Joele Leotta, ucciso in Gran Bretagna, dove era emigrato in cerca di lavoro.

Se li chiami Neet (not in education, employment or training) la cosa sembra meno grave di quella che è. 3 milioni e 750mila i 15-34enni che non lavorano, non studiano, non seguono un percorso formativo: il 27 per cento dei nostri under 35 (39,6 per cento al Sud). Più donne che uomini: 2,112 milioni contro1,643 milioni. I numeri si impennano se si considera la fascia sotto i 29 anni: 36.2 per cento, e al Sud quasi la metà. Di questi 3 milioni e 750 mila, 1 milione e mezzo ha solo la licenza media inferiore, 1,8 milioni la media superiore, 437mila una laurea o un titolo post laurea.

Enrico Letta ha annunciato per l’inizio 2014 un vertice Ue contro la disoccupazione giovanile che, ha detto, rappresenterà ”uno dei pilastri del nostro lavoro” nel semestre di presidenza italiana.

Con angoscia e apprensione provo ad immaginare le giornate di quest* giovan*: tolta una quota di lavoro nero, probabilmente molto bighellonare, anche online, e per le ragazze lavoro domestico e di cura. C’è altro che si può fare, oltre alle necessarissime misure economiche: tenere vivo il desiderio, accendere passione, coltivare la fiducia per rendere dignitose queste giovani vite, per non sprecarne le energie. Non c’è niente che sia più formativo di questo. Tutt* sappiamo quanto hanno contato gli incontri nella nostra vita: in particolare quelli con alcuni adulti che ci hanno illuminato la strada: una maestra, un mister, o anche un prete (per chiacchierar).

Mi piacerebbe moltissimo che in una logica di restituzione dell’enorme debito contratto con i più giovani, gli adulti offrissero se stessi come pane e come modello. Che incontrassero i ragazzi, che mettessero a loro disposizione parte del loro tempo, che rispondessero alle loro domande, che mostrassero come si fa, che raccontassero la loro storia, che si lasciassero “mangiare” da loro, com’è giusto. Incontri veri, non frontali, non meramente tecnici, a tutto tondo. Tante “botteghe” in giro per il Paese. Mastri e apprendisti, come nello splendore della nostra tradizione Rinascimentale, per tutte le arti e i mestieri, ma anche le professioni, un formicolio vitale per farci ripartire. Non si tratta solo di dare da mangiare ai ragazzi, ma anche di darsi da mangiare, che è molto di più è molto altro. Cominciando anche dal piccolo, dal prendere “in carico” personalmente le ragazze e i ragazzi che abbiamo vicino e che ci guardano.

Magari intitolando il progetto a Joele Leotta, il ventenne di Tabiago ucciso nel Kent, dov’era andato a cercare il pane: ieri i funerali. A sua volta figlio, a giudicare dal cognome, e come tantissimi di noi, di gente che dal Sud è salita a cercare pane al Nord.

Il mio sogno è questo. Aiutiamoci a realizzarlo.

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