Con la sua lettera Misericordia et Misera, papa Francesco ha incoraggiato i sacerdoti a concedere il perdono alle donne che hanno abortito e ai medici che le hanno aiutate. L’aveva già detto all’inizio del Giubileo e ha voluto rinnovare l’auspicio. E del resto l’incoraggiamento non contravviene alla pratica di molti sacerdoti che ogni giorno, da sempre, nel segreto del confessionale quelle donne le hanno assolte.
La faccenda riguarda chi ha fede, e che aderisce al linguaggio del peccato e del perdono, del pentimento e dell’assoluzione. Ma si tratta di oltre 2 miliardi di persone –tanti sono i cristiani nel mondo- di cui più della metà donne: questo per dare la dimensione dell’audience potenziale del messaggio. E se oltre due miliardi di persone accoglieranno queste parole, la cosa non sarà irrilevante per tutti gli altri.
C’è solo un omissis nelle parole di Francesco, che forse si può legare al fatto del suo essere uomo, e non donna: nessun cenno diretto, a quanto mi risulti, ai padri o meglio non-padri quasi sempre protagonisti a pieno titolo di ogni vicenda di aborto.
Quando una donna abortisce, quasi sempre c’è un uomo che l’ha portata a farlo: perché quel figlio non l’ha voluto, perché quella donna l’ha abbandonata -non parlo dell’estremo degli stupri, ma esistono anche quelli-, ma anche perché l’ha minacciata di licenziamento o perché, da legislatore, si è curato troppo poco delle necessità di quella donna e di quel bambino. O anche di più: perché nel sistema del patriarcato, una donna non è autorizzata –o comunque paga un prezzo molto alto- a essere madre senza un uomo accanto. Prima o fuori dal patriarcato questa questione non si poneva.
Di questi uomini Francesco non parla: come va interpretato questo omissis? Significa che sono imperdonabili, o viceversa che il loro è ritenuto un peccato secondario? O semplicemente che il Santo Padre non ha valutato che per ogni aborto, oltre a quella donna che dolorosamente lo patisce c’è un uomo, ugualmente responsabile e talora molto di più?