Più che il caldo, l’estate per me è luce. Datemi un raggio di sole e io mi ci piazzerò sotto perpendicolarmente. Al mare, in città, nevrotizzata da ogni nube di passaggio che ne smorzi momentaneamente lo splendore, fuggendo l’ombra come uno spreco inammissibile. Patisco molto agosto, le giornate che si accorciano nonostante la mia strenua resistenza, i nidi lasciati vuoti dalle rondini, la mancanza del loro garrito gioioso, luce impazzita che canta.
Be’, sei depressa, mi direte. Soffri di SAD, Seasonal Affective Disorder. Curati. Comprati una di quelle lampade terapeutiche e piazzatici sotto. Ingurgita un po’ di melatonina, trasferisciti all’Equatore. E finiamola lì.
Come si fa a guadagnare un po’ di luce anche per la lunga teoria di mesi oscuri che ci si prepara davanti? Il crudele colpo di coda del caldo settembrino. L’illusione di certe splendenti giornate di ottobre. Quei tre giorni striminziti a San Martino, o Indian Summer -chiamatela come volete- e poi giù a precipizio nel lungo e tetro mese dei morti, giorno dopo giorno, verso le interminabili notti del solstizio. Io dico che il momento più duro è lì, tra metà novembre e Santa Lucia. E a questo punto non c’è che accettare. E possibilmente dormire, dopo l’ebbrezza della veglia estiva.
Ma c’è modo, mi domando, di tenere vivo e teso quel filo di luce che ci ricondurrà allo sfolgorio di giugno? Come si fa a tenere viva la vita –le domande si equivalgono- pur sapendo che si muore?
Si deve essere un poco visionari, io credo. Sentire l’estate anche in certe luminose mattinate di dicembre, quando favonio o tramontana spazzano il pulviscolo cittadino. Condividere l’ostinata fiducia del sempreverde, dispensato dalla spoliazione stagionale. Seminare fin d’ora certe pianticine –il Cedrino, per esempio, o Capsicum annuum- che con qualche accortezza daranno fiori a Capodanno, piccoli commoventi corolle bianche. Prepararsi quotidianamente al nuovo giro della luce, quei luminosi tramonti di gennaio. Salutare il sole ogni giorno, dargli una mano, specialmente quando non riesce a spuntarla sulla copertura nuvolosa.
E’ cercare la luce che illumina. Il viaggio è la meta.

(pubblicato su “Io donna” – “Corriere della Sera”  il 30 agosto 2008)

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