Brigitta Ohlsson, 37 anni, ministra svedese per i rapporti con la Ue

La nostra misoginia costa cara molto cara all’Europa.

Perché “se in Europa le donne lavorassero quanto gli uomini, il Pil della Ue farebbe registrare un incremento del 27%“. Lo dice Birgitta Ohlsson, ministro svedese per i rapporti con la Ue, in un discorso pubblicato da “Il Fatto” (che ringrazio) di una linearità e di una chiarezza quasi commovente. Se la nostra politica non farà capitare qualcosa su questo fronte, e se le donne di questo Paese non lo faranno saltare in aria, possiamo sempre sperare di essere invasi dalla Svezia.

Riproduco qui il discorso di Ohlsson senza aggiungere una parola (salvo una precisazione sull’Italia) a cominciare dal suo folgorante attacco. Ascoltatela.

Oggi sono qui come ministro svedese, ma anche come femminista e come madre. Se in Svezia non esistesse un sistema di assistenza all’infanzia di elevatissima qualità, probabilmente oggi non potrei fare il ministro. La rivoluzione ha avuto inizio nel mio Paese con la generazione di mia madre: le donne nate negli anni ’40 riempirono le aule universitarie e fecero della Svezia il primo Paese al mondo nel campo della parità tra i sessi nel lavoro e nella società.

Mi preme sottolineare che la Svezia non avrebbe mai potuto diventare il Paese guida come numero di parlamentari donne, come presenza femminile ai vertici del mondo, delle aziende, dei Consigli di amministrazione e delle università senza un sistema di assistenza all’infanzia finanziato dal welfare e aperto a tutti i cittadini.

Il 26 agosto 1971 la femminista e giornalista americana Gloria Steinem scrisse sul “New York Times”: “Moltissimi bambini americani soffrono per una eccessiva presenza della madre e una insufficiente presenza del padre”: Ancora oggi per la maggior parte dei politici europei genitorialità è sinonimo di maternità. Il dramma è che molte donne non possono lavorare perché completamente assorbite dalla cura dei figli. In Europa le donne sono mediamente più istruite degli uomini, eppure solo il 60 per cento lavora (le darò una notizia sconvolgente, signora Ohlsson: in Italia siamo al 47,2 per cento, nella fascia 20-25 anni siamo al 29 per cento, e nessuno fa una piega! ndr). Da noi in Svezia lavora il 77 per cento circa delle donne.

Il fatto è che bisogna capire che la diseguaglianza di genere ha un prezzo economico per i singoli Paesi e per l’Unione Europea nel suo complesso. Certo, la discriminazione sessuale è un fatto culturale, ma sarebbe un grave errore sottovalutare l’impatto che su questa realtà possono avere misure legislative studiate per mettere le donne in condizione di occupare il posto che meritano nella società.

Se in Europa le donne lavorassero quanto gli uomini, il Pil della Ue farebbe registrare un incremento del 27 per cento, stando a una ricerca condotta dall”Università svedese di Umea. A mio giudizio non bisogna intervenire con provvedimenti adottati dalle istituzioni della Ue, ma ciascun Paese deve compiere un proprio percorso partendo dal riconoscimento del rapporto esistente tra assistenza all’infanzia e crescita economica.

In Svezia, già da molto tempo, il congedo parentale viene concesso tanto ai papà quanto alle mamme e le conseguenze sono state positive sotto tutti i punti di vista: è diminuito il divario tra uomini e donne, è migliorata l’armonia all’interno della coppia, è diventato più solido il rapporto affettivo dei padri con i loro figli.

Le pari opportunità tra uomini e donne sono una delle grandi sfide dell’Unione Europea. La Svezia in questo campo è un Paese all’avanguardia. Il modello di assistenza all’infanzia esistente in Svezia è un modello esportabile in tutta Europa. Sono convinta che il giorno in cui questa sfida sarà stata vinta in tutta Europa il nostro continente conoscerà una stagione di prosperità e benessere senza precedenti”.

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