Sulla legge 194 che regola l’interruzione di gravidanza: un po’ di notizie, che ci dicono a che punto siamo. E infine una proposta.

Le notizie, in sintesi: come saprete, il Consiglio d’Europa ha condannato l’Italia perché viola i diritti delle donne non applicando la legge 194. In Italia l’obiezione media supera il 70 per cento, con punte che sfiorano il 90 per cento al Sud (ma anche al Nord ci sono interi ospedali che non garantiscono il servizio). Qualche giorno fa l’ospedale milanese di Niguarda ha chiesto aiuto al reparto di ginecologia dell’ospedale Luigi Sacco perché causa obiezione non riesce a corrispondere alle richieste di IVG (si ovvierebbe con il ricorso ai cosiddetti gettonisti, a 60 euro l’ora). Intanto all’ospedale San Martino di Genova un obiettore si è rifiutato di eseguire un’ecografia a una paziente che stava espletando la procedura di interruzione con Ru486, e il Direttore Sanitario lo ha denunciato per interruzione di pubblico servizio.Tante, troppe donne si presentano in ospedale per aborto “spontaneo” (evidente un ritorno al fai-da-te), i farmaci per abortire si trovano facilmente online o in luoghi di spaccio. C’è quindi una ripresa vigorosa dell’aborto clandestino.

La legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza assicura il diritto all’obiezione di coscienza, che deve essere dichiarata al momento dell’assunzione, ma può anche essere proposta in seguito. Sempre all’articolo 9 della legge, si precisa però che “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure”, ovvero a garantire comunque il servizio: l’iniziativa dell’ospedale Niguarda va letta in questa chiave.

Più volte si è discusso sull’obiezione “opportunistica”, diritto non invocato per vere ragioni di coscienza ma per ragioni di comodo e di carriera: praticare aborti non è divertente per nessuno, è tristemente routinario e non favorisce la crescita professionale. Non esiste tuttavia un esame del sangue che ci consenta di discernere tra le obiezioni per ragioni di coscienza e quelle per ragioni di carriera.

Io credo che il diritto all’obiezione vada salvaguardato. Ma è vero anche che il Servizio Sanitario Nazionale paga ospedali e cliniche convenzionate perché corrispondano a quanto disposto dalla legge 194, che è una legge dello Stato. In parole povere: il servizio di interruzione di gravidanza viene GIA’ pagato dai cittadini, e sarebbe sommamente ingiusto farglielo ripagare con extra ai gettonisti, che a quanto pare oggi sono l’unica via d’uscita per garantire il servizio.

Vengo allora alla proposta: che lo stipendio degli obiettori di coscienza venga decurtato della quota corrispondente -facilmente calcolabile- a quella prestazione non erogata. Se io non voglio fare una cosa, insomma, non posso pretendere che mi si paghi come se la facessi.

Io ti assumo e ti pago per fare A, B. C e D. Se per tua scelta, garantita dalla legge, D (l’IVG) non lo intendi farlo, perché mai pretendi di essere pagato anche per D? E in più mi tocca pagare un altro perché faccia D al posto tuo?

Gli obiettori opportunistici, quelli che obiettano per ragioni di carriera e di soldi, faranno i loro conti, e a occhio molti faranno marcia indietro: la 194 prevede che l’obiezione possa essere revocata in qualunque momento. Così risolveremmo molti problemi in un colpo solo: gli ospedali avrebbero personale sufficiente a garantire il servizio, i cittadini non dovrebbero pagarlo due volte, le donne sarebbero garantite nel loro diritto alla salute, gli aborti clandestini diminuirebbero, si ottempererebbe alla sentenza del Consiglio d’Europa.

Prevengo un’obiezione: così si discriminerebbero gli obiettori di coscienza.

Ebbene, le scelte di coscienza prevedono sempre questo rischio.  Le scelte di coscienza non sono mai gratis. Le scelte di coscienza si pagano -e non vengono, al contrario, retribuite-.  Talvolta si pagano perfino con la vita, ed è proprio questa disponibilità a pagare un prezzo che le nobilita.

 

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