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mariastella gelmini

AMARE GLI ALTRI, scuola, TEMPI MODERNI Settembre 6, 2011

Uno strano "straniero"

A proposito della scuola di via Paravia a Milano, dove la ministra Gelmini ha ritenuto di cancellare la prima classe perché sarebbe stata formata  da bambini quasi tutti stranieri, ricevo e pubblico la lettera aperta che un immigrato ha scritto al sindaco Pisapia.

Carissimo Sindaco,

tornando a Milano ho seguito la vicenda della scuola di Via Paravia in Zona San Siro (la mia zona) dove stanno per cancellare la prima classe perché 15 su 17 iscritti sono figli di stranieri. Avrei voluto scrivere una lettera ai giornali per dare l’opinione di un immigrato (Io), ma temo che nessuno la pubblicherà visto che il conformismo diffuso (la sinistra, la stampa di sinistra ecc.) ha deciso di bollare come discriminatoria l’idea di spargere questi  bambini in altre scuole della zona con la maggioranza degli iscritti figli di Italiani.

Dalle mie esperienze ho tratto alcune ragioni semplici per cui credo che il provvedimento della Gelmini non è necessariamente discriminatorio – ragioni per cui non avrei iscritto i miei figli in una tale scuola (tengo a precisare che non sono un fan della Gelmini). Sono concetti apparentemente banali ma frutto della mia esperienza come immigrato e genitore a Milano. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola in cui gli altri genitori leggono regolarmente i giornali Italiani e seguono i telegiornali Italiani – Io so bene che non lo fa la grande maggioranza dei genitori stranieri (per motivi probabilmente giustificabili) dunque sono poco informati sulle vicende italiane. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola in cui gli altri genitori hanno almeno un metro di libri in casa (la famosa proposta di Cesare Zavattini) – Io so per esperienza diretta che per 1000 ragioni giustificabili i genitori stranieri non leggono e non trafficano con i libri. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola dove i genitori partecipano attivamente alle attività scolastiche dei figli frequentando gli incontri dei comitati di classe e partecipando attivamente con suggerimenti sulla programmazione didattica. Pochissimi stranieri lo fanno e quando lo fanno sono spettatori passivi – per ragioni comunque giustificabili. Insomma se fossi un operaio straniero di Zona San Siro preferirei iscrivere i miei figli in una scuola con alunni provenienti da classi socioculturali (e forse economiche) più elevate della mia perché credo che la migliore educazione è l’osmosi socioculturale – impossibile in quella classe  di Via Paravia. Si, i bambini di Via Paravia sono nati a Milano ma hanno genitori nati all’estero e spesso i genitori devono (o preferiscono) pensare ad altro (lavoro) e non alla qualità della scuola.

Caro Sindaco, ho l’impressione che questa grande voglia per le cosiddette scuole multietniche è  frutto della fantasia degli Italiani di sinistra a cui piace immaginare un circo esotico di bambini stranieri; infatti le varie associazioni che si battono per mantenere i bimbi in quella scuola di Via Paravia sono gestite da Italiani – con alcuni partecipanti stranieri che fanno la parte di osservatori passivi – come nelle riunioni dei genitori a scuola.  Io mi considero un ‘liberal’  di sinistra (in senso americano) e mi ricordo che una delle grandi conquiste delle battaglie per i diritti civili negli USA negli anni 50/60/70 era il ‘busing’ –  la pratica di assegnazione e il trasporto di studenti a scuole fuori dai loro quartieri in modo da porre rimedio alle precedenti segregazioni razziali e residenziali che avevano un impatto sulla demografia scolastica.

Grazie

SkepticAfro

Suo grande tifoso + elettore mancato

AMARE GLI ALTRI, scuola, TEMPI MODERNI Settembre 6, 2011

Uno strano "straniero"

A proposito della scuola di via Paravia a Milano, dove la ministra Gelmini ha ritenuto di cancellare la prima classe perché sarebbe stata formata  da bambini quasi tutti stranieri, ricevo e pubblico la lettera aperta che un immigrato ha scritto al sindaco Pisapia.

Carissimo Sindaco,

tornando a Milano ho seguito la vicenda della scuola di Via Paravia in Zona San Siro (la mia zona) dove stanno per cancellare la prima classe perché 15 su 17 iscritti sono figli di stranieri. Avrei voluto scrivere una lettera ai giornali per dare l’opinione di un immigrato (Io), ma temo che nessuno la pubblicherà visto che il conformismo diffuso (la sinistra, la stampa di sinistra ecc.) ha deciso di bollare come discriminatoria l’idea di spargere questi  bambini in altre scuole della zona con la maggioranza degli iscritti figli di Italiani.

Dalle mie esperienze ho tratto alcune ragioni semplici per cui credo che il provvedimento della Gelmini non è necessariamente discriminatorio – ragioni per cui non avrei iscritto i miei figli in una tale scuola (tengo a precisare che non sono un fan della Gelmini). Sono concetti apparentemente banali ma frutto della mia esperienza come immigrato e genitore a Milano. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola in cui gli altri genitori leggono regolarmente i giornali Italiani e seguono i telegiornali Italiani – Io so bene che non lo fa la grande maggioranza dei genitori stranieri (per motivi probabilmente giustificabili) dunque sono poco informati sulle vicende italiane. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola in cui gli altri genitori hanno almeno un metro di libri in casa (la famosa proposta di Cesare Zavattini) – Io so per esperienza diretta che per 1000 ragioni giustificabili i genitori stranieri non leggono e non trafficano con i libri. Preferirei iscrivere i miei figli in una scuola dove i genitori partecipano attivamente alle attività scolastiche dei figli frequentando gli incontri dei comitati di classe e partecipando attivamente con suggerimenti sulla programmazione didattica. Pochissimi stranieri lo fanno e quando lo fanno sono spettatori passivi – per ragioni comunque giustificabili. Insomma se fossi un operaio straniero di Zona San Siro preferirei iscrivere i miei figli in una scuola con alunni provenienti da classi socioculturali (e forse economiche) più elevate della mia perché credo che la migliore educazione è l’osmosi socioculturale – impossibile in quella classe  di Via Paravia. Si, i bambini di Via Paravia sono nati a Milano ma hanno genitori nati all’estero e spesso i genitori devono (o preferiscono) pensare ad altro (lavoro) e non alla qualità della scuola.

Caro Sindaco, ho l’impressione che questa grande voglia per le cosiddette scuole multietniche è  frutto della fantasia degli Italiani di sinistra a cui piace immaginare un circo esotico di bambini stranieri; infatti le varie associazioni che si battono per mantenere i bimbi in quella scuola di Via Paravia sono gestite da Italiani – con alcuni partecipanti stranieri che fanno la parte di osservatori passivi – come nelle riunioni dei genitori a scuola.  Io mi considero un ‘liberal’  di sinistra (in senso americano) e mi ricordo che una delle grandi conquiste delle battaglie per i diritti civili negli USA negli anni 50/60/70 era il ‘busing’ –  la pratica di assegnazione e il trasporto di studenti a scuole fuori dai loro quartieri in modo da porre rimedio alle precedenti segregazioni razziali e residenziali che avevano un impatto sulla demografia scolastica.

Grazie

SkepticAfro

Suo grande tifoso + elettore mancato

Donne e Uomini, esperienze, Politica Novembre 13, 2009

SENTI, MARIASTELLA…

Universita': dl, mercoledi' fiducia alla Camera

Nel suo editoriale su Avvenire, la mia amica Marina Corradi invita il ministro Mariastella Gelmini, quinto mese di gravidanza, a non perdersi “le ore più belle” insieme al suo figliolino, quando nascerà. Mariastella avrebbe pensato a una soluzione eroica, alla Dati: nemmeno un giorno a casa, c’è troppo da fare. A parte il fatto che la cosa non ha portato per niente fortuna a Rachida, noi stiamo dalla parte del figliolino che vorrà la sua mamma accanto ancorché ministra, cosa della quale a lui non importa proprio nulla.

Come avevamo detto a suo tempo per Rachida, l’eroismo di Mariastella non fa bene alle altre mamme, perché autorizza i datori di lavoro a pretendere altrettanto dalle loro dipendenti (“la Mariastella sì e tu no?”). Una donna in una posizione eminente è un modello per tutte e tutti, e crea con ciò che fa dei “precedenti” simbolici. In questo ha una grande responsabilità. Ma non si tratta solo di giorni di permesso. La cosa che conta è questa messa in parentesi della maternità– e in una parentesi sempre più stretta-, l’esperienza più sconvolgentemente femminile che noi donne “maschilizzate” possiamo ancora fare. Quando diventi madre, quando senti quegli odori e sperimenti quei tempi che corrono dalla notte dei tempi, scopri e capisci tante cose importanti non solo per te e per il piccolo, ma anche per il mondo, che ne ha disperatamente bisogno. Che ha più bisogno del tuo latte che delle tue scartoffie.

Ma se posso dire la questione -a casa o subito al lavoro?- così è malposta. Non ci sono casa o ufficio, lavoratrice o madre, privato o pubblico: c’è la vita, che ognuna deve poter aggiustare a modo suo. Questa discontinuità è un’invenzione degli uomini. Nel lavoro e sulla scena pubblica le donne devono inventare altro, qualcosa di più fluido e felice. Non ho mai lavorato tanto e tanto bene come da quando sono diventata madre, mi viene da ridere se penso a me prima, maschietto in mezzo ai maschi. Io lavoro e lavoro e sono madre e moglie e figlia accudente, ed è un tutt’uno che non saprei separare. Vivo, insomma, in un continuum alla ricerca della gioia.

pregnant