
Naturalmente nessuno/a ha accolto la mia proposta. Non esattamente cuor di leoni. Giusto leoncini da tastiera.
A presto.