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maschile plurale

cultura, Donne e Uomini, femminicidio, questione maschile Gennaio 31, 2014

Cose da uomini: 4 artisti contro la violenza

opera di Gianni Moretti, uno dei 4 artisti che partecipano al progetto “Cose da uomini”

Ottima idea: proporre a 4 artisti trentenni un faccia-a-faccia intensivo con la “questione maschile”, fargli fare  i conti nel profondo con la parzialità della propria identità sessuata e con le radici culturali della violenza. Perché possano restituire, nelle forme della loro arte, il senso di questa esperienza.

“Cose da uomini- La violenza sulle donne nelle opere di quattro artisti contemporanei” è un’iniziativa organizzata a Bolzano per iniziativa di Susanna Sara Mandice, collaboratrice del Mart, museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, e con il supporto della Città di Bolzano, di Gea – Centro d’ascolto Antiviolenza, della Caritas e della Questura di Bolzano (partner: Walthers’, Rosenberg&Selliers e Franzmagazine).

Quattro artisti, Gianni Moretti, Benjamin Tomasi, Benno Steinegger, Cosimo Veneziano, ospitati in un workshop residenziale di 4 giorni per un training a tempo pieno, una specie di master esistenziale sul tema della violenza sessista e dell’identità maschile condotto da qualificati addetti ai lavori: Stefano Ciccone dell’Associazione Maschile Plurale, che porta a Bolzano il suo ricchissimo percorso di riflessione autocosciente, operatori dei consultori per i maltrattanti della Caritas e operatrici della Casa delle donne di Bolzano, forze dell’ordine, e altre-i.

Gli artisti “restituiranno” con 4 opere, nei linguaggi più diversi, il senso di questa esperienza e l’incontro “a partire da sé” con il tema della violenza.

Le opere saranno esposte dal 7 marzo al 4 maggio presso la Galleria Civica di Bolzano.

Donne e Uomini, femminicidio, Politica, questione maschile Novembre 24, 2013

Disonorare la violenza maschile

 

Università di Parma, 14-15 novembre. Convegno “Disonorare la violenza-Le radici culturali della violenza maschile”

Voglio celebrare –si fa per dire- insieme a voi questa Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne innanzitutto con uno spostamento immediato dell’obiettivo: dalle donne (le vittime) agli uomini (gli autori). Impariamo a chiamare la cosa con il suo nome: violenza maschile. Raccolgo questo invito da donne e uomini che lo scorso 14-15 novembre si sono incontrati all’Università di Parma per scambiare pensieri ed esperienze nel corso del seminario “Disonorare la violenza-Le radici culturali della violenza maschile”. Studiose e studiosi, docenti, operatrici e operatori dei centri antiviolenza e dei servizi pubblici, donne e uomini impegnati da molti anni in un percorso di autocoscienza e di politica comune che hanno contribuito con il loro sapere e i loro vissuti alla due giorni organizzata da Marco Deriu, docente di sociologia a Parma e membro dell’associazione Maschile Plurale:

“Ho voluto rischiare una “Babele” di approcci e di linguaggi” dice Deriu, facendo un bilancio “ma tutti hanno contribuito e si sono posti in ascolto. Fatto importantissimo, nessuno ha riproposto qui la logica securitaria che ha informato il decreto antifemminicidio. Per la stragrande maggioranza degli intervenuti la questione della violenza maschile è culturale: i casi di femminicidio non sono letti come episodi di devianza, ma come fatti paradigmatici, che mettono in gioco questioni di identità”.

Nella sua introduzione alle giornate di studio, alle quali hanno partecipato anche studenti dell’università, Marco Deriu ha voluto ricordare che fra il 2000 e il 2012 in Italia sono stati registrati 2020 casi di femminicidio.

Siamo contro un approccio securitario, paternalistico e vendicativo” ha detto. “La cornice di emergenza rischia di riproporre gli stessi codici maschili che producono la violenza. Si deve evitare di proiettare il problema fuori di sé, intendendolo come “sociale”. Noi uomini dobbiamo essere consapevoli della nostra cultura. Un’altra scommessa è che questa collaborazione tra donne e uomini sul tema della violenza possa diventare una pratica riconosciuta su molti altri temi. Anche il linguaggio che usiamo è importantissimo: Foucault parlava di formazioni discorsive che diventano cornici, modi di inquadrare le questioni. Per esempio: parlando di violenza sulle donne si guarda prevalentemente alla vittima, lasciando in ombra l’autore. Parlare invece di violenza maschile sposta la cornice. Se le donne vengono intese come soggetti deboli e vulnerabili, si afferma che gli uomini sono forti e invulnerabili. Ma le stesse modalità dei femminicidi (solo nel 10 per cento dei casi a mani nude, il 30 per cento con armi da fuoco, il 30 per cento con armi da taglio, il 30 per cento con armi improprie) smonta l’idea della forza e dell’invulnerabilità maschile. Molti autori di violenza pensano a ciò che hanno fatto come a qualcosa di  morale e onorevole. Si devono individuare i fondamenti che autorizzano, legittimano, fondano la violenza nelle relazioni. Dobbiamo disonorare la violenza”.

 

Questo post è  piuttosto lungo. Propone spunti da approfondire e richiede una certa attenzione. A seguire alcune delle cose ascoltate nella due giorni di Parma: solo poche parole, a volte semplici flash selezionati in soggettiva (gli unici testi integrali di cui al momento dispongo e che linko sono quelli di Sergio Manghi e Letizia Paolozzi: sarò eventualmente lieta di pubblicarne altri). Chiedo anche scusa ai molti che non sono riuscita a menzionare. Leggete queste parole con calma, e meditatele.

(in coda al post trovate invece il link a un testo di Maschile Plurale, diffuso nelle ultime ore, che invita ad andare oltre al discorso sulla violenza per una pratica politica condivisa di uomini e donne su altri temi. Molto importante!)

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“L’11 per cento delle donne in gravidanza subisce violenza. E’ proprio durante la gravidanza che la violenza maschile debutta o aumenta”. Antonella Grazia, coordinamento politiche sociali Regione Emilia Romagna.

La formazione degli psicologi contro la violenza non basta. Ci dev’essere un vero cambio di paradigma culturale”. Paolo Volta, direttore attività sociosanitarie AUSL Parma.

Come nel caso delle baby-prostitute di Roma,  si continua a porre la vittima al centro dell’attenzione. Ma la vittima non è la causa della violenza. E’ la sessualità maschile che va messa al centro. A nessun uomo è consentito chiamarsi fuori. Si tratta di sottrarsi all’idea che la sessualità sia agita in un campo dove si oppongono forza e resistenza”. Alessandro Bosi, sociologo, università di Parma.

Continuare a pensare alle donne come soggetti deboli e da tutelare riproduce un ambito semantico che ammette la violenza”. Laura Fruggeri, psicologa, università di Parma.

Spesso nella violenza all’interno della coppia c’è anche amore che corre, con esiti mostruosi”. Letizia Paolozzi, giornalista (l’intervento integrale qui).

Il decreto anti-femminicidio punta sull’emergenza e sulla repressione: paradossalmente, anziché destrutturare il paradigma della violenza –donna soggetto debole-, questa logica lo rafforza, dando l’idea che il problema siano quei pochi criminali, e non la sessualità maschile”. Alberto Leiss, associazione Maschile Plurale.

In carcere incontro uomini che non hanno saputo che cosa fare della loro forza. Cioè della loro vulnerabilità e della loro mancanza di intenzionalità. Si tratta di trovare un nuovo esercizio per quella forza. Oggi noi operatori siamo in difficoltà perché è caduta la barriera protettiva della disciplina, e in quello sfiguramento a cui siamo esposti riconosciamo parti di noi… Si fugge la propria fragilità come se fosse la morte, e si tenta l’ultimo controllo sulla vita, dandole la morte”. Ivo Lizzola, pedagogista, università di Bergamo.

La scena della violenza maschile è sempre triangolare: uomo-donna-uomo. La contesa di Lancillotto e Artù per Ginevra era una contesa di potere fra uomini. Per capire la violenza su una donna, cherchez l’homme, l’altro uomo: una convergenza omosessuale che esclude ogni donna, ancora prima della violenza”. Sergio Manghi, sociologo, università di Parma (qui il testo integrale dell’intervento).

 “Mi relazionavo alle donne con un atteggiamento di superiorità o di inferiorità. La consapevolezza della differenza ha sciolto questo nodo. Ho deposto il sentimento di superiorità riconoscendo la libertà femminile. Il patriarcato ha pensato la differenza sessuale come inferiorizzazione della donna, il che permette l’esercizio del dominio. Ma io mi sforzo di deporre le attese che il patriarcato ha posto in me. Per non sentirmi una nullità rinunciando al potere, confido nel fatto che mi venga riconosciuta una certa autorità. A rendermi autorevole è la mia fedeltà a un desiderio profondo, che non si identifica con il mero desiderio sessuale”. Marco Cazzaniga, Associazione Identità e differenza di Spinea.

Un uomo che ha agito violenza mi ha detto: mi chiedo come mai all’esterno sono irreprensibile, mentre all’interno, nella mia vita personale, commetto atti così gravi. Gli uomini si interrogano quando viene data loro la possibilità di farlo. Secondo la definizione di Per Isdal, psicologo norvegese fra i primi a occuparsi di questi temi, violenza è qualunque cosa impedisca a una persona di fare quello che vuole fare, o che la induca a fare ciò che non vuole, e ciò indipendentemente dal fatto che la persona si senta o non si senta offesa”. Alessandro De Rosa, LDV -Liberiamoci dalla Violenza- di Modena.

“C’è il rischio che tutto questo parlare di vittime di violenza ci scaraventi nella miseria femminile. E’ molto importante illuminare la forza delle donne dove c’è. Sara Gandini, Libreria delle donne di Milano.

 “Siamo tutti allenati a non riconoscere la violenza che agiamo, è molto importante entrare in contatto anche con la nostra violenza: non potrò mai portare qualcuno dove io stessa non sono arrivata: ciò che serve è una pratica di relazione. Gli autori di violenza si rappresentano quasi sempre come sovrastati e totalmente dipendenti dalle donne. Come possiamo parlare di un dominio maschile quando tutte facciamo esperienza della vulnerabilità degli uomini? Il fatto è che se non veniamo assoggettate siamo pericolose per la soggettività maschile”. Chantal Podio, psichiatra, Forum Lou Salomè di Milano.

Lo stupro e la violenza non sono devianza e disordine, ma la conferma esacerbata di un ordine: nel lavoro di Maschile Plurale siamo partiti di qui. Io credo che la violenza maschile non sia frutto di una natura, ma di una cultura che chiede di essere discussa. La crisi dell’ordine simbolico patriarcale mi mette in crisi, ma dà anche spazio alla mia vita. Non vogliamo più essere “contro la violenza”: si tratta di poter trovare un nuovo modo del desiderio degli uomini”. Stefano Ciccone, associazione Maschile Plurale

Per i maschi musulmani la forza dei ruoli imposti dal codice d’onore è molto forte: uscirne è difficilissimo. La complicità di molte donne con questi meccanismi è legata all’amore: amano i propri padri e fratelli. Non possiamo cambiare se non coinvolgiamo anche queste donne e questi uomini. E non basta dire: prima o poi ci arriveranno. La loro sofferenza è qui e ora”. Tiziana Dal Pra, associazione Trama di Terra, Imola.

Nessun reato tanto grave gode di una simile complicità. Dare “quattro schiaffi a quella stronza” o “farle la festa” trova complicità estese in tutti gli ambienti sociali”. Daniele Barbieri, giornalista

La paura mi porta a contatto con la mia ombra, zona di buio che però procede a un’apertura di verità. Il rischio è farsi paralizzare dalla paura: è qui che posso prendere la scorciatoia della violenza. Un altro rischio è desiderare solo ciò che è dato come desiderabile: qui ciò che si paralizza è l’autenticità del desiderio”. Alessio Miceli, associazione Maschile Plurale

La dipendenza non riconosciuta si lega alla violenza. Si diventa incapaci di mediazione e di un sano conflitto. La dipendenza parla dell’origine, e della potenza generativa della madre, di cui gli uomini hanno sempre cercato di appropriarsi. L’altra faccia della dipendenza è un’idea di autonomia come libertà assoluta e senza legami. Questa coppia di opposti, dipendenza-autonomia, nasconde la realtà, creando molto malessere nelle relazioni tra donne e uomini”. Giacomo Mambriani, associazione Maschile Plurale

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qui, come detto sopra, il testo con cui Maschile Plurale invita ad andare oltre la violenza. Leggetelo e condividetelo.

 

 

Donne e Uomini, femminicidio, Femminismo, Politica Ottobre 15, 2013

#Femminicidio: il decreto della discordia

 

Ho voglia di confrontarmi con un uomo su questo bruttissimo decreto anti-femminicidio -meglio: su questo decreto-sicurezza, che riguarda anche il tema del femminicidio. Ne parlo con Stefano Ciccone dell’associazione Maschile Plurale. E per almeno due ragioni: a) insieme ad altri uomini, Ciccone riflette da anni ed efficacemente sulla sessualità maschile e sulla violenza; b) la questione va ricondotta a una dialettica viva e politica tra donne e uomini, fuoruscendo dalla logica emergenziale che ha informato il decreto secondo il quale il problema riguarda solo alcuni soggetti “criminali” e non invece le relazioni tra i sessi tout court.

Il problema fondamentale del decreto” dice Ciccone “sta nel fatto di aver voluto individuare una soluzione semplice a un problema complesso, in una logica più comunicativa che politica: dare una risposta immediata e tranchant a un’emergenza. Prima di essere “dimessa” la ministra alle Pari Opportunità Josefa Idem sembrava aver scelto un approccio diverso: partire dalle associazioni che lavorano da anni sul campo, costruire un percorso politico. Il decreto invece sembra cancellare tutta questa esperienza. Quella che ne esce è una rappresentazione delle donne come soggette deboli e bisognose di tutela”.

La discussione sulla irrevocabilità della querela non accenna a placarsi (qui, tra gli ultimi interventi, quello di Elettra Deiana) Anche il gratuito patrocinio per tutte conferma questa impostazione protettiva. Ma la protezione è l’altra faccia del dominio: ti proteggo, però devi fare come ti dico io.

Da questo punto di vista il decreto non sposta nulla. Lo stato di ‘minorità’ che giustifica il dominio qui si ripropone in chiave di tutela“.

Le donne vanno difese e “messe in sicurezza” e la violenza maschile è assunta come dato di natura: l’uomo mena, e non ci si può fare nulla…

La violenza viene letta come fatto criminale e non come il prodotto di una cultura radicata, sulla quale si può e si deve lavorare. Più la enfatizzi come emergenza, più rimuovi il fatto che si tratta di una questione che attiene alle modalità di relazione tra i sessi. Si rafforza un approccio di delega: la società affida al criminologo, alle forze dell’ordine, al giudice la soluzione di una questione che invece riguarda tutti “.

Nessun cenno a terapie obbligatorie – eventualmente alternative alla pena- per i maltrattanti e i sex offender. Si  parla solo di informare chi viene ammonito della possibilità di rivolgersi a un terapeuta (qui un elenco dei centri).

“Su questo è bene chiarirsi. Il sostegno ai centri di ascolto e di terapia per gli uomini violenti non deve andare a scapito di quello, importantissimo, ai centri antiviolenza per le donne. Una lettura patologica della violenza maschile rischia di distrarre dalla necessità di un lavoro che sia fondamentalmente politico”.

Il decreto è stato accolto come un passo avanti da molte donne…

Si è pur sempre trattato di un riconoscimento della centralità del fenomeno. Se ti metti nella logica delle risposte istituzionali, il decreto può essere inteso come un buon risultato. C’è questo clima creato dall’indignazione, che spesso si accontenta di una scarica motoria, purché sia. Ma credo che ci sia ampio spazio per tenere aperta la discussione. Nel femminismo paritario di Se Non Ora Quando c’è chi ritiene, come la deputata Fabrizia Giuliani, che l’obiettivo sia “mettere in sicurezza le donne”, in una logica emergenziale e non politica, stile “larghe intese”; ma c’è anche chi crede che la logica securitaria sia sbagliata, come la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli. Quanto al femminismo della differenza, credo che ci sia stata una certa esitazione a prendere in considerazione questi temi. Lì si sta lavorando su questioni come la politica della cura e l’autorità femminile: probabilmente tornare a parlare di violenza appariva come un ritorno indietro. Forse solo Lea Melandri, pur senza cedere al femminismo paritario, non ha mai smesso di interrogarsi sulla complessità delle relazioni d’amore”.

Sel e Movimento 5 Stelle non hanno votato il decreto perché veicolava contenuti che con la violenza sessista non avevano niente a che vedere: dall’esercito contro i NoTav al furto di rame.

“In effetti la sensazione è che si siano voluti rubricare sotto l’etichetta “femminicidio” provvedimenti che avrebbero suscitato molte discussioni se proposti in separata sede. Insomma, o mangi questa minestra… o niente decreto “a favore” delle donne”.

A parte Michela Marzano, Pippo Civati e pochi altri che hanno espresso le loro perplessità, il Pd, donne comprese, ha votato compatto. Te lo aspettavi?

“Francamente no. Abbiamo detto di Valeria Fedeli, c’erano anche altre parlamentari piddine che aveva espresso riserve. Forse il fatto di aver ottenuto finanziamenti per i centri antiviolenza è stato ritenuto un compromesso accettabile”.

Che cosa si dovrebba fare, a questo punto?

“Io partirei dai pochi elementi positivi. Nel decreto si parla anche di formazione e prevenzione: potrebbe essere utile una legge quadro che sposti il più possibile l’approccio: dal securitario-emergenziale al lavoro politico e culturale. Questo forse è anche il modo migliore anche per evitare una lacerazione tra le donne”.

 

Aggiornamento di domenica 20 ottobre, mezzanotte: 
la Cassazione ritiene che la querela debba essere SEMPRE irrevocabile.
Di male in peggio. Non denuncerà più nessuna.

 

questione maschile Aprile 20, 2013

Che cosa vuole un uomo?

Was will ein Weib?”, che cosa vuole una donna? Sigmund Freud ci si lambiccò il cervello. E cosa volete voi uomini? Forse oggi è più interessante.

“Crisi maschile” ormai è lingua corrente. Indagata da una variegata pubblicistica e da un’ampia filmografia, da “American Beauty” a “Viva la libertà”. E culminata nel più incredibile tra gli ossimori, le dimissioni del Papa: prova somma del fatto che oggi tra gli uomini e il potere, la loro invenzione più riuscita, qualche problema c’è. Per non dire di un’economia al collasso e di istituzioni delegittimate. Della caduta del desiderio e dello smarrimento della funzione paterna, lungamente indagato da Jacques Lacan e largamente sperimentato nel quotidiano.

Di “crisi maschile” l’associazione Maschile Plurale dibatte fin dagli anni Ottanta. Tra soli uomini: ma è un tra-uomini molto diverso da quello dei conclave e dei cda. Il recente incontro indetto a Roma, “Mio fratello è figlio unico. Cosa cambia se cambiano i desideri degli uomini”, segna un cambio di passo e di prospettiva. Dall’assunzione triste del declino alla ricerca di una libera soggettività maschile. A partire dai desideri vivi, e non più puntellata sul dominio.

Dice Stefano Ciccone, tra i fondatori di Maschile Plurale: “E’ in corso un grande cambiamento nel modo di essere uomini, che però resta molecolare e politicamente invisibile: un nuovo modo di essere padri, un diverso rapporto con il lavoro, con la politica… Tutto questo viene rubricato come “crisi” e decodificato come “femminilizzazione” o “rinuncia al potere”. Sempre e comunque sotto il segno della sconfitta. Più difficile cogliere le potenzialità di questi cambiamenti. Cioè il fatto di poter ripensare liberamente a una soggettività maschile, sfuggendo sia al revanchismo sia al recupero nostalgico della virilità perduta. E a una nuova politica che parta di qui”.

“Tenerezza”, “cura”, “potere come servizio”: c’è una singolare assonanza tra le parole di Papa Francesco e quelle sentite al convegno romano. Eccone un campionario sintetico.

Gianguido Palumbo, scrittore: “Non possiamo limitarci ai no, a quello che non vogliamo più essere. Servono pratiche affermative. Che cosa si aspettano le donne da noi?”.

Giacomo Mambriani, educatore : “Come si può pretendere di prendersi cura del mondo se non ci si sa prendere cura di sé e dei corpi? Se la cura è una gabbia, lo è anche l’incapacità di cura. Si deve uscire dal mito del controllo, che non lascia spazio all’imprevisto”.

Alessio Miceli, docente: “Sessualmente vorrei liberarmi del dominio e sperimentare l’abbandono. C’è un immaginario femminile sui corpi maschili come prevaricanti e violenti. E un nostro immaginario sui corpi femminili come irraggiungibili o incombenti. Vorrei fare pace con il fatto che il mio corpo non sa generare. Accettare il limite senza ricorrere alla protesi del potere”.

Marco Eggenter, consulente filosofico: “Si tratta di non farci colonizzare dall’immaginario dominante. Io non mi sento parte della cultura patriarcale. Dobbiamo cercarci nuovi padri, nuovi punti di ancoraggio”.

Stefano Ciccone, biologo: “Il potere si è svuotato, non riesce più a darmi senso, è una gabbia che mi impedisce di essere quello che sono. Vedo gli uomini di potere come macchiette. Nel potere c’è solitudine, miseria. Ma una risorsa maschile che va salvata è il fatto di voler fare mondo”.

Gianandrea Franchi, fiosofo: “Ho speso tante parole nella mia lunga vita politica, eppure mi pare di non avere mai parlato sul serio. Non ho mai parlato di dolore, di nascita, di morte, di amore. Ne ho un grande desiderio”.

Marco Deriu, docente: “Abbiamo fatto molto sulla violenza. Sono nate esperienze rivolte agli uomini, dall’autoaiuto al lavoro nelle scuole. Oggi si tratta di portare le nostre consapevolezze fuori dai gruppi, nei contesti quotidiani. C’è molto da riflettere anche sulla gabbia dell’homo oeconomicus, e sul modello di crescita illimitata”.

Nino De Giosa, consulente editoriale: “Vorrei liberarmi dell’idea “idraulica” della sessualità maschile: l’uomo che ha delle esigenze, ha necessità di… Un’idea che mi ha impoverito, sotto le lenzuola”.

Claudio Magnabosco, funzionario regionale: “Ci sono 10 milioni di uomini in questo Paese che si rendono responsabili di quello stupro a pagamento che chiamiamo prostituzione”

Alberto Leiss, giornalista: “Le culture da cui è nata la politica tradizionale sono esaurite. Quelle identità collettive che non ci sono più. Quello che conta è la qualità delle relazioni e la nascita di nuovi desideri. A tutto questo si dovrebbe dare espressione politica”.

Sandro Bellassai, storico sociale: “Vorrei aprire un conflitto con un maschile opaco, legato a logiche gerarchiche e di dominio. Si può immaginare per il futuro una polis di donne e di uomini diversa da questa?”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Donne e Uomini, esperienze, Politica Novembre 22, 2011

Il Cavaliere che resta in loro

Vi segnalo una notevole iniziativa di uomini

Il Cav. che resta in noi. La crisi della politica come questione maschile

La parabola politica di Silvio Berlusconi ha evidenziato quanto profondo
sia il nesso tra potere, autorità e sessualità maschile nel tempo in cui la
struttura simbolica dominante del patriarcato è sempre di più messa in
discussione.

Naturalmente si tratta di una questione generale, che non va rimossa ora
che il Cavaliere sconta una sconfitta politica che parla della possibile
fine di una lunga fase.

Quando per iniziativa di alcuni gruppi di donne il 13 febbraio scorso le
piazze italiane si riempirono per protestare contro i comportamenti di
Berlusconi, più uomini di quanto non si fosse mai verificato prima si sono
sentiti in dovere di prendere la parola per una sorta di esame di coscienza pubblico, oltre che di partecipare alle manifestazioni.

Che ne è stato di quella voglia di autoriflessione, documentata in decine
di interventi che abbiamo raccolto e che oggi riproponiamo (vedi nel sito
www.maschileplurale.it) ? E’ stato un “fuoco di paglia”? Ora che il Cav.
appare dimezzato e al tramonto noi uomini possiamo considerare ciò che è emerso come una semplice parentesi chiusa?

L’incontro intende verificare lo “stato dell’arte” della consapevolezza
maschile sul nesso potere-sesso-autorità nel contesto di una crisi
politica, economica e sociale che si avvita sempre di più su se stessa.
Vorrebbe essere un punto di ripartenza, per valorizzare quanto sta
emergendo nella modificazione dei comportamenti degli uomini sul terreno del potere e delle relazioni con l’altro sesso e le molteplici identità
sessuali nella società, nella famiglia, nella politica e nell’economia.

Il punto di vista che vorremmo discutere è che non c’è soluzione reale
alla crisi se non se ne vede la dimensione determinata dalla differenza
sessuale.

L’iniziativa si terrà a Bologna domenica 4 dicembre (ore 10/18) c/o Fondazione Gramsci Emilia Romagna, via Mentana 2.

aperta e tutti/e, uomini e donne