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progresso

Corpo-anima, Donne e Uomini, questione maschile Luglio 28, 2012

“Non sempre ciò che vien dopo è progresso”

Titolo non mio, rubato ad Alessandro Manzoni. Ogni volta che vediamo la “Storia” tornare indietro la cosa ci appare come una sorta di tradimento. Come nel caso della rivoluzione khomeinista in Iran, per fare un esempio noto a tutti, inizialmente cantata da alcuni -non solo lì ma anche qui nel West- come superiore libertà (non stancarsi mai di leggere la splendida Marjane Satrapi: “Persepolis”, “Taglia e cuci”, “Pollo alle prugne”).

Nel cosiddetto “progresso” in realtà c’è sempre qualcosa che “va avanti” e qualcosa che “torna indietro”, se vogliamo metterla in questi termini. Il calcolo costi-benefici deve sempre essere molto attento.

Prevale invece un’idea stolida di progresso, inteso come staccarsi sempre di più dalla matrice, liberarsi dai vincoli costituiti dalla materialità dei corpi. Andare avanti sarebbe questo: procedere verticalmente, ascendere, via dalla carne verso un supposto spirito, intesi come separati.

Se tu, come nel caso dell’ultima discussione in questo blog, rallenti la corsa per fermarti a scrutare da vicino i fondamentali -per esempio il fatto difficilmente negabile che serve un utero per fare i figli, e che l’utero è una dotazione femminile-, allora non c’è dubbio, sei contro il progresso.

Se volessi davvero il progresso, allora aderiresti senza tentennamenti (anche solo il fatto di fermarsi a riflettere è sospetto) a tutto ciò che è reso possibile dalla scienza e dalla tecnologia (come se scienza e tecnologia fossero neutre e buone in sé), e quindi in particolare a ogni genere di manipolazione sul principio e sulla fine della vita.

Devi essere per forza a favore della donazione di gameti e dell’utero in affitto con sparizione del donatore (il bambino non può restare in relazione con la sua origine, così come sapientemente un tempo veniva tenuto in relazione con la balia che lo allattava, la relazione è tabù, l’individuo con i suoi “diritti” è tutto). Non devi avere dubbi sull’eutanasia, anche via disidratazione ed essiccamento del malato. Preferibilmente non devi avere nessun tipo di dubbio. Devi pensare maschi e femmine come uguali e perfettamente interscambiabili, senza tenere in alcun conto ciò che appare come differenza (il pensiero maschile, compreso Freud, si danna da millenni per riuscire a dire che cos’è una donna, quando la risposta l’avremmo sotto gli occhi: una donna è una che PUO’ essere madre, come dice Luisa Muraro). Devi affermare il “diritto ad avere un figlio” con chi vuoi, quando vuoi e come vuoi, anche se sei un maschio solo e di donne non ne vuoi sapere (“diritto” che nessuna etica e nessuna legge ha mai riconosciuto, né agli uomini né alle donne, non avendo alcun fondamento: leggere Mary Warnock, decana della bioetica, e in particolare Making Babies: Is There a Right To Have Children? testo del 2001). Siamo contro gli ogm e la riduzione della varietà delle specie viventi, ma per quello che riguarda i due sessi si deve militare per l’omologazione e la reductio ad unum, cioè al modello maschile, l’unico unum di cui disponiamo: il resto è l’eccentrico. Devi negare ogni statuto umano all’embrione, ed essere favorevole alla sperimentazione e al prelievo di cellule (e invece devi opporti a quell’orrore che è la sperimentazione su animali). E così via.

Se ti fermi a pensare, se ti arresti davanti a un dilemma, se prendi tempo, allora sei certamente antiprogressista, antimoderno, sessista. Sei un nemico da odiare e da abbattere. Sei perfino un po’ nazista: il dottor Mengele, come si sa, alle questioni etiche si dimostrò particolarmente sensibile.

esperienze, Politica Maggio 7, 2009

SEDURRE IL NUOVO

Quando una situazione è logora, comincia l’attesa spasmodica del nuovo e si volge lo sguardo verso il non ancora visto. Il nuovo non è necessariamente moderno, può starsene annidato in qualcosa che abbiamo con noi già da molto tempo e che abbiamo dimenticato di avere. Ad esempio nel fondo pulsante di una parola quotidiana sclerotizzata dall’abuso -io nelle parole cerco e trovo molto -.

Tante volte restiamo imprigionati in un modo vecchio di cercare il nuovo, confondendolo con il progresso, con il movimento di quelle che riteniamo essere le forze del progresso. Ma il nuovo non si fa trovare sulla strada che crediamo, la sua nascita è sempre sorprendente. Non sai mai da dove arriverà, e accompagnato da che cosa. Quando si sente che il momento è propizio alla nascita del nuovo, la cosa migliore è rinnovare se stessi, fare pulizia dentro di sé per essere pronti ad accoglierlo, sgombrare la mente e il cuore da ogni forma di pregiudizio, disporsi in uno stato di attenzione fiduciosa e quieta. Si deve essere attenti e passivi, cioè capaci di patire. Si deve fare quel tanto di silenzio -non vi sentite assediati ogni giorno da news rumorose che ostacolano la nascita?- che ci permetta l’ascolto.

Spesso il problema è essere capaci di non resistere al nuovo, non opporgli una nostra idea del nuovo alla quale il nuovo vero non è aderente. Tanti, per esempio, si attendono un nostro Obama. Ma non è affatto detto che per noi le cose andranno in questo modo. Tu guardi in una direzione, e il nuovo ti prende di sorpresa e alle spalle.

Si tratta di far nascere quello che chiede di nascere dentro di noi, di sgombrargli la strada, di farlo essere, e tutto verrà di conseguenza. Le donne non fanno nulla perché il loro bambino venga al mondo: dicono sì all’inizio, e poi semplicemente attendono, e la cosa migliore è cercare di far nascere loro stesse, in questa attesa. Si deve imparare da loro.

Non si tratta di fare comitati, o di lottare, o di agitarsi, Si tratta di farsi da subito ambiente del nuovo, e il nuovo ne sarà attratto e sedotto, e arriverà.

TEMPI MODERNI Gennaio 31, 2009

IL COMPLESSO DELLO STIVALE

Mi sento dire spesso, quando si discute -l’ultima volta a Tatami-: “Questa cosa in Italia non capita, e invece in America -o in Germania, in Francia, in Inghilterra_ sì”. Con ciò intendendo: dovremmo farlo capitare anche qui.

Non per orgoglio patrio -l’orgoglio è un sentimento con cui ho scarsa dimestichezza-: ma non è affatto detto che noi dobbiamo importare tutto, e a scatola chiusa. Non avendo certe cose, in realtà ne abbiamo altre, e non di rado migliori. Un esempio per tutti: la nostra legge sulla fecondazione assistita è fortemente limitante, alimenta il turismo procreativo, non consente la diagnosi prenatale preimpianto, il che paradossalmente può voler dire dover ricorrere a successivo aborto terapeutico, eccetera. Tutti i problemi che ben sappiamo. Ma che qui non sia possibile affittare un utero, come in molti stati americani e in Inghilterra, non mi pare affatto uno svantaggio. Anzi.

Vittime di uno strano complesso di inferiorità -spesso giustificato, ma non sempre- tendiamo a vedere l’omologazione a usi, costumi e leggi di altri paesi occidentali come un progresso. Ma non necessariamente lo è. E comunque, non sempre il cosiddetto progresso ci fa progredire.