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madri surrogate

bambini, diritti, Donne e Uomini, Femminismo, questione maschile Gennaio 21, 2016

Figli per soli uomini (etero)

Steven Harris, single etero newyorkese, con il figlio Ben, nato da utero in affitto

Martedì 26 gennaio alle 18 alla Libreria delle Donne di Milano (via Pietro Calvi) discuterò di utero in affitto o Gpa con Luisa Muraro e Daniela Danna.

In preparazione, vorrei considerare un fenomeno rimasto in ombra ma che, in particolare negli Stati Uniti, ha una consistenza crescente: uomini single eterosessuali che si fanno “produrre” un figlio tutto per sé. Quando si parla di utero in affitto di norma si pensa a coppie etero con problemi di infertilità e a singoli o coppie gay. C’è invece anche la possibilità che a comprare un ovocita e ad affittare l’utero sia un maschio etero che non ha una compagna, o che non intende condividere con una donna l’esperienza della genitorialità.

Steven Harris, avvocato newyorkese 57enne, è il genitore esclusivo di Ben, 5 anni, nato da una madre surrogata. Intervistato da Abc News, Harris ha spiegato di aver cercato una moglie per vent’anni, ma di non aver mai incontrato la donna giusta. Ciononostante voleva una famiglia. Desiderava avere dei figli ma non aveva nessuna con cui farli, e 15 anni fa è precipitato in una profonda tristezza. “Sentivo” dice “ che stavo perdendo qualcosa. Così ha deciso di diventare padre “in proprio” tramite surrogacy, usando il proprio seme e l’ovocita di una donatrice.

Storia simile quella del bostoniano Peter Gordon, che prima di ricorrere all’utero in affitto ha provato ad adottare ma, come racconta, “ho contattato 5 diverse agenzie per l’adozione, e ogni volta mi è stato detto che in quanto single la mia domanda non sarebbe stata considerata, o sarebbe finita in coda alle graduatorie”. Anche Harris ha tentato invano con l’adozione.

Stephanie Scott, direttora di Simple Surrogacy in Dallas, ha procurato la madre surrogata a Gordon: la 24enne Sara Eaton. Scott dice tra i suoi clienti aumenta la quota degli uomini etero e single: “Negli ultimi 5 anni è diventata la norma”.

Quando Harris ha annunciato la sua intenzione di ricorrere all’utero in affitto, sua madre è inorridita. “Stevie” le ha detto “Questa è la cosa peggiore che mi sia mai capitata”. Almeno finché non Harris non le ha fatto vedere il bambino, Ben, che oggi ha 5 anni. Harris lo cresce da solo, con l’aiuto di una baby sitter.

Gordon ha avuto invece 2 gemelli. Ha pagato “spese mediche” alla madre surrogata per un ammontare di 85-90 mila dollari.

Entrambi i padri sono consapevoli del fatto che dovranno dare una spiegazione ai figli riguardo alla loro situazione familiare. Harris dice che Ben ha già cominciato a fargli domande su sua madre. “Io gli spiego: ci sono vari tipi di famiglie: con 2 padri, con 2 madri, con una madre e un padre, e anche con solo il padre. Per ora la spiegazione gli basta”: Ma sia Gordon sia Harris sperano ardentemente di trovare una moglie. Gordon dice di volere ardentemente una di quelle famiglie che passeggiano nel parco, lui con un bambino per ogni mano e la moglie che spinge il passeggino. “Chi non lo vorrebbe? Per me sarebbe l’ideale”. Ma per una moglie c’è tempo. Olivia e Noah, i due gemelli, hanno solo 6 mesi, e il papà single non potrebbe essere più felice. “Ho finalmente quello che desideravo da molti anni. E’ un vero miracolo”.

Il fenomeno degli etero padri single, vera partenogenesi maschile, ha quanto meno un merito: quello di sgomberare il campo dalla questione dell’orientamento sessuale degli uomini che ricorrono a madri surrogate. E sgonfia la possibile accusa di omofobia nei riguardi di quel femminismo che lotta contro l’utero in affitto.

In questione non è l’essere gay o etero. In questione è l’essere uomini che fanno scomparire la madre. E quale legame ha questa scomparsa con le radici del patriarcato.

 

bambini, Corpo-anima, cronaca, diritti, Donne e Uomini Agosto 17, 2015

Il bambino “dell’acido” e i figli dell’utero in affitto. Anche loro “strappati alla madre”. Ma qui, nessun problema

Sono madre, posso ben capire come si sente Martina Levato, disgraziata ragazza “dell’acido” a cui il piccolo è stato tolto subito dopo averlo partorito. Strazio che si aggiunge a quello di una vicenda assurda in cui stavano già soffrendo in tanti: il ragazzo sfregiato a vita, i due sfregiatori -in galera si sta male-, le loro famiglie. E anche, almeno momentaneamente, quel piccolo solo nella sua culletta alla Mangiagalli, privato del latte e del contatto con il corpo della madre, da cui si sente ancora indistinto.

La pm Annamaria Fiorillo ha chiesto che il bambino venga dichiarato “in stato di abbandono per totale e irreversibile incapacità e inadeguatezza del padre e della madre a svolgere funzioni genitoriali”, e forse già nelle prossime ore il Tribunale dei Minori deciderà, nell’esclusivo interesse del piccolo, se restituirlo alla madre perché lo cresca in un istituto a custodia attenuata, se affidarlo temporaneamente ai nonni, o a una famiglia estranea in attesa di adozione.

A quanto pare i giudici non potevano agire diversamente. E del resto, nel caso il neonato venga dichiarato adottabile, strapparlo a sua madre fra qualche giorno o fra qualche settimana sarebbe probabilmente ancora più doloroso, per il piccolo e anche per lei: e con buona pace dei molti forcaioli esultanti, massimizzare la sofferenza dei detenuti non è l’obiettivo della giustizia umana.

Ma sono alcuni commenti a lasciarmi sconcertata. Per esempio, Gianna Schelotto, Corriere di oggi: “I bambini durante la gravidanza assorbono tensioni, ansie, gioie. E Daniela Monti, sulla 27 ora: “a quel bambino abbiamo già tolto il diritto al primo sguardo materno, alla prima poppata, al primo rapporto esclusivo – visivo, gestuale, di nutrimento – con la madre su cui tanti studi insistono, rintracciando proprio in quei primi istanti amorevoli le basi per un corretto equilibrio psichico e relazionale“.

Mi domando se questo non valga anche per quei bambini nati da donne-contenitori, o uteri in affitto. Loro forse non assorbono dalla madre “tensioni, ansie, gioie”? Loro non sono forse privati di quel “diritto al primo sguardo materno, alla prima poppata, al primo rapporto esclusivo” e a tutto ciò che dovrebbe seguirne?

Perché, com’è giusto, ci preoccupiamo per questo bambino nato a Ferragosto da una madre detenuta per un reato odioso, e non diciamo mai una parola sulle centinaia o migliaia di bambini che ogni giorno vengono tolti alle povere donne che li hanno partoriti in forza di un contratto economico? Perché in questi casi non permettiamo al dubbio di assillarci? Perché lì non vediamo il legame che viene spezzato?

Forse perché le madri surrogate sono donne povere e invisibili? Forse perché quando si tratta di “libero” mercato il valore dei soldi e il diritto a procurarsi ogni genere di merce spazzano via tutti gli altri valori, e così sia?

*aggiornamento 18 agosto: il Tribunale dei Minori concede a Martina di vedere il bambino, ma non di allattarlo. Nel contempo avvia la procedura di adottabilità. Mi pare che si stia navigando a vista, come sempre quando la legge cerca di normare i fondamentali della vita.

 

 

Archivio Maggio 29, 2008

AFFITTARE UTERI

UN UTERO IN AFFITTO Jill Hawkins ha 43 anni, faccia molto inglese, con un piccolo pearcing al naso. Vive a Brighton e non ha figli anche se negli ultimi 16 anni non ha fatto altro che sfornare bambini. 7 per la precisione. L’ultima è stata Isobel, nel 2006: c’è una bella foto di lei con la piccola in braccio subito dopo il parto. Jill è una madre surrogata. Anzi, è la campionessa della specialità nel Regno Unito, dove l’anno scorso sono nati così 100 bambini. Dopo la nascita di Isobel avrebbe voluto piantarla lì, ma poi ha cominciato a sentirsi vuota e depressa, e così adesso si sta preparando all’ottava gravidanza. Jill dice che con la sua depressione Lucy, Bertie, Jamie, David, Alexandra, Sam e Isobel non c’entrano nulla. “Quando sono incinta mi sento benissimo. Ma figli miei non ne voglio”. La sua autostima è bassa per via di quei maledetti chili in più che si porta addosso. Jill prende antidepressivi e qualche anno fa ha anche tentato il suicidio, ma le gravidanze, insiste, non c’entrano. La sua famiglia ha cercato di farle cambiare idea, ma l’ottavo parto è già in programma.
Credo che le ragioni per cui una donna presta il suo utero siano sostanzialmente tre: perché ha bisogno di soldi (nel Regno Unito si prende un rimborso di 10-15 mila sterline), perché è mentalmente disturbata, o per amore. Altre motivazioni non ne vedo. Credo che nei primi due casi si tratti di sfruttamento di una condizione di miseria -materiale o psicologica-, in quanto tale inaccettabile. E che possa essere invece un magnifico gesto di generosità quando capita all’interno di una relazione autentica tra due donne, relazione che non si interromperà dopo la nascita del bambino, il quale anzi potrà a sua volta goderne ed essere grato per questo “doppio” amore, qualcosa di simile a quello che capita quando oltre alla madre c’è una balia, o una tata, o una zia prediletta.
Credo infine che quando gli uomini mettono le loro mani e il loro logos in questo genere di cose, da sempre regolate dal buon senso femminile, nella discrezione e nella penombra, le probabilità che capitino dei guai si fanno molto alte.
(pubblicato su “Io donna”- “Corriere della Sera”)