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Maurizio Ferrera

Donne e Uomini, economics, lavoro, Politica Marzo 21, 2012

La solitudine di Susanna

Non vorrei essere Susanna Camusso. Sento il peso enorme della responsabilità che ha sulle spalle, dopo la giornata di ieri, che a quanto pare ha sancito la fine della concertazione, insieme a quella dell’articolo 18, e sta mettendo a dura prova l’unità sindacale,

L’altro giorno Emma Marcegaglia diceva agli industriali che le era stato affidato quel ruolo proprio nel momento più difficile. Credo che Susanna Camusso possa dire la stessa cosa. Almeno in questo saranno d’accordo.

Intervendo ieri sera a Linea notte su RaiTre, dicevo che alle imprese è stato dato molto, con questa riforma; ora tocca loro restituire in investimenti e occupazione. Vedremo. Quel che è certo, la questione dell’articolo 18 è stata il focus. Quello era il muro che si doveva abbattere. Il resto ha il sapore di un contorno.

Ho detto ieri sera che si è parlato di entrata nel lavoro (un po’) e di uscita (moltissimo). Di decollo e di atterraggio. Ma del volo, di quello che c’è in mezzo, che poi è la nostra vita non separabile dal lavoro, si è parlato pochissimo. Intendendo con questo l’organizzazione del lavoro, inchiodata a tempi, modi e orari vecchi un secolo, una struttura militare fatta di gerarchie e di detenzione dei corpi, evidentemente costosissima -per tutti, aziende comprese- e improduttiva.

Mettere le donne al centro di questa riforma del lavoro significava soprattutto questo: parlare di organizzazione del lavoro, e cambiarla. Molto più che insistere sull’abbinata lavoro-welfare e sulla solita  improbabile conciliazione, strumento ormai inservibile. E del resto non si è fatto nemmeno questo minimo. Le misure di defiscalizzazione conteranno molto poco per l’occupazione femminile, e di servizi ce n’è sempre meno.

Quando si parla di lavoro si continua a pensare ai lavoratori maschi, e la “questione” del lavoro femminile è sempre assunta dopo, e a latere, come osservava giustamente Maurizio Ferrera sul Corriere della Sera, quando tutte le analisi, compresa quella della Banca d’Italia, concordano sul fatto che metterla al centro apporterebbe benefici (+8-10 per cento di Pil) a tutto il Paese.

L’occasione è stata mancata. Paradossalmente, proprio quando erano tre donne in prima linea a discutere e decidere. Ma la lingua delle donne non è entrata in questa trattativa. Continueremo a lavorare come prima, peggio di prima, sentendo la lama sul collo, regressivamente in difensiva. Siamo finalmente europei: meno tutele per tutti. Non lo siamo quanto a qualità e quantità dei servizi, e quanto a livello degli stipendi non parliamone. Problemi che noi donne -nessun aiuto, stipendi e pensioni più bassi, una società ferocemente maschilista che ci scarica tutto addosso- sentiremo in modo molto più acuto.

Del resto favorire l’occupazione femminile significa lasciare sguarnito quel welfare vivente quotidianamente e silenziosamente erogato, una risorsa che non conosce crisi, e dover investire soldi pubblici in servizi… No, meglio che stiamo a casa, come si faceva una volta. Molto più comodo per tutti.

Dipendesse da me, per come sono fatta io, scenderei in piazza ora, subito, così come mi trovo, mollando ogni altra occupazione.

Sento la solitudine di Susanna, che non può nemmeno contare sulla sponda parlamentare di un Pd  incerto, lacerato, in irreversibile crisi identitaria.

Non so come andrà a finire. So che abbiamo cominciato molto male.

 

Corpo-anima, Donne e Uomini, economics, lavoro Marzo 6, 2012

Un Ottomarzo di m…a. Eppure…

contrattacco

 

Un Ottomarzo di m…a.

Stamattina comincio con l’apprendere che, sbattendosene completamente di tutto, delle contestazioni, dell’imbarazzo del segreatario generale di Expo Loscertales («Je saisis cette occasion pour vous rassurer quant à l’importance accordée par le Bie à la représentativité de
toute la société civile au sein d’une Expo dont les valeurs essentielles sont l’universalité et l’éducation…») l’Innovation Advisory Board di Expo, ovvero il tavolo dell’ INNOVAZIONE sul tema della NUTRIZIONE (che è come dire donna e donna) resta un tavolo omosessuale composto di soli uomini. A meno di novità dell’ultim’ora: perché devono esserci delle novità, vero sindaco Pisapia? Loscertales ci ha risposto in ue giorni, puoi farlo anche tu? Assessore, che abbiamo mandato lì con una dura lotta: ci siete? Potete farvi sentire?

Mi dice un uomo a me caro, Ad padre di 3 figlie, che quando cerchi di infilare delle donne in un cda, immancabilmente la risposta è: “E che c’entra il sesso?”. Appunto: come mai allora solo il sesso maschile?

Poi leggo degli ultimissimi casi di femminicidio: dopo la strage di Brescia, Piacenza e Verona. Questo 2012 è un massacro. Un’escalation senza precedenti. E non si sta facendo nulla. Il minimo che si dovrebbe fare, visto che quasi sempre il femminicidio è preceduto da stalking, è prendere lo stalker e obbligarlo a una terapia. La denuncia non basta. Quelli sono bambini di 80 o 90 chili che non riescono a gestire l’abbandono. Vanno aiutati a metabolizzare. La denuncia da sola gli fa saltare i relais e li incattivisce ancora di più. Vanno curati, accompagnati. Contro il femminicidio serve prevenzione. E invece nulla, non succede niente. Figurati se ci sono soldi da spendere per evitare che le donne vengano ammazzate.

Poi leggo Maurizio Ferrera che sulla prima del Corriere conferma, come dicevo l’altro giorno, che il governo Monti non sta facendo abbastanza per le donne, non le sta mettendo al centro della riforma del lavoro, non investe su lavoro e servizi, non fa delle donne il perno della crescita e dell’innovazione. E noi 188 idiote che abbiamo firmato la lettera alla ministra Fornero perché intervenga sulle dimissioni in bianco siamo ancora qui ad aspettare. E che cosa c’è da aspettare, Fornero? Sai come farei io? Al prossimo consiglio del Ministri andrei e picchierei il pugno sul tavolo, metterei lì la mia testa e direi: “Di qui non si esce se non risolviamo questa faccenda, se non rimuoviamo da subito questa incredibile ingiustizia”.

Un Ottomarzo di m…a.

Eppure io sono piena di fiducia. Sono colpi di coda feroci di un mondo morente.

Non dobbiamo lasciarci scoraggiare. Non dobbiamo lasciarci intimidire.

Tutto andrà precisamente come deve andare.

Donne e Uomini, Politica Settembre 12, 2011

Contrattacco?

Le donne di questo paese, quelle che l’hanno scaravoltato il 13 febbraio, che poi si sono ritrovate a Siena, che stanno costantemente in rete, avrebbero avuta in queste ultime settimane molta altra materia di extramobilitazione: dalla manovra, che fa sempre più conto sulle loro forze di welfare vivente beffandole con la parità a senso unico dell’età pensionabile, alle orripilanti barzellette-lapsus del ministro Sacconi, al ringalluzzirsi delle pubblicità sessiste, quelle che contano sull’appeal del corpo femminile per eccitare i consumi depressi (vedi i recenti casi Fracomina, ambigue affissioni sugli autobus cittadini, o le mutande maschili indossate da bella ragazza).

Non sta capitando. Le reazioni sono state piuttosto doverose e flebili. C’è da capire perché. E’ stanchezza? Sfiducia? O si stanno semplicemente raccogliendo le forze per un nuovo slancio, preferibilmente in zona elezioni? Lo dico perché perfino una conquista minima (e anche grande), come quella del rispetto, può essere messa in pericolo da questo apparente senso di smobilitazione. Il contrattacco si sente nell’aria. Anche la grande stampa, che pure per una volta aveva dovuto dedicare molte pagine alle questioni poste dalle donne, attribuendo loro un’egemonia nella lotta per il cambiamento, sembra riassestarsi su un’ordinaria disattenzione, e anzi tende a silenziare il tema della distribuzione dispari dei sacrifici imposti da una manovra che costerà più alle donne che agli uomini. Anche Maurizio Ferrera, autore del dibattutissimo “Fattore D”, nel suo editoriale in prima sul Corriere di oggi, in cui pure si parla di pensioni e di welfare, bypassa del tutto la faccenda.

Che cosa sta capitando, mi chiedo? E non puntando l’indice, ma per proporre-rci una riflessione.

Donne e Uomini, economics, lavoro, Politica Luglio 12, 2011

Doppio sguardo sulla crisi

Posta qui la lettrice Marisa Calzolari: “In Italia manca il lavoro e quel poco che c’è è, spesso, dequalificato. In più il futuro si presenta ancora meno roseo del già tremendo presente. L’Italia, se mai ce la farà, e io ho dei seri dubbi, uscirà dalla crisi per ultima tra i paesi europei. E tu Marina pensi che il problema sia il “doppio sguardo”?“.

Risposta: sì. Più precisamente: è il fatto che sullo spazio pubblico si eserciti solo lo sguardo maschile, questo eccesso di maschile nei luoghi in cui si decide -o si dovrebbe decidere- per il bene di tutti, le ondate testosteroniche che hanno travolto la finanza mondiale, quindi non il maschile in sé, che è dato di natura, ma il suo troppo, che ha relegato il femminile nell’eccentrico e in un supposto “privato”, a darci una chiave efficace anche per leggere le spaventose turbolenze di questi giorni, il venerdì nero, il lunedì nerissimo e ora vedremo il martedì.

Come scrive tra l’altro sul Corriere di oggi Maurizio Ferrera, proponendo soluzioni per la crescita del Paese: c’è anche il fatto che “il nostro welfare non fa investimenti sociali: asili, formazione, inserimento al lavoro, sostegni all’occupazione giovanile e femminile, casa, famiglia, lotta all’esclusione…“. Tutti temi di cui nella due giorni di Siena si è discusso molto. “E’ almeno un decennio che parliamo di rimodulare il welfare, ma in realtà ci siamo limitati a una rimodulazione dell’esistente”. Ferrera propone che le scelte in materia di politica economica e sociale siano definite dal governo “in collaborazione con organismi indipendenti che poi valutano attuazione e risultati… L’Olanda ha sperimentato un meccanismo simile negli anni Ottanta ed è oggi uno dei paesi virtuosi“. E chiude auspicando che questa nuova authority abbia una “presidente donna e componenti tutti rigorosamente sotto i 40 anni“. Donne e giovani, cioè gli esclusi dal potere (dei vecchi maschi, dei padri saturnini che non mollano).

Il ragionamento di Ferrera assume in pieno il doppio sguardo. Abituiamoci ad applicarlo per leggere ogni circostanza, anche e soprattutto quelle politiche, sociali ed economiche. Lo fa Maurizio Ferrera, lo fanno molti osservatori autorevoli, facciamolo anche noi, cara Marisa.

Donne e Uomini, esperienze Marzo 17, 2011

ABOLIAMO I FEMMINISTI!

Geniale iniziativa del Cicip&ciciap di Milano, storico locale delle donne

BUTTA “I FEMMINISTI”
NEL CASSONETTO DELLA DIFFERENZA
MANIFESTO PER L’ABOLIZIONE DI:

GAD LERNER, FABIO FAZIO, MICHELE SANTORO, DARIO FO, GIULIANO PISAPIA,  NICHI VENDOLA, ADRIANO SOFRI, AUGUSTO BIANCHI RIZZI, ANTONIO D’ANDREA, MAURIZIO FERRERA, ECC.

PARTECIPA ANCHE TU! DICCI CHI VUOI ABOLIRE!
BASTA con i residui tossici del patriarcato:

Berlusconi, Fede, Toscani, Mora e compagnia cantante si stanno lentamente
–troppo lentamente…-
abolendo da soli.

Troppo comodo prendersela solo con loro. Neanche li consideriamo.

Ma ecco affacciarsi all’orizzonte il maschio postpatriarcale. PERICOLO!!!
Il vero rischio è il femminista “amico delle donne”.

Che va in piazza con loro e si mostra sempre più collaborativo.

Ha sgamato la spirita del tempo!
Non ha nessuna intenzione di ritirarsi in buon ordine e cerca disperatamente di salire sul tram.
Dispensa colonizzanti consigli, ti dice lui medesimo come dev’essere la vera donna,
che cosa deve dire-fare-pensare. E oltretutto non la imbrocca mai.

ATTENTE! Fermiamolo da piccolo e senza pietà.
Il femminista fa più danni del macho acclarato, e spesso è pure brutto da far paura!

Facciamogli capire senza indugio che il passo indietro tocca pure a lui!

Scegliete qui il vostro
“FEMMINISTA”
da abolire, e fatecelo sapere!

Inviando una e-mail a

info@cicipeciciap.org

L’inizio delle “nominations” partirà oggi 16 marzo e si chiuderà il 16 aprile.
Al più votato verrà recapitata la SCOPA D’ORO (Argento al secondo e Bronzo al terzo classificato).
La consegna verrà filmata a sorpresa e proiettata in una grande serata finale
al Cicip & Ciciap di Milano. Vi comunicheremo successivamente la data.

Sarete voi a decidere a chi darla!

La preferenza è unica e il voto è segreto: non temete rappresaglie anche seil femminista smascherato è estremamente vendicativo…
Votate, votate,
votate e fate votare!

Partecipate numerosissime all’abolizione del femminista!

ECCO I CANDIDATI:

GAD LERNER
non lo ammetterà mai, ma all’Infedele ti invita più volentieri se sei un po’ gnocca,
per non rischiare di perdere quei dieci telespettatori (ovvero metà della sua audience media).
Tanto anche se ti invita non ti lascia parlare, perché vuole parlare solo lui,
e al massimo riesci a dire “Scusa, Gad…”.
Interviene spesso sul tema della dignità delle donne,
motivo in più per abolirlo.

FABIO FAZIO
E’ diventato campione della sinistra –nessuno sa bene il perché:
o forse è la sinistra che si è ridotta a essere l’audience di Fabio Fazio?
Non ha mai rinunciato alla valletta muta, però l’ha scelta scandinava perché adora la parità.
C’è voluta una sollevazione online perché invitasse anche qualche donna
tra gli italiani rappresentativi a “Che tempo che fa”.
Infido.

MICHELE SANTORO
I Santori preferiscono le bionde, e ogni tanto le fanno perfino parlare
(40 secondi netti cronometrati) fingendosi molto attenti a quello che dicono.
A differenza di Lerner, della dignità della donna Santoro parla poco. Vero uomo del Sud,
fatica perfino a essere paritario.

DARIO FO
Anche lui in manifestazione con le dignitose, anzi sul nobel palco
a dire l’ennesima sua – e chi gliel’ha chiesta – ma solo la Franca sa quante gliene ha fatte passare. Parliamo a ragion veduta:
molte sanno bene perché percome e perdove.

GIULIANO PISAPIA
Nel suo programma politico le donne stavano tra l’handicap e la famiglia.
In seguito alle molte proteste le ha spostate. Tra i bambini e gli animali.
Vecchio politico travestito da nuova società civile – molto datato – se potesse
parlerebbe di “questione femminile”.
Ma gli hanno detto che oggi non usa più. Allora parla di bilanci di genere,
anche se non ha ben capito che cosa sono.
E manco noi.

NICHI VENDOLA

Ha fatto la giunta 50/50, e per questo le femministe pugliesi dovrebbero adorarlo.
Le ha convinte a votarlo promettendo una Casa delle donne per ogni Provincia…
Morale, hanno perso anche quella di Lecce, ormai data per certa dalla precedente amministrazione.
Interpellatelo: non vi risponderà mai .
Grande misogino!

ADRIANO SOFRI
Immemore del fatto che le donne gli hanno già sfasciato l’organizzazione (Lotta Continua),
lui continua a mettere il naso nei fatti loro con il suo abituale piglio normativo.
A proposito della manifestazione del 13 febbraio ha scritto su “Repubblica”:
“Non avevo mai sentito pretesti così capziosi e vanesi per non aderire”.
Insomma, le differenze tra donne gli fanno saltare i relais.
Ma farsi i fatti propri, mai?

AUGUSTO BIANCHI RIZZI

Non lo conosce quasi nessuno.
A Milano organizza da anni patetici ma soprattutto esclusivi “giovedì” ad inviti.
Se sei donna meglio se elegantissima, intelligentissima, intellettualissima.
artistissima, professionalissima,…. sicuramente geishissima…
Ha scritto a tutte le sue “introdotte” raccomandando loro di andare in piazza.
E’ detto tutto.

ANTONIO D’ANDREA
Ha fondato nel 1985 il Movimento degli Uomini Casalinghi.
Non è servito a nulla. Ora ha passato le redini del Movimento a Fiorenzo Bresciani.
E gli uomini, neanche un plissé.
Forse qualcosa non sta funzionando.

MAURIZIO FERRERA
Ha scritto “Il fattore D” per spiegare che le donne sono una risorsa,
e che se ci lasciassero lavorare il Pil crescerebbe vertiginosamente.
Ma qualcuna per caso gli ha detto che abbiamo intenzione di essere una risorsa e di salvare il Pil?
Chiedere prima no?

LE RIPULITRICI
è solo l’inizio, tanti altri incombono, segnalateceli


Archivio Giugno 25, 2008

Non è un paese per madri

Rproduco qui su richiesta di una gentile amica un articolo sul lavoro femminile, pubblicato qualche settimana fa su “Io donna”-“Corriere della Sera”. Chiedo scusa ai disinteressati. Domani un bilancio del dibattitino sugli uomini.

Guai a chi tocca il lavoro delle donne! E non per fare un piacere a loro. E’ il sistema Paese ad averne bisogno. Le donne sono così scolarizzate, efficienti, capaci… Ciò che fa ostacolo alla valorizzazione di questa risorsa fa ostacolo allo sviluppo tout court. Fa un certo effetto sentire illustri economisti maschi ed esponenti di Confindustria parlare di conciliazione, di asili nido, di quote. “Sono cose che dicevamo vent’anni fa…” commenta una pioniera, quasi amareggiata di avere avuto ragione. Ma se è vero, come valuta il professor Maurizio Ferrera, esperto di welfare e autore di “Il fattore D- Perché il lavoro delle donne farà crescere l’Italia”, che 100 donne occupate in più non solo non “rubano” spazio agli uomini ma creano un indotto (servizi, etc.) valutabile in +15 posti, facendo lievitare torta dell’occupazione e consumi; se è vero che +100 mila donne al lavoro equivalgono a un +0.28 del Pil, si capisce perché questione è ai primi posti nell’agenda degli imprenditori. Chi fa impresa non fa astratte questioni di genere: il problema, molto concreto, è il profitto.
“Priorità-Paese” per Confindustria, dove le donne (Emma Marcegaglia, Annamaria Artoni, Federica Guidi, per dirne alcune) non a caso tengono il pallino, il lavoro femminile non sembra invece fra le prime preoccupazioni della politica, saldamente in mano agli uomini. Uno dei primi provvedimenti, lo sconto fiscale sugli straordinari, non è certo ad hoc per le lavoratrici: il “lusso” degli straordinari è maschile, le donne li fanno a casa. E gratis. Non li possono, ma nemmeno li vogliono fare, disponibili anche a rinunciare a una fetta di stipendio pur di guadagnare tempo per la vita, l’amore, i figli. Fattore T: tutte le criticità, per le donne, hanno a che fare con il tempo.
Ma vediamo che cos’ha in mente il governo sulla questione. Mara Carfagna, ministra per le Pari Opportunità, è troppo presa a litigare con i gay e al momento non ha nulla da dire. Mariastella Gelmini, sua collega alla Pubblica Istruzione, intervenendo a un convegno sul Fattore D organizzato dal “Corriere della Sera”, spiega che “le leve sono due, quella fiscale e quella del merito: e la meritocrazia premia le donne. E poi servizi con orari flessibili, e una banca del tempo, da cui la donna possa “prelevare” ore se ne ha bisogno, per restituirle quand’è meno pressata”. Donne e famiglia nelle politiche governative fanno un tutt’uno. Il governo-ombra invece separa le questioni: “Pensiamo a misure transitorie di defiscalizzazione” dice Barbara Pollastrini, ministra uscente alle Pari Opportunità “non solo per le imprese che assumono donne, ma anche per le lavoratrici. E poi flessibilità negli orari lavorativi e dei servizi”.
Vent’anni che se ne parla, diceva la pioniera. E sempre a vuoto. Nel frattempo nel mondo del lavoro è successo di tutto. E buona parte del tutto ha a che fare con le donne, un’“invasione” che ha fatto irrompere la vita nel lavoro. Con le loro sofisticate strategie di sopravvivenza in una realtà a misura duramente maschile. Una rivoluzione che autorizza alcuni, come Sergio Bologna, studioso del lavoro da sempre, a parlare del “lavoro femminile come lavoro tout court” e non più “eccezione” alla regola di un lavoro maschile.
Le donne sanno più di tutti che cos’è il lavoro, quello per la produzione e quello per la riproduzione: se sono una risorsa è anche per questo preziosissimo doppio sapere. Sono loro le protagoniste del postfordismo e dei cambiamenti più tumultuosi. Ma il modo in cui sono costrette a lavorare resta quello degli uomini, una parità dolorosa e obbligatoria.
“La vera grande fatica” dice Gabriella Zanardo, imprenditrice intervenuta al convegno del “Corriere” “è adeguarsi a un modello che non è il nostro”. E’ anche per questo che il numero delle dirigenti resta basso. Lo conferma Anna Maria Artoni, presidente degli industriali dell’Emilia Romagna: “In Italia c’è un’incredibile crescita di imprese femminili: siamo tra i primi al mondo!”. Le donne salgono negli organigrammi aziendali per guadagnare una più agevole via di fuga: imprese autonome, percorsi lavorativi non standardizzati. Perché lì possono organizzarsi a modo loro. Il problema è trattenerle, più che sostenerle. Dice ancora Artoni: “Quello che serve non sono tutele. La chiave è il tempo, le chance sono lì: ormai anche nell’industria manifatturiera si possono flessibilizzare gli orari”. E perché non si fa? Perché il tabù resiste?
Quello che fa ostacolo alla valorizzazione della risorsa D è la detenzione dei corpi, è la rigidità degli orari, sono le perdite di tempo (Dio! Le riunioni!), l’organizzazione di tipo militare, le truppe sempre schierate, magari a non fare nulla. Anche tanti uomini non ne possono più. Siano benedetti asili e servizi, anche se il carico familiare può essere solo alleggerito, mai eliminato. Ma le vere soluzioni stanno altrove.
“Le donne mirano all’organizzazione del lavoro” dice Lia Cigarini della Libreria delle Donne di Milano. La Libreria ha posto il tema al centro della sua riflessione, e dedica al lavoro un inserto del periodico “Via Dogana”, in uscita in questi giorni. In questione è una ridefinizione del lavoro umano. E la chiave principale è una diversa concezione del  tempo. Ma c’è qualcuno che sia davvero disposto ad ascoltare il Fattore D, quando parla? Per dire, ad esempio, che il problema non è semplicemente dove piazzare i figli. Le giovani donne non sono più disposte a perdersi le prime parole e i primi passi dei loro bambini. “Perché invece di alleggerire il carico familiare delle madri non si pensa mai ad alleggerire quello lavorativo?” ci scrive una lettrice. “Perché invece di investire nei nidi non si prolunga il congedo parentale? Perché non si pensa al part-time e non si incentiva il telelavoro?”. Più che il carico familiare, il vincolo è l’incapacità organizzativa dei datori di lavoro.
In “Il doppio sì – Lavoro e maternità”, saggio in uscita sempre a cura del Gruppo lavoro della Libreria delle Donne di Milano, si spiega che il conflitto sessuale dall’ambito della coppia sembra spostarsi in quello lavorativo, tra il modo maschile e quello femminile di intendere il lavoro. Le donne del “doppio sì” non vogliono dover scegliere, il loro equilibrio sta nell’et-et, lavoro e maternità. Il libro parte dall’ascolto di quello che le donne hanno da dire, con particolare riguardo alla questione del tempo. E racconta tra l’altro esperienze di “part time di qualità”: donne che sono riuscite a garantire un’alta qualità del lavoro pur riducendo il proprio orario, puntando “più sul lavorare bene che sul potere e sul presidio fisico della postazione”.
La politica è disposta a tener conto di questi racconti, di queste esperienze, di queste invenzioni? Anche se, c’è da scommetterci, le cose che contano capiteranno nella vita reale, nelle pratiche concrete, non in quella politica. Tanto per cambiare.

MARINA TERRAGNI