Buongiorno a tutt* dal bel mezzo del Mediterraneo.

Appena sbarcata da un elicottero che ha effettuato una ricognizione nell’area di mare intorno alla nave San Giorgio, più o meno a metà strada tra Lampedusa e la costa libica.

Ma prima di parlare delle operazioni di giornata, vorrei dire questo.

Facciamo tutti romanticamente il tifo per le operazioni di “pirateria” di Greenpeace contro le baleniere. Festeggiamo ogni volta che un animale viene salvato. E’ davvero strano che non si vada almeno altrettanto orgogliosi per una missione italiana che in 6 mesi esatti (Mare Nostrum è attiva dal 18 ottobre 2013) è riuscita a trarre in salvo 27 mila esseri umani, il 10 per cento donne, un altro 10 per cento minori, anche piccoli di pochi mesi.  

Il che almeno potenzialmente può significare 27 mila morti in meno, e il nostro mare Mediterraneo che resta culla di vita e di civiltà e non  si trasforma in una fossa comune.

La prima cosa, quindi, sarebbe che il governo italiano andasse al tavolo Ue a chiedere un’espressione di riconoscimento e gratitudine per questa missione straordinariamente efficiente ed efficace, tutta generosamente italiana (uomini e donne, mezzi e risorse economiche).

Detto in altri termini, possiamo rivendicare di insegnare al mondo il lavoro dell’umanità, della solidarietà, dell’accoglienza e della cura: non si tratta certo un insegnamento da poco, ed è un prodotto italiano dop.

La seconda cosa che il nostro governo dovrebbe fare è chiedere con la massima urgenza la partecipazione dell’Europa al corridoio umanitario: partecipazione che, secondo l’opinione dell’Ammiraglio Mario Culcasi, che dirige Mare Nostrum, potrebbe esprimersi in un contributo economico: “Il dispositivo” dice l’Ammiraglio “è ben bilanciato, i mezzi che abbiamo impegnati ci bastano. Il problema è garantire la continuità dell’operazione, che costa 9 milioni al mese tutti a carico della Marina Militare Italiana che ha cancellato ogni altra attività. Servono fondi per il carburante, per la manutenzione dei mezzi, e via dicendo”.

(nei prossimi giorni potrete leggere tutta l’intervista con Culcasi).

Tornando alla ricognizione in elicottero abilmente pilotato da Matteo, simpatico giovane “montanaro” di Courmayeur, oggi niente barchini o barconi in circolazione. Il tempo è ancora perturbato. Dai porti libici e anche da quelli egiziani nessuno si è avventurato in mare.

Il mare di notte fa davvero paura: se decidi di affrontare quella paura e di ammassarti su un barcone malandato per percorrere centinaia di miglia nella più totale oscurità, vuole senz’altro dire che c’è una paura ben peggiore da cui stai scappando.

Il momento del salvataggio è molto delicato: devi avvicinarti con cautela al barcone alla deriva, mandare avanti barche con il mediatore linguistico per evitare che i migranti si agitino e il natante si rovesci. La prima cosa da far capire è che i soccorritori sono italiani: la parola “Italia” la capiscono tutti ed è sinonimo di salvezza. Poi arriva la Gis, che può caricare anche 200 persone alla volta, o i gommoni.

Dicono dall’infermeria che spesso anche l’età dei migranti è difficile da capire: ragazze di 20 anni che hanno già partorito più volte e ne dimostrano il doppio, volti segnati da vite che non possiamo nemmeno immaginare.

Nelle prossime ore la nave San Giorgio si dirigerà verso il porto di Augusta per effettuare una sosta tecnica di una giornata, salvo improvvisi cambiamenti di programma. Non è detto che il maltempo non dia una breve tregua, e che i barconi non ricomincino a salpare.

 

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