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Politica Gennaio 22, 2014

Preferire le preferenze?

Ovvio che per i segretari di tutti i partiti le liste bloccate -ovvero niente preferenze– siano a dire poco una gran comodità. Meno ovvio che oggi molti eletti delle minoranze dei partiti, gente che finché è stata in maggioranza per le preferenze non ha mai manifestato alcuna passione, adesso le spasimino e siano pronti a dare battaglia: sanno bene di non poter godere del sostegno delle segreterie, e che se hanno una chance di rientrare è per quella strada.

Contrariamente a quanto si potrebbe credere l’espressione di preferenze non è affatto un dispositivo universale: nel mondo non sono molti i sistemi elettorali che la prevedono. Ma va anche detto che nel nostro Paese si esprimono preferenze sia alle elezioni amministrative sia alle europee: solo alle politiche, con il Porcellum, e ora con l’approvando Italicum, le liste sono bloccate.

Vero che lo strumento delle preferenze è molto ambiguo, impone ai candidati campagne elettorali costose e fratricide, tagliando fuori chi non se le può permettere -vale in particolare per le donne, in genere meno danarose degli uomini- o chi rifiuta di “investire” grandi somme di denaro lasciando intendere di contare su un ottimo rendimento futuro. E favorisce invece chi è ricco, o chi è sostenuto da lobby, gruppi di potere, clientele o perfino da organizzazioni criminali a cui una volta eletto dovrà rispondere. Ma è vero anche che una larga fetta dell’opinione pubblica intende oggi la possibilità di esprimere preferenze come una restituzione obbligatoria, indispensabile per una ripresa di dialogo con la politica “traditrice”, e come presidio contro il rischio che i nominati si ritrovino a rendere conto esclusivamente ai loro “benefattori”.

Il segretario del Pd Matteo Renzi dà la colpa a Silvio Berlusconi e al suo categorico “niet” sulle preferenze, e si impegna a garantire almeno per la sua parte politica il correttivo delle primarie (alcuni propongono di renderle obbligatorie per legge e per tutti i partiti). Non si può tuttavia sostenere che il risultato delle primarie, già sperimentate alle ultime politiche, sia stato entusiasmante, avendo favorito cordatine, padroncini di tessere e signorotti locali ai danni di possibili candidature civiche. Premiando quindi la fedeltà al partito ai danni del merito, con il risultato di selezionare una classe politica largamente incompetente, salvo onorevoli eccezioni.

Le questioni da considerare, quindi, sono parecchie. Non ultime le perplessità espresse da vari giuristi e costituzionalisti sul fatto che liste bloccate, ancorché brevi -5 o 6 candidature- interpretino lo spirito della sentenza recentemente espressa dalla Corte Costituzionale, e siano al riparo da eventuali nuovi ricorsi.

Fatta la somma di tutto questo, come la vedete?

Comunque votiate: siete per le preferenze? vi “basterebbero” primarie? o la questione non vi pare rilevante?

Se l’Italicum passasse così com’è, con liste bloccate, l’indizione o meno di primarie  sarebbe per voi un fattore decisivo per la scelta del partito da sostenere?

 

 

 

 

 

 

Politica Gennaio 17, 2014

Anche nel “modello Spagna” niente preferenze

Che per parlare di legge elettorale Berlusconi e Renzi si vedano al bar, al ristorante o alla Camera, che lo facciano a porte chiuse, in streaming o in mondovisione, che si telefonino o si twittino, è altamente probabile che la quadra sarà trovata sul cosiddetto modello spagnolo, più o meno rivisitato.

Vediamo come funziona: sono individuate 118 piccole circoscrizioni. Ogni circoscrizione elegge 4-5 deputati e la soglia di sbarramento è al 5 per cento. Chi vince gode di un premio di maggioranza del 15 per cento. Il risultato è un bipartitismo con sfumature “federalistiche”, che tiene cioè in conto le liste minori regionali mentre disincentiva le formazioni minori nazionali.
Per applicare questo modello in Italia si dovrebbero ripartire le attuali circoscrizioni in tante circoscrizioni provinciali autonome.
Le liste però, per quanto “corte”, anche qui sono “bloccate”: cioè niente preferenze da parte degli elettori, come negli ultimi terribili anni di Porcellum. Anche se almeno in linea teorica dovrebbe esserci una relazione più stretta tra territori e candidati e non capiterebbe, come è capitato, che un toscano venga candidato in Calabria e un romano in Sicilia.

La Corte Costituzionale ha sì bocciato le liste bloccate del Porcellum, ma non ha escluso la possibilità di liste chiuse “corte”.

Oggi i commenti degli editorialisti si concentrano su svariati temi, quasi sempre dal punto di vista della politica: le spinte dei “proporzionalisti” che non intendono sparire dalla scena, il rischio di franchi tiratori che farebbero cadere la proposta in Parlamento, e così via. Non mi pare che si stia dando sufficiente rilievo al fatto che anche in questa ipotesi di legge elettorale, le liste, per quanto brevi, sarebbero comunque bloccate. E forse gli elettori non la prenderebbero benissimo.

L’impossibilità di esprimere preferenze è largamente intesa come la radice della gran parte dei mali della politica, ragione prima del mancato rinnovamento e del consolidarsi della Kasta. Non è detto che tutti i problemi nascano di qui -le preferenze comportano una dannosa e dispendiosa lotta fratricida interna, oltre al rischio concreto di clientelismi- ma un’amplissima parte dell’elettorato italiano tende a vederla in questo modo. E anche a causa dell’orripilanza del Porcellum intende la restituzione della possibilità di scegliere direttamente i candidati -e le candidate- come una restituzione di sovranità.

Vi è quindi il rischio -sottovalutato, mi pare- che un modello elettorale che riproponga candidati scelti dai partiti e liste bloccate sia pure brevi e “territorializzate” produca un plus di disaffezione, ammesso che più di così sia pensabile.

Un correttivo possibile -ammessa una praticabilità, per circoscrizioni tanto piccole- sarebbero primarie per l’individuazione dei candidati. Primarie davvero aperte, però, e non riservate agli iscritti ai partiti, governati da signori e signorini delle tessere: la toppa, in questo modo, sarebbe peggio del buco. Allora tanto vale che a scegliere siano i capicorrente, senza scomodare gli elettori.

 

 

 

 

Politica Dicembre 27, 2013

Renzi’s count-down

Molto deprimente lo spettacolo dell’assalto alla diligenza fine 2013, dagli spiaggiaroli al tentativo sulle slot machine agli affitti d’oro. ll decreto SalvaRoma o salviamoci tutti. Il Presidente del Consiglio che pone addirittura la fiducia sull’obbrobrio, come la fiducia fosse una procedura di routine. Il Presidente della Repubblica che gli strappa nervosamente le redini di mano per salvare il salvabile di un governo debole con i forti (lobby e interessi particolari) e arcigno con i deboli (i cittadini in difficoltà)

Il risultato è un ulteriore allontanamento dei cittadini dalla cosiddetta politica (quella roba non si sa più come chiamarla), una botta di sfiducia che davvero non ci voleva e che ci costa perfino di più di quello che ci sarebbe costato accontentare i signori del gioco d’azzardo. Vedremo che cosa combinano oggi con il decreto Milleproroghe, quanti e quali di quei provvedimenti destinati a sfamare la belva del “particulare” riusciranno a reinfilare. Mattinata di durissimo lavoro per i lobbisti.

Davvero non si riesce a capire come si potrà tirare il 2015 con questo parlamento e questa squadra. Matteo Renzi, neosegretario del Pd, partito al governo de facto– che decide l’istituzione di un team di controllori che passino preliminarmente al vaglio gli emendamenti per evitare ulteriori scivoloni. E se del governo non si fida neppure il Pd, chi si dovrebbe fidare? Un Presidente del Consiglio che prende schiaffoni un po’ da tutti: dal suo stesso partito, dal suo main sponsor Giorgio Napolitano, oltre che dall’opposizione.

E la riforma della legge elettorale che torna a dileguarsi all’orizzonte: Porcellum da guardia, che impedisce di tornare al voto e di riavvicinarsi a una normalità costituzionale.

Forse Matteo Renzi dovrebbe cominciare a scandire il count down.

aggiornamento ore 14: nel frattempo Napolitano con una lettera invita i presidenti di Camera e Senato alla massima stretta sugli emendamenti. Resta pur vero che la fiducia sul SalvaRoma è stata posta dal Presidente Letta, a cui a quanto pare quel decreto imbottito era piaciuto.

 

Politica Ottobre 24, 2013

I mediocri che ci tengono in trappola

La gran parte di noi li vede solo in tv o sui giornali, a me capita con maggiore frequenza di incontrarli anche dal vivo: la sensazione, fortissima, è che ad affrontare la più grave crisi dal dopoguerra ci sia la classe politica più mediocre (sempre dal dopoguerra, ma probabilmente anche da prima)

Qualche settimana fa a un convegno ho ascoltato una parlamentare sprecare i minuti preziosi del suo intervento e della nostra pazienza semplicemente per ribadire quanto fosse felice di essere una parlamentare, così felice che aveva perfino vinto la sua paura dell’aereo, quello era il suo sogno da sempre: grazie a Tizio, Caia e Sempronio che le avevano dato questa opportunità. A certi che conosco da tempo, approdati fortunosamente alla Camera e in Senato grazie all’orrendo combinato disposto Porcellum+ Parlamentarie di Capodanno, non darei da gestire neanche la gabbia del canarino: piccoli e medi funzionari senza cultura, senza idee, senza visione, semplici padroncini di pacchettini di tesserine, che hanno preteso lo scatto di carriera come se lavorassero alle Poste. Almeno una volta studiavano seriamente, per fare politica. Ora neanche la scuola Radio Elettra.

Li vedi girare raggianti per Roma, lo sguardo spiritato di chi ancora non ci crede. Altro che civil servant! Il piglio arrogante è quello del parvenu-e: terrebbero su questa legislatura a ogni costo, a prescindere dai reali interessi del Paese, pur di non ritrovarsi espulsi dal reality senza tornarci mai più e passare il resto dei propri giorni a rimpiangere i bei tempi andati, a cercare di passare una volta in tv, almeno un posticino in una municipalizzata, qualunque cosa pur di non riprecipitare nei gironi infernali dell’invisibilità in cui è condannata a vivere l’ordinary people.

Per questo mi sento di ribadire con tutte le mie forze che usciti dal tunnel della legge di stabilità, se mai ne usciremo, sarà il caso di mettere momentaneamente tra parentesi tutto il resto per dedicarsi a esercitare una fortissima pressione sul tema legge elettorale. Dobbiamo fare di tutto per ottenerne una che minimizzi il potere decisionale dei partiti (perfino una selezione casuale, tipo estrazioni del lotto, produrrebbe risultati migliori), che massimizzi l’apertura delle liste, che consenta ai cittadini di indicare, sostenere e votare veri talenti, gente che ha idee e amore per il mondo, e non solo per se stessa (il narcisismo è ormai fuori controllo).

Ho paura che si pensi: ma sì, con tutti i guai che abbiamo, la legge elettorale può anche aspettare. Ebbene: è proprio su questo che “loro” confidano. Perché la sussistenza del Porcellum è il vero argine che impedisce alle larghe intese di alluvionare. Con una nuova legge elettorale, il desiderio di sperimentarla si farebbe incontenibile.

Vedo in tv Oscar Farinetti di Eataly, con quella sua bella faccia da contadino italiano. Gli chiedono: ma se lei, uomo pratico e imprenditore di grande successo, dovesse indicare qual è la prima cosa da fare? “La legge elettorale” dice lui.“Se non si passa di lì non cambia niente”.

Proprio così. Fidiamoci.

 

 

Politica Ottobre 8, 2013

Porcellum: stavolta @bobogiac non va lasciato solo

Il governo delle ri-larghe intese si re-incaglia sulla maledettissima Imu, e di riforma della legge elettorale (entro ottobre, aveva assicurato Letta) sostanzialmente non si parla già più. Napolitano ha chiarito che non ci rimanderà al voto con quell’obbrobrio anticostituzionale: ergo, l’obbrobrio funziona ottimamente da diga contro il rischio di scioglimento delle Camere e di nuove elezioni, e sarà fatto fuori, se lo sarà, solo all’ultimissimo minuto.

E’ chiaro anche a un bambino che i partiti non hanno alcun interesse a rinunciare al potere, scippato ai cittadini, di decidere chi entra in Parlamento. Potere che cercheranno almeno in parte di conservare anche con una nuova legge. C’è un’intera classe politica, veterani e miracolati, che rischia di perdere definitivamente il posto, compresa quella Anna Finocchiaro che diede del “prepotente” al suo compagno di partito Roberto Giachetti, il quale per cambiare il Porcellum intraprese vanamente uno sciopero della fame: fu lo stesso Pd a non sostenerlo. Ieri sera Roberto Giachetti (su Twitter @bobogiac) ha ricominciato a digiunare per quello stesso obiettivo (qui l’intervista al team di Report). Nonostante la procedura d’urgenza in Senato” ha spiegato “si è ancora fermi alle audizioni. Sul piano parlamentare le ho tentate tutte ma le mie iniziative sono risultate inefficaci”. Di nuovo l’ineffabile Finocchiaro: “Agitare bandierine senza misurarsi con la necessità di approvare una legge che sia condivisa il più possibile é un esercizio sterile”. Altri esponenti del Pd invece, dai candidati segretari Cuperlo e Civati, a Ermete Realacci e Michele Anzaldo, raccolgono l’invito non-violento di Giachetti a chiarire la posizione del partito e ad accelerare i tempi della riforma. Per il 31 ottobre Roberto Giachetti ha anche indetto in tutta Italia il ‘No porcellum day’.

L’abolizione del Porcellum avrebbe un grande valore sostanziale e anche simbolico, segnando insieme alla caduta di B. la definitiva chiusura di una fase politica. Poter scegliere chi rappresenta e governa il Paese è decisivo, anche se i cittadini sfiniti da mille problemi materiali potrebbero ritenere che le priorità siano ben altre. Di questa relativa disattenzione i partiti stanno largamente approfittando.

Cambiare la legge elettorale fa parte delle priorità. Stavolta Roberto Giachetti non va lasciato solo. Scrivete @bobogiac per sostenerlo.

 

Politica Maggio 16, 2013

Ammazzare subito il Porcellum

 

Sento tantissim* che, come me, non riescono nemmeno più a guardare i talk politici. Che devono proprio forzarsi, per resistere alla tentazione dello zapping. Siamo sotto la pressa da troppo tempo. Ma forse ci sono anche ragioni meno contingenti.  Forse è l'”antipolitica” è arrivata alle sue estreme conseguenze, la sensazione definitiva che di lì non verrà mai niente di buono.

Stamattina ho incontrato Vandana Shiva -presto qui un resoconto della nostra lunga conversazione- e le ho chiesto tra l’altro se a suo parere valga la pena, specie per noi donne, di fare la fatica che facciamo a star dietro a quella politica, per non dire la frustrazione di quando ci entriamo dentro.

Vandana conviene sul fatto che la crisi economica “ha rotto gli argini ed è diventata anche crisi della democrazia rappresentativa” Ma, dice anche con semplicità e nettezza, “non possiamo lasciare le istituzioni rappresentative nelle mani dei fascisti dice proprio così, ndr-. Dobbiamo esserci, dobbiamo partecipare a quella politica, donne e uomini”.

Disciplinatamente mi rimetto in riga. Per dire semplicemente questo. Che questo governo a larghissime intese si trova quotidianamente a dribblare ostacoli di ogni tipo. Che difficilmente si andrà oltre l’estate. Il che significa un’alta probabilità di voto nel prossimo autunno.

L’idea di tornare alle urne con il Porcellum è semplicemente agghiacciante. E la riforma della legge elettorale, che dai primi posti in agenda tende a scivolare sempre più in basso, è un’occasione di ricatto politico quotidiano.

Credo che tutti dobbiamo spingere perché la riforma torni tra le priorità politiche, e perché la legge venga finalmente cambiata, fosse anche con un semplice ritorno al Mattarellum. Credo che l’obiettivo numero uno, fino al raggiungimento, debba essere questo, garanzia minima anche per la più scalcagnata tra le democrazie.

Serve il massimo impegno di tutti, per portare a casa questo indispensabile risultato.

 

 

 

 

Politica Febbraio 2, 2013

Le primarie sono finite

Ieri l’abbraccio tra i Pd brothers Bersani e Renzi  in casa dello sconfitto, a Firenze.

Matteo Renzi si sta comportando benissimo nel dopo-partita, dando il meglio di sé e senza recriminare: è giovane, guarda più in là, il mondo è suo. Anche il tour della lealtà che farà a sostegno di Bersani nelle regioni in bilico, qui in Ohio, in Veneto, in Campania, eccetera, è un ottimo investimento sul futuro.

Ma le primarie sono finite, quell’abbraccio ha un che di malinconico, e non può rilanciare gli entusiasmi. I sondaggi registrano il colpo accusato per il caso Monte dei Paschi, vicenda che ci accompagnerà fino al gong del 24 febbraio. Sono in arrivo le killer application di Monti e Berlusconi, e Beppe Grillo (in crescita: qualcuno lo dà terzo partito al 18 per cento) farà il botto finale con un comizio a Roma, San Giovanni, piazza storicamente comunista, e poi diessina e infine democratica: evento dal forte carico simbolico. Se il trend è questo, l’ago della bilancia, altro che Monti, sarà il Movimento 5 Stelle, e con questa possibilità è bene cominciare a fare i conti.

Tutto fa ritenere che il Pd debba duramente impegnarsi per contenere le perdite. Le liste sono quelle che sono, “società civile” ce n’è poca, troppe scelte cosmetiche, troppi parenti e amici, c’è voluta una mobilitazione perché i garanti estromettessero alcune candidature dubbie, i “vecchi” sono rientrati quasi tutti (e  per parte di quelli lasciati fuori si prospetta un incarico in un futuro eventuale governo Bersani) e spesso sono presuntuosamente gaffeur (Finocchiaro e le bidelle). I “giovani” si stanno vedendo poco, e non suscitano grandi entusiasmi: Fassina non è certo Renzi, la sua aria sofferente e insofferente non aiuta. I “civici” in tv non passano, e in questa campagna la tv continua a pesare molto. Il programma politico non è autoevidente, manca una narrazione precisa e convinta che renderebbe tutto molto più chiaro. O meglio: forse c’è, ma non si vede.

Un andamento che sta deludendo anche molti bersaniani alle primarie: il senso è quello di un passo incerto, claudicante, e di un tono bipolare (tra certezza della vittoria e terrore, maniacale senso di superiorità e autostima sottozero). Di un Bersani almeno in parte impedito dal gioco delle correnti.

Mancano appena tre settimane, e il potenziale rovinoso della vicenda Mps (in arrivo gli avvisi di garanzia) può essere contenuto solo, omeopaticamente, dando il senso di una restituzione del maltolto:

impegno per una drastica riduzione dei costi della politica condotta con mano ferma: rinuncia al finanziamento pubblico, abolizione delle province e di tutti gli enti inutili, dimezzamento del numero dei parlamentari, riduzione di stipendi, indennità ed emolumenti, tetto alle spese -i 124 milioni per tenere in piedi la Camera nel 2012 sono intollerabili- e così via, sapendo bene che con ciò non si diminuisce il debito, ma certamente si aumenta la fiducia

• adozione di una legge anti-evasione rigorosissima, eventualmente sul modello americano: le buone leggi ci sono già, basta importarle. Piano per una riduzione graduale delle aliquote in corrispondenza dei maggiori incassi

nuova legge elettorale (anche perché secondo la gran parte degli osservatori la legislatura non durerà , e il tema del voto si riporrà a breve)

Il tutto nei primi 100 giorni.

Si potrebbero fare tante altre cose, ma queste tre, a me pare, sono decisive.

Questa è la killer app che consiglierei.

Politica Dicembre 11, 2012

Pd: il rischio delle “non-primarie”

Il Porcellum: la più antidemocratica tra le leggi elettorali

Mercoledì 12 dicembre il Partito Democratico deciderà in merito alle primarie per le candidature alle prossime elezioni politiche.

In poche parole, sussistendo il Porcellum, orribile legge elettorale che in deroga alla democrazia impedisce l’esercizio del diritto cardine -scegliere liberamente i candidati con l’espressione di preferenze-, le primarie consentirebbero la selezione democratica dei nomi che andrebbero a comporre le liste bloccate. Elezioni prima delle elezioni, in poche parole, visto che la legge elettorale non si è voluta cambiare, nonostante la volontà espressa attivamente da un milione e duecentomila cittadini.

Auspicate da chi desidera un ricambio con molta aria “civica” nella truppa parlamentare, per ragioni uguali e contrarie le primarie per le candidature sono fortemente osteggiate da chi questo ricambio non lo vuole: e in particolare da una parte dei già-parlamentari e da una parte dei parlamentari in pectore, o quasi-parlamentari,  ovvero da coloro che in seguito a regolare percorso interno al partito ritengono di aver maturato i requisiti necessari.

Vox populi dice che le primarie sono bell’e andate, a causa -o con la scusa- della brusca accelerazione della tempistica elettorale: le liste dovrebbero essere depositate più o meno a metà gennaio, quindi mancherebbe il tempo materiale per organizzarle. Ma proprio allo scopo di non  rinunciare a questo passaggio, ritenuto un tratto identitario irrinunciabile del partito -e contro il Parlamento dei nominati-, i piddini Pippo Civati e Salvatore Vassallo chiedono alla ministra degli Interni Anna Maria Cancellieri di posticipare di qualche giorno la data di presentazione delle liste, e indicano il 12 o il 13 gennaio come data possibile per il “voto primario”. Si tratterebbe di primarie aperte, con le stesse regole adottate per la scelta del candidato premier, con candidati iscritti-al-partito-e-non, e con la possibilità di esprimere 2 voti, purché per un uomo e per una donna –doppia preferenza di genere-.

Vedremo come va a finire. Quel che è certo, rinunciare al passaggio primario non sarebbe a costo zero per il Pd, che a questo processo di democratizzazione deve buona parte dei suoi plus-consensi di oggi; che indicendo primarie non lascerebbe al Movimento 5 Stelle l’esclusiva della pre-selezione democratica e “staccherebbe” gli altri schieramenti politici, che di primarie per le candidature non hanno mai nemmeno parlato: una differenza non da poco, per la platea elettorale.

Il rischio di dover presentare agli elettori liste “appesantite” da un eccesso di ricandidature potrebbe minimizzare se non vanificare i consensi guadagnati nel lungo e appassionante processo delle primarie per la premiership, e alimentare un estremo ma decisivo rigurgito antipolitico.

Insomma, Partito Democratico: coraggio, ancora un piccolo sforzo. E’ il rush finale.

Non è il caso di farsi prendere dalla paura a poche lunghezze dal traguardo.

Una petizione qui

Ultim’ora: si voterà il 29 e/o 30 dicembre, le regole le sapremo lunedì 17, essendo la data assurda -gente che in quel periodo non dico che sta ai Caraibi o a Sharm o a Courmayeur, ma magari semplicemente a trovare la famiglia lontana, sarebbe necessario congegnare una soluzione. Tipo: voto online per chi è già registrato o si registrerà all’albo degli elettori del centrosinistra, max modernità, o almeno un pre-voto per chi ha già prenotato treni e aerei e anche se volesse non riuscirebbe a rientrare in sede.

esperienze, Politica Settembre 6, 2012

Il lievito madre, la politica e la 47esima ora

Avete mai provato a fare il lievito madre, o pasta madre (wild yeast)? (ottimerrimo per fare pane e pizza, il sapore è completamente diverso). Be’, provateci. Ognun* ha la sua ricetta, anche online ne trovate tante. Una volta che vi è riuscito, è una creatura vivente in eterno, basta dedicargli un minimo di attenzione e “rinfrescarlo” di tanto in tanto. Girano paste madri vecchie di un secolo, preziose come un gran vino, impastate da generazioni di donne, e ancora arzillissime!

Lo dico perché fare il lievito madre è una lezione, devi avere una grande pazienza e una grande fiducia, è come se lui lo sentisse se non ci credi abbastanza. Acqua, farina (e un po’ di miele, secondo alcune ricette9, non è che serva chissà che cosa, ma pazienza, cura e fiducia sono gli ingredienti principali, se mancano puoi darti tranquillamente per vinta.

Gli dai un’occhiata di tanto in tanto, ti pare che non succeda nulla, l’impasto resta fermo, immobile, non fa una bolla. Ma ecco che alla 47esima ora, di colpo, lo vedi montare e, appunto, lievitare, un’esplosione di vita batterica, quell’inconfondibile profumo acidulo che ricorda un po’ una birra fruttata.

Così, se la prospettiva del Porcellum bis o Ogm ti fa perdere ogni speranza, se le facce sono sempre quelle, e resistono a oltranza, e si fanno belle dei sondaggi favorevoli, se vedi che tutta la fatica che hai fatto sulle donne darà risultati scarsi o nulli, perché entreranno solo le cooptate, quelle che garantiscono di non cambiare di un millimetro le logiche, e anzi, di ubbidire al padre -o al fidanzato, o all’amante, comunque al capobastone- e anzi di essere superzelanti nel rispetto delle sue regole, e allora che ci restino gli uomini; se di rinnovamento non ne vogliono nemmeno sentire parlare, tanto che perfino Sergio Romano, che proprio un rivoluzionario non è, nel suo editoriale di oggi sul Corriere incoraggia i partiti a intraprendere azioni più decise, altrimenti c’è il rischio che gli outsider, gli innovatori certi -nel bene o nel male: leggi Grillo, e anche Renzi, che riempie lo spazio di un grillismo moderato– facciano l’en plein; se insomma il massimo in cui ti pare di poter sperare, mentre ti dissangui dal benzinaio, in posta o al supermercato, sia un timidissimo gattopardismo, be’, pensa alla 47esima ora della pasta madre, a quegli ultimi giorni prima delle urne, alla vitalità politica che potrebbe manifestarsi in un’esplosione “buona” come quella del lievito, al nuovo che potrebbe venire da dove meno te l’aspetti, all’improvviso, verde e lucente.

E ci pensino anche quelli che a questo possibile nuovo guardano con terrore.

 

Politica Giugno 25, 2012

Ma voi, potendo scegliere, quando votereste?

 

I partiti, tutti, mi pare evidente, e al di là di quanto dichiarano, avrebbero convenienza ad anticipare il voto a ottobre. Con immutato Porcellum, meno alternative civiche- non ce ne sarebbe il tempo-, e soprattutto meno Grillo: se il trend restasse questo, con percentuali che i sondaggi rilevano in aumento vertiginoso, nel 2013 potrebbe realizzare risultati bulgari.

La prospettiva di un voto anticipato, lo dico subito, mi terrorizza. Data la situazione, il vuoto politico, la campagna elettorale e l’incertezza delle alleanze compongono uno scenario apocalittico. Ma mi chiedo anche se sarà meno apocalittico nella primavera 2013, e se tutto sommato non convenga anticiparla, l’Apocalisse, e non pensarci più.

Leggo con ansia i corsivi degli osservatori e degli analisti più autorevoli, che tuttavia non riescono a liberarmi nemmeno di parte dei miei molti dubbi.

Voi, potendo scegliere, quando votereste?