da uno scambio con Sandra Bonfiglioli (scroll down for English version)
- Non si può più tenere nascosta la verità
- La verità sotto gli occhi di tutti è che troppi uomini stolti governano il mondo e la vita è diventata invivibile
- Il mondo è la nostra casa e non può più essere lasciato nelle loro mani
- Il mondo è il piccolo luogo che abitiamo in dialogo e in risonanza con ogni altro luogo (pensare globalmente, agire localmente)
- Il mercato congegnato per il profitto di pochissimi non può usurpare il nome di economia
- Economia è nutrire, curare e salvare i corpi viventi e il mondo che abitano
- Guadagnare è giusto e umano. Ciò che va guadagnato sono spazi, tempi e maggiori opportunità per la vita
- Per guadagnare servono autorità e cura. Autorità e cura sono la stessa cosa.
- Esercitare autorità/cura è sapere ascoltare i bisogni del mondo, è provare tenerezza per il mondo e chi lo abita, “essere all’altezza di un universo senza risposte”*
- Da sempre le donne sono le più capaci di farlo. Anche su questo si deve dire la verità: (“ci costringono a rivendicare l’evidenza di un fatto naturale”*)
- Contro la deriva transumanista va ritrovata la radice femminile del mondo
- Il “soggetto” economico e politico è la relazione. L’individuo è un’invenzione
- La relazione tra la madre con la bambina e il bambino è fondamento di civiltà
- La città è lo spazio delle relazioni e il luogo della politica
- Ciò che nella città è buono per le madri e i-le bambini-e è buono per tutte e tutti
- Ognuna-o viene al mondo con la sua dote inviolabile di spazio-tempo, e deve poter decidere quanto cederne in cambio dei mezzi per sopravvivere
- Lavorare meno, lavorare tutte e tutti
- Il dominio è solo una trovata recente e nefasta. Non serve il dominio per regolare la convivenza umana
- Il dominio con tutte le sue funzioni- sfruttamento, violenza, stupro, velocità, competizione, guerra, profitto illimitato, controllo dei corpi- è un’imposizione dei figli ribelli
- La civiltà messa in piedi dai figli ribelli è incivile e sta crollando. Altre figlie e figli oggi chiedono il cambio di civiltà
- La dismisura maschile sta distruggendo il mondo
- La catastrofe naturale è il modo con cui il mondo cerca di guarirsi dai mali causati da questa dismisura
- Non può guarire il mondo chi lo fa ammalare
- Il mondo chiede che si sgomberino spazi, si rallentino i ritmi e si faccia silenzio
- Va chiesto perdono agli altri viventi perché ci possano riaccogliere
* Carla Lonzi, Carla Accardi, Elvira Banotti, Manifesto di Rivolta Femminile, Roma, luglio 1970
E’ IL TEMPO DEL RACCOLTO, ABBIAMO SEMINATO A SUFFICIENZA
Donne di tutto il mondo sono impegnate a ridiscutere la ripartenza post-Covid-19, la nuova normalità, la nuova economia e la nuova politica. La centralità della cura è invariabilmente il baricentro di queste riflessioni.
Un esempio per tutti il “piano di ripartenza femminista alle Hawaii” elaborato dalla Commission on Status of Women of Hawaii’s State.
Prendiamo parte alla discussione con questi primi appunti per un Manifesto sulla Città, che tiene al centro come decisive la questione dello spazio-tempo, dotazione di ognuna e ognuno che nasce, e l’idea di città come luogo della politica.
Li offriamo come spunti di pratiche trasformative della vita quotidiana e della politica.
IDEE PER UNA CITTA’ NUOVA
La città è un organismo complicato che nasce per mettere ordine nel caos del mondo.
La città com’è configurata oggi è un monumento all’ordine simbolico patriarcale.
La città è il luogo della politica.
Cambiare la città è cambiare la civiltà.
Covid-19 ha costretto milioni di abitanti in tutto il mondo alla stessa esperienza di autoreclusione, da soli o con i familiari stretti. La lunga sospensione delle pratiche quotidiane dell’abitare la città ha svelato la fisica dell’ambiente in cui viviamo.
Tutte e tutti abbiamo potuto vedere in che modo i luoghi sono stati edificati; quanto sono larghe le strade in funzione del distanziamento sociale; se negozi, servizi, medico di base sono davvero raggiungibili a piedi; quanto spazio libero e quanta aria respirabile abbiamo a disposizione.
Tutte e tutti abbiamo osservato i tempi incredibilmente rapidi in cui la natura violata e le altre specie viventi –come angeli messaggeri- hanno riguadagnato spazio.
Abbiamo creduto a ciò che il nostro corpo e la nostra mente hanno percepito perché stavolta l’abbiamo vissuto.
Abbiamo capito che serve una città nuova.
Sindache e sindaci stanno cambiando viabilità e trasporti nello spazio di una notte.
In tutta Europa si ragiona di economia verde, di riforestazioni urbane, di mobilità sostenibile, di smartworking, di tempi di vita più umani (valga per tutti l’articolato programma della sindaca di Parigi Anne Hidalgo):
Si tratta di un’accelerazione riformista: cambiamenti che attendevano di essere realizzati e che arrivano frettolosamente a destinazione.
Non è una grande cosa. Non è la città nuova di cui c’è bisogno.
Già da tempo, almeno parzialmente, sono state intraprese azioni di cambiamento e “buone pratiche”: rilevazioni della qualità dell’aria; aumento delle superfici permeabili all’acqua piovana; raccolta e smaltimento differenziato dei rifiuti; aumento del verde pubblico e difesa dell’agricoltura limitrofa; avvio di investimenti per una produzione energetica “verde” e locale.
Queste buone pratiche non stanno cambiando il paradigma.
Al centro della città nuova e del cambio di civiltà c’è l’idea dello spazio-tempo come dote naturale del corpo inviolabile di chi nasce. Ciascuna e ciascuno deve poter decidere quanto cedere di questa sua dotazione allo spazio-tempo del mercato. Non è il profitto a poterlo decidere.
Il lavoro retribuito “produttivo” non è più luogo esclusivo di definizione di identità: lo sanno già le giovani e i giovani dalla Generazione X in avanti.
Il lavoro non è più remunerativo.
L’antropologo americano David Graeber parla di “bullshit-job” (lavoro senza senso):
“La tecnologia è servita per trovare il modo di farci lavorare tutti di più. Per riuscirci si sono dovuti creare impieghi che di fatto sono inutili. Ampi strati della popolazione, in particolare in Europa e nel Nord America, passano l’intera vita lavorativa a svolgere compiti che in cuor loro ritengono non andrebbero affatto svolti. Il danno morale e spirituale che ne deriva è grave. E’ una cicatrice che segna la nostra anima collettiva, anche se praticamente nessuno ne parla”.
Un lavoro che non arricchisce e anzi impoverisce, requisendo lo spazio-tempo di vita nel loop produzione-consumo e in cambio di retribuzioni sempre più miserabili -che garantiscono profitti sempre più smisurati a un numero sempre più esiguo di individui- rubandoci la vera ricchezza che sono le relazioni.
2.153 miliardari possiedono più denaro del 60 per cento della popolazione mondiale, ovvero di 4.700.000.000 persone. A tutti gli altri, quando le cose vanno bene, solo “il piccolo potere del consumatore”.
Siamo all’apice del paradosso: Il lavoro ci sta rendendo poveri.
Le donne sono state le prime a criticare questi spazi-tempi e modi di lavorare. In queste analisi si radica l’idea di una città nuova e di cambio di civiltà.
I nostri corpi di donna riportano la natura al centro della città. Umanità incarnata in un corpo sessuato per generare figli e figlie -anche se “io non voglio figli”- abbiamo lavorato molto negli ultimi decenni in pensieri e opere.
Il desiderio di libertà ha portato il nostro corpo a rifondare lo spazio domestico e a ridiscutere la fratria che ha originato l’epoca moderna con il patto uguaglianza, libertà e fraternità. I nostri corpi nello spazio pubblico cambiano i modi di abitare e le forme della politica.
- Ogni abitante della Terra svolge quotidianamente i compiti della sua vita e fa tutto il lavoro necessario per vivere come ritiene di vivere. La qualità del suo vivere è una misura personale che va riconosciuta come inviolabile. Il profitto dei pochi non può deciderla al posto suo
- Tutto il lavoro necessario per vivere si articola in: lavoro retribuito nel mercato; lavoro di cura; lavoro volontario per la comunità; lavoro per sé come pratica delle proprie passioni
- Le donne stanno ridisegnando il peso relativo di ogni lavoro. Tendono a diminuire il lavoro retribuito e ad aumentare il lavoro volontario e per sé, razionalizzando il tempo di cura. Ne risulta un caleidoscopio di misure flessibili e adattive.
- Le articolazioni di tutto il lavoro necessario per vivere, con la ricchezza che ne deriva, vanno iscritte tra le voci analitiche di quello che oggi viene definito Prodotto Interno Lordo.
- Il corpo della donna che genera un figlio/a delinea un lungo percorso regolato da misure umane e naturali. Queste misure indicano i limiti di cui tenere conto nelle decisioni pubbliche sui contratti di lavoro per tutte e tutti, donne e uomini, nonché sui ritmi produttivi che riempiono e svuotano i luoghi di vita, in primis la casa dove si dovrebbero proteggere le creature piccole e anziane. Oggi invece questi contratti sono ancora governati dalle logiche smisurate e ingiuste del profitto per pochi.
- I vari piani governativi di rilancio economico post-Covid 19 permangono nella cecità di tenere al centro l’idea di crescita e di profitti illimitati a vantaggio dei pochissimi e di un’economia reale intesa come sostegno della finanza. Alle autocritiche, che pure non mancano, non consegue alcun reale cambio di passo. E’ per questo che quei piani non funzioneranno.
- Riprende senso e forza un’idea non nuova sul lavoro retribuito: lavorare meno lavorare tutte e tutti. Dimezzare o ridurre il tempo del lavoro retribuito favorisce anche la fine del salario differenziato a sfavore delle donne che oggi sottraggono tempo al lavoro retribuito per impiegarlo nel lavoro di cura, e a causa di questa sottrazione vengono penalizzate.
- Il dimezzamento dello spazio-tempo destinato al mercato introduce la necessità di un reddito di nascita universale per tutte le nate e i nati del mondo, dote che si affianca alla dotazione naturale di spazio-tempo
PER ESEMPIO, NELLA CITTA’ NUOVA
- I tempi del mercato e del lavoro retribuito non possono più determinare gli spazi-tempi della scuola e dei servizi alla persona. Orari, spazi e tempi scolastici vanno ridisegnati a partire dalle reali necessità di bambine e bambini e dei/delle giovani -articolando per fasce d’età- e non dalle logiche del profitto dei pochi. Bambine, bambini e giovani sono il primo bene comune su cui investire. Gli orari del lavoro nel mercato devono tenerne conto. Oggi invece spazi-tempi di scuola ed educazione sono comandati dalle necessità del mercato.
- Orari e calendari di apertura dei grandi attrattori di mobilità sociale vanno differenziati per appiattire le curve di affollamento di luoghi e trasporti
- La città deve diventare il luogo della salute. Covid-19 insegna che la sanità va ri-territorializzata e orientata dall’idea della prevenzione -intesa come cura primaria e capillare- e non più della malattia su cui fare affari. Servono Case della Salute in ogni quartiere o villaggio urbano, in cui la relazione viva e continuativa con chi vi abita costituisca la prima cura. Necessaria anche la dotazione di case “di riserva” per emergenze sanitarie (e/o psicologiche o sociali) intermedie tra casa e strutture pubbliche, sul modello delle strutture “a bassa intensità” improvvisate per Covid-19
- Ogni quartiere o villaggio urbano deve essere relativamente autosufficiente quanto a servizi e welfare, che siano raggiungibili a piedi, riducendo la necessità di spostamenti nella città con effetti virtuosi su traffico, inquinamento e tempi di vita.
- L’articolazione obsoleta, burocratica e disfunzionale dei Municipi (ex-Zone) va sostituita e/o integrata con Posti Pubblici che sulla base di relazioni reali costituiscano il punto di riferimento per ogni esigenza della comunità locale- per esempio organizzazione condivisa della viabilità, soluzione di qualsivoglia problematica dei luoghi, punti di conciliazione delle controversie locali, offerta-ricerca di lavoro e di servizi, eccetera-. Particolare attenzione va riservata alle neo-madri e alla loro solitudine, in mancanza di nuclei familiari estesi che le supportino, perché possano mettere in comune spazi-tempi ed esperienze
- I costi di alloggi e servizi vanno abbattuti con particolare riferimento alle-i giovani che oggi in grande numero vivono l’innaturale condizione di dover permanere a lungo nelle famiglie di origine, condizione che costituisce una perdita per tutte e tutti. Parte di questi costi possono essere “recuperati” chiedendo alle-i giovani un contributo di lavoro volontario per la comunità in cui risiedono abitualmente o temporaneamente
- La catastrofe causata da Covid-19 nelle Rsa ha reso evidente che quelle strutture sono in grande parte inadeguate ad accogliere donne e uomini in parte o del tutto non-autosufficienti, e che il sostegno alle famiglie nella cura e assistenza ai propri anziani va integralmente ripensato, flessibilizzato e riorganizzato a livello delle comunità locali, senza brutale interruzione delle relazioni e del radicamento nei luoghi di vita, in residenze assistite a basso numero di ospiti
- E’ necessario pensare a nuovi tipi edilizi in ragione delle pratiche di vita degli abitanti residenti o temporanei di ogni quartiere della città. Questi nuovi tipi edilizi devono essere dotati di spazi aperti privati e condivisi. Covid-19 ci ha insegnato che un alloggio privo di spazi aperti verso l’esterno (balconi, terrazzi) e di cortili/giardini sotto casa è una tipologia edilizia insalubre, in particolare nel caso di piccoli alloggi. La nostra è una civiltà conviviale. Il caffè sotto casa esiste solo in Italia, una grammatica degli alloggi privati, degli spazi pubblici aperti e dei servizi di socialità che è un carattere specifico della civiltà italiana e mediterranea Nel caso di alloggi già edificati è possibile aggiornarli definendo, se necessario, nuovi regolamenti edilizi. Si devono rendere stabili i co- finanziamenti per l’efficientamento energetico e per la riqualificazione degli alloggi privati degradati, per la dignità di chi li abita.
Questi primi appunti possono inoltre costituire il nucleo di un “programma” per le città, ambito reale del cambiamento.
Declinato e articolato secondo le problematiche e le necessità locali, il Manifesto sulla Città potrebbe costituire un riferimento per un lavoro politico comune.
Potrebbe anche essere adottato e condiviso da liste civiche ad hoc che si presentino con un’unica sigla alle elezioni amministrative nel maggior numero di città (liste congegnate in modo da fare eleggere il maggior numero possibile di donne).
In aggiunta – o in alternativa- potrebbe essere assunto da singole candidate nelle varie liste civiche e di partito che ne condividano lo spirito e i contenuti, disponibili a un patto trasversale che le contenda alla fedeltà di parte.
L’eventuale rapporto con le istituzioni politiche nazionali e internazionali non dovrebbe snaturare in una generica logica di rappresentanza la territorialità dell’esperienza e anzi, al contrario, dovrebbe contribuire a un maggiore radicamento di quelle istituzioni nella realtà concreta della vita.
GENEALOGIA
Per questi “appunti” sono debitrice a Sandra Bonfiglioli, con cui ho avuto un ricco scambio.
A 50 anni esatti dal Manifesto di Rivolta Femminile -che qui viene citato per celebrarne la ricorrenza, ma soprattutto per il suo essere sempre fonte viva di ispirazione- il debito è nei confronti di tutte quelle donne, a cominciare dalle nostre madri e dalle madri delle nostre (madri reali e simboliche) i cui racconti e la cui capacità di visione profetica ci hanno condotto dove siamo.
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NOTES FOR A NEW CITY
• Truth can no longer keep hidden
• Truth is that too many foolish men rule the world and life has become unlivable
• World is our home and can no longer be left in their hands
• World is the small place we live in dialogue and in resonance with every other place (think globally, act locally)
• Market conceived for the profit of very few cannot usurp the name of economy Economy is to feed, care and save the living bodies and the world in which they live
• Earning is fair and human. What needs to be gained are spaces, times and more opportunities for life
• To earn you need authority and care
Authority and care are the same. To exercise authority / care is to know how to listen to the needs of the world, to feel tenderness for the world and those who live in it, “to live up to a universe without answers” *
• Women have always been the most capable of doing it. Here too the truth must be said: (“they force us to claim the evidence of a natural fact” *)
• Feminine root of world must be found against the transhumanist drift
• The economic and political “subject” is the relationship. The individual is an invention
• Relationship between mother and baby is the foundation of civilization
• City is the space of relationships and the place of politics
• What is good in the city for mothers and children is good for everyone
• Each one comes into the world with his inviolable dowry of space-time, and must be able to decide how much to give up in exchange for the means to survive
• Work less, work all
• Domination is only a recent and disastrous invention
• Domination is not needed to regulate human coexistence
• Domination with all its functions – exploitation, violence, rape, speed, competition, war, unlimited profit, control of bodies – is an imposition of rebellious children
• The civilization set up by the rebel children is uncivilized and is collapsing Other daughters and sons today are asking for civilization change
• Male outrage is destroying the world
• Natural catastrophe is the way in which the world tries to heal itself from the illnesses caused by this excess
• Whoever makes it sick cannot heal the world
• World asks for more free spaces, more slow rhythms and more silence
• We must ask forgiveness from other living beings to welcome us back
(* Carla Lonzi, Carla Accardi, Elvira Banotti, Female Revolt’s Manifesto, Rome, July 1970)